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In provincia la droga è per giovani

Di Nino Fricano il . Dai territori, Sicilia

Disagio di provincia. Da una parte un
giovanissimo con la banconota in tasca. Dall’altra un altro, pure giovanissimo,
che gli passa lo “sballo”. Due facce della stessa medaglia. Un ragazzo di
provincia che non trova modo migliore di divertirsi e un altro ragazzo di
provincia che, dopo aver guadagnato le sue prime centinaia di euro “facili”,
non ha più voglia di cercarsi un lavoro onesto. Basta porte sbattute in faccia,
basta sfruttamento, si sarà detto. E nasce così uno spacciatore. Droga e
disagio giovanile che si intrecciano, in una regione in cui, secondo gli ultimi
dati Istat, solo il 15,9 %  dei giovani
tra i 15 e i 24 ha un lavoro, contro il 24,7% della media italiana. 

A Bagheria, Ficarazzi, Santa Flavia,
Casteldaccia, in provincia di Palermo, i punti di aggregazione giovanili sono
da tempo tenuti sotto osservazione dalle forze dell’ordine come perfetti
“luoghi a rischio”. Nelle piazze, piazzette, vicoli, pub, bar e locali vari
circolano quantità sconcertanti di hashish e marijuana, oltre a riguardevoli di
quantità di cocaina. Nella notte di mercoledì 28 gennaio, a Bagheria, i
carabinieri arrestano sei spacciatori tra i 22 e i 32 anni. Avevano creato una
rete di distribuzione quasi “invisibile” presso il centro della città. Si
camuffavano da venditori ambulanti, a volte addirittura da atleti, con tanto di
tenuta da jogging. Quaranta consumatori segnalati, molti dei quali minorenni. A
Casteldaccia, nell’ottobre scorso, gli agenti smantellano un vero e
proprio “supermarket della droga” a conduzione familiare, che in poco tempo era
diventata il punto di riferimento per tutto il circondario. Un giro di affari
da diverse centinaia di migliaia di euro. Sessanta segnalati alla prefettura
come consumatori di sostanze stupefacenti, quasi tutti giovani e giovanissimi.
Due dei pusher arrestati avevano 19 anni, un altro era minorenne. Scorazzavano
tutti il giorno sui loro scooter per le vie del paese, facendo la spola tra i
diversi punti di ritrovo della zona. Ha fatto il giro del mondo, poi,  il video del bambino di 8 anni usato per
“servire” i ragazzini che aspettavano dietro la porta a bordo di uno scooter
“cinquantino”.

Ma c’è di più. Qualche mese dopo gli arresti a
Casteldaccia, gli agenti fermano un uomo alla stazione di Milano Malpensa. Era
fuggito in Brasile poco prima del blitz. Secondo gli investigatori, appartiene
al cosiddetto “livello superiore” dello spaccio di Casteldaccia. È uno che si
occupava, cioè, del traffico di droga a livello internazionale, in diretto
collegamento con le locali “vendite al dettaglio”. Un uomo che ha un nome
pesante. Si chiama Nino Spadaro, infatti, ed è figlio nientemeno che di
Tommaso Spadaro, superboss del quartiere palermitano della Kalsa, arrestato
negli anni ’80’ da Beppe Montana. In un periodo in cui gli affari di Cosa Nostra
andavano a gonfie vele, dagli Stati Uniti, dalla Colombia dall’Asia, fino in
Sicilia, Don Masino Spadaro aveva ben scelto la propria lucrosissima
specialità: il traffico internazionale di eroina.

Una tradizione che in molti provavano a
restaurare. Dopo l’operazione “Perseo” del dicembre scorso, sempre il piccolo
comune di Casteldaccia – poco più di 10.000 abitanti – si è rivelato essere un
luogo strategico per la rinascita di Cosa Nostra. Una rinascita che doveva
partire anche, e soprattutto, dalla droga. Nelle campagne di Casteldaccia, in
una villa discreta e silenziosa, era stata allestita una raffineria per la
“trattare” quantità enormi di cocaina. Per volere di Benedetto Capizzi, il
vecchio boss di Villagrazia capo designato della nuova “cupola”, era stato
perfino chiamato un chimico brasiliano per istruire i boss della zona. Altri,
intanto, moltiplicavano le “missioni” in Sud America per tenere i rapporti con
i narcos ed importare chili e chili di coca grezza. Fiumi di
droga tra la Sicilia e il resto del mondo. Proprio come i vecchi tempi.

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