Colombia, i dati sballati della “polvere bianca”
Ciotti: strategie fallite e recupero centralità della persona
Stime minimizzate, tonnellate di cocaina prodotte mensilmente, mentre ufficialmente sono considerate la quantità di produzione annuale. Enormi quantità di “bianca” che non vengono fuori dai dati ufficiali oppure magicamente ricompaiono a supporto di questo o quell’intervento politico.
Oggi alla Fnsi una conferenza stampa indetta dall’associazione Libera ha presentato il dossier redatto da Sandro Donati riguardante la produzione e i dati del traffico di cocaina in Colombia. Un lavoro, quello del maestro dello Sport Donati, che mette in luce un grande buco nei dati forniti dalle autorità americane e dall’apposita Agenzia delle Nazioni Unite (Unodc) a Vienna.
La necessità di approfondire l’argomento è venuta dalla presenza di numeri, riguardanti la produzione di coca in Colombia, assolutamente incongruenti negli anni. Donati ha notato, dopo una attenta analisi dei dati forniti dall’Onu, che questi stessi dati della produzione aumentavano, poi diminuivano e poi tornavano nuovamente alti. Qualcosa non andava, essendo gli aumenti e le diminuzioni spropositati e palesemente contrastanti.
Per Donati l’adeguamento dei dati di anno in anno è stato dovuto al supporto che si voleva dare al cosiddetto “Plan Colombia”, il piano statunitense varato a fine anni Novanta e in vigore dal 2000 con lo scopo di dimezzare la produzione di coca colombiana e pacificare la situazione interna del paese colombiano.Un piano al quale, gli aggiustamenti dei dati sulla produzione, offrono non solo un aiuto ma una autentica giustificazione.
Cocaina, un problema di rilevanza drammatica
Parte da queste incongruenze la volontà di Libera di denunciare aspramente queste cifre, riguardanti un mercato, quello della cocaina che Roberto Morrione, presidente di Libera Informazione ha definito «di rilevanza drammatica per la diffusione del consumo odierno di cocaina e per gli interessi, enormi, che le mafie hanno relativamente al traffico della sostanza stupefacente».
Il lavoro è supportato e promosso da Libera perchè, ha detto Luigi Ciotti « L’incongruenza e le possibili manipolazioni dei dati sulla produzione mondiale di cocaina non devono farci dimenticare che dietro questi dati ci sono nomi, volti e storie di persone». Come quando Donati mise all’erta contro il doping e le rotte internazionali di prodotti dopanti, anche ora sono le mafie dietro a questi traffici. «L’esigenza – dice Ciotti- è quella di capire perchè alcuni dati sono oscurati, interrogarsi sul fallimento delle strategie e capire che dietro una immagine poco credibile dei traffici a lucrare sono sempre e solo le mafie». Il presidente di Libera auspica inoltre una maggior trasparenza nel pubblicare ricerche sui traffici e la produzione spesso secretate dai veti dei governi e delle politiche che «non puniscano solo gli anelli deboli della catena ma sappiano colpire il grande anello criminale».
Il Plan Colombia e il “walzer”dei dati
Il lavoro di Sandro Donati partì anni fa. Dopo le prime perplessità riguardo di alcuni dati poco congrui, lo stesso Donati e parte dell’allora governo di centro sinistra a Vienna incontrarono i vertici dell’Unodc che di fronte alle richieste chiarificatrici di Donati, minimizzarono e spinsero lo studioso ad approndire la vicenda.
Per capire il lavoro di Donati si deve tornare indietro di qualche anno. Precisamente al 1999, quando gli Usa vararono il “Plan Colombia” con le finalità, in estrema sintesi, di dimezzare la produzione di cocaina, pacificare la Colombia e portare il paese verso il rispetto dei diritti civili.
Analizzando le stime ufficiali dell’Unodc per l’anno 2000 si parla di una produzione annua di 695 tonnellate di cocaina, una cifra alta, che rispetto a quelle degli anni precedenti è nettamente superiore. Un ottimo “lancio” per il Plan Colombia che in questo modo viene giustificato. Dopo il varo del piano americano, le stime invertono la tendenza e scendono di anno in anno, giungendo nel 2004 a toccare il livello minimo di 390 tonnellate. Stando a questi dati il “Plan Colombia” statunitense rappresenterebbe un piano efficace nell’abbattere la produzione di coca.
Ma la situazione è ambigua: il dato del 2004, infatti, è quasi equivalente a quello delle confische, il che annullerebbe la presenza di droga sul mercato.
