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Omicidio Fortugno, quattro ergastoli
“Adesso caccia agli alti livelli”

Di redazione il . Calabria, Dai territori

Ci
sono i mandanti, ci sono gli esecutori materiali, c’è un disegno
politico-criminale, e adesso c’è anche una sentenza della magistratura
che mette un primo punto fermo sull’omicidio di Francesco Fortugno. Sono
quattro gli ergastoli decretati dalla corte d’assise di Locri, che ha
comunque condannato tutti gli imputati, accogliendo in buona parte le tesi
dell’accusa. La gestione degli appalti della sanità sarebbe dunque il
movente dell’assassinio. Secondo i giudici, dietro la morte dell’allora
vicepresidente del consiglio regionale della Calabria (Dl), ucciso il  16
ottobre 2005 a Locri nell’edificio in cui si svolgevano le primarie
dell’Unione,  ci sarebbe la regia di Alessandro e Giuseppe Marcianò (i due sono
stati però assolti dal reato di associazione mafiosa), poi Salvatore Ritorto
(il killer) e Domenico Audino (l’autista).

Determinanti
nel corso dell’inchiesta i due pentiti Domenico Novella, affiliato
alla cosca Cordì, e Bruno Piccolo, suicidatosi il 16 ottobre del 2007, giorno
del secondo anniversario dell’omicidio, a Francavilla a Mare (Chieti), la
località protetta in cui viveva. Restano  comunque forti i dubbi sulla possibile e probabile
esistenza di mandanti occulti.

Alessandro
Marcianò, detto Celentano, è l’ex caposala dell’ospedale di Locri,
dove lavoravano Maria Grazia Laganà (adesso parlamentare del Pd) e lo stesso
Fortugno (primario del pronto soccorso in aspettativa). Mentre il figlio
Giuseppe figurava tra gli stipendiati del consigliere regionale Mimmo Crea (non
eletto alle regionali del 2005 proprio in favore di Fortugno, poi arrestato e
adesso rinviato a giudizio per lo scandalo “onorata sanità”, più
volte chiamato in causa nelle ricostruzioni dell’omicidio del politico
locrese). Un ambiente degradato, con tutte le cosche della Locride annidate nel
‘ndrangheta hospital, con l’asl 11 presto sciolta per infiltrazioni
mafiose. Appalti, spartizioni, sovvenzioni, consulenze, un fiume di denaro
(metà del bilancio regionale) e affari d’oro per le ‘ndrine, un
sistema che dopo il voto è andato in crisi, ha raggiunto quel punto critico che
ha portato all’assassinio eclatante.

I
segnali c’erano. Più volte il neogovernatore Agazio Loiero
(centrosinistra) era stato minacciato, tanto che aveva sentito
l’esigenza  di rilasciare un’intervista al Corriere della Sera dal
messaggio chiaro: alzare il tiro non serve, i finanziamenti statali ed europei
sarebbero bloccati e non spendibili. Fortugno era vicinissimo a Loiero, ed era
candidato forte alla poltrona di assessore alla sanità, poi sfumata. Ma il contesto
è molto più ampio: impossibile sottovalutare la stagione dei transfughi, con
diversi notabili volati dal centrodestra in rotta al centrosinistra in ascesa.
Notabili tra i quali lo stesso Mimmo Crea e il poi senatore dell’Unione
Pietro Fuda. Ed è anche impossibile non ricordare un altro episodio eclatante:
il tentato omicidio (che tale non è stato per casualità) dell’allora
assessore regionale di centrodestra Saverio Zavettieri.

Una
zona grigia che nasconderebbe i veri mandanti dell’omicidio del medico locrese.
Ne è convinta la Laganà, che felice dell’esito del processo (“un
passo importante “) ha chiesto “che venga individuato ogni
ulteriore livello di responsabilità per l’omicidio politico-mafioso di
Franco”.

Alla
lettura della sentenza, un equivoco (l’assoluzione per il reato di
associazione mafiosa) ha prima spinto i familiari dei Marcianò ad urla di
gioia, quindi a invettive contro la corte.  Gli altri condannati sono
Vincenzo Cordì, 12 anni, Carmelo e Antonio Dessì, quattro e anni

otto anni, accusati di associazione mafiosa.  Per Alessio
Scali il reato di associazione mafiosa è stato ritenuto assorbito in una
sentenza precedente del gup di Reggio Calabria del 2007.

Una nota lieta: i quattro imputati per il delitto sono anche
stati condannati in solido al risarcimento dei danni verso le parti civili, da
liquidarsi in separata sede, stabilendo, intanto, una provvisionale
immediatamente esecutiva in favore dei figli di Fortugno, Giuseppe e Anna, di
50mila euro ciascuno; di 25mila euro per Giuseppe Fortugno e di 5mila euro per
la Asl di Locri. Tra le parti civili figurano anche la Regione, la Provincia di
Reggio e il Comune di Locri.

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