Donati critica questi dati e svela queste incongruenze. Si arriva così ad un ennesimo cambio: nel 2006 si parla, per l’Unodc, di 649 tonnellate. Il dimezzamento della produzione non c’è più. Allora negli anni precedenti si era volontariamente parlato di produzione dimezzata per facilitare l’avvio del piano americano mentre ora si riconosce l’errore. Ma la stima tornata alta del 2006 non fa che ritorcersi contro all’Unodc: rappresenta il fallimento del “Plan Colombia”.
A questa stessa conclusione arriverà anche, nel 2005, una commissione di inchiesta statunitense di cui fecero parte anche Kerry e Obama, neopresidente, che giudicò “sconcertante” la “mancanza di prove evidenti di progressi documentati nella guerra contro la droga e nella neutralizzazione dei paramilitari.
Un database per monitorare la produzione
Il lavoro di Donati però non si ferma qui. Sollevato il polverone delle incongruenze, il maestro dello Sport, ha lavorato attivamente per fornire un dato su quella che è la reale portata produttiva della Colombia. Se le ultime stime (2007) per Nazioni Unite e Usa sono rispettivamente 600 e 535 tonnellate, per Donati si tratta almeno di 2000 tonnellate il quantitativo prodotto, dato a cui è arrivato attingendo direttamente alla fonte. Ovvero L’Observatorio Nacional de drogas de Colombia che provvede periodicamente a riepilogare le diverse attività di contrasto alla produzione e ai traffici di cocaina svolte dai diversi organismi governativi, militari e di polizia. Le informazioni dei comunicati ufficiali giornalieri di questi organismi sono state immesse in un database, costituendo un osservatorio dei dati in tempo reale.
Da questa certosina opera di catalogazione di dati, «fatta partendo – sottolinea Donati – da fonti aperte» sono emerse 2.338 azioni antidroga che hanno riguardato la scoperta e la distruzione di 3.348 laboratori di coca base e di 311 laboratori di raffinazione – detti “cristalizaderos” -che producono il cloridrato di cocaina destinato al mercato. Per 152 cristalizaderos, le autorità colombiane hanno formulato la stima della produzione mensile. Sommando le 152 stime, si giunge ad un totale di 599 tonnellate e 494 chilogrammi di produzione mensile di cloridrato di cocaina. Poco meno di quello che l’Unodc sostiene sia la produzione annuale di cocaina. Un dato assolutamente contrastante.
Senza contare altrettanti cristalizaderos scoperti ma per i quali le autorità non hanno fornito dati riguardo la stima della produzione, stimabile, per Donati, in circa 200 tonnellate annue.
Considerando che gli stabilimenti non hanno lavorato per l’intero anno, lo studio di Donati afferma che in un anno sono stati almeno 2000 le tonnellate prodotte, un dato per difetto e già, comunque, più del triplo della produzione stimata da Usa e Nazioni Unite.
La denuncia e la richiesta di chiarimenti
«Anche quando si parla di ettari coltivabili – afferma Donati – c’è una grande incongruenza. L’Unodc parla di 99.000 ettari coltivati e contemporaneamente afferma che 96.000
ettari sono eradicati manualmente e 134.000 ettari sono stati fumigati per via aerea. In questo modo sarebbero state annulatte le capacità produttive della Colombia.». In realtà gli ettari coltivabili sono molti di più: Donati parla di «500mila se non 700 mila ettari, dati maggiori
rispetto a quelli delle Nazioni Unite e degli Usa che sono smentiti anche dalle dichiarazioni di politici locali colombiani».
Dati inquietanti, come agghiacciante l’aver portato avanti il “Plan Colombia” per quasi dieci anni senza aggiustare il tiro, con gravi manomissioni di dati per permetterne l’esistenza e la sussistenza. Perchè? Lo chiedono anche molti giornalisti in sala. La risposta di Donati è quella di continuare a tenere gli occhi aperti e di non perdere d’occhio lo spostamento dei finanziamenti dalla Colombia al Messico, quel “Plan Merida” che parte con simili finalità. «Sui veri obiettivi dell’operazione non ci possiamo pronunciare: non è il nostro compito. Il nostro obiettivo è segnalare le contraddizioni alle Nazioni unite sperando che vi pongano rimedio».
E fa eco a Donati, Roberto Morrione che commenta la presentazione parlando di « necessaria denuncia che mette in luce gravi incongruenze alla quali sarà compito dei diretti responsabili rispondere, mentre in mano ai giornalisti è la possibilità di approfondire e scoprirne i perché e le motivazioni più recondite».
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