Si alla Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria
Con un ampio consenso trasversale è giunto ieri il si definitivo all’istituzione di una commissione d’inchiesta che si occupi di fare luce sulle infiltrazioni mafiose nella regione. La proposta partita dai consiglieri Stefano Vinti (Prc), Ada Girolamini (Sdi – Uniti nell’Ulivo), Pavilio Lupini (Prc) e Fabrizio Bracco (Pd) ha trovato riscontro nella volontà delle forze politiche della maggioranza come dell’opposizione.
Una proposta sollecitata alcuni mesi fa dalle associazioni Libera Umbria, Legambiente e Cittadinanza Attiva. La commissione composta da cinque membri, tre indicati dalla maggioranza e due dalla opposizione, resterà in carica per circa sei mesi e opererà senza oneri aggiuntivi. La commissione si occuperà di: “criminalità organizzata in materia di smaltimento dei rifiuti, di narcotraffico e di acquisizione di imprese e attività economiche”.
Inoltre, nel dispositivo approvato, la Commissione dovrà anche “verificare i possibili effetti del fenomeno sulla vita economica e sociale della Regione e le misure adottate per prevenirne la diffusione”, controllare il rispetto della normativa vigente in tema di controlli antimafia da parte di tutte le amministrazioni pubbliche che affidano appalti in ambito regionale” e porre particolare attenzione alle “deliberazioni emanate dal Cipe per il finanziamento delle piattaforme logistiche da realizzare a Città di Castello-San Giustino, a Terni-Narni e Foligno”.
L’Umbria isola felice dunque non è più una fotografia realistica della regione un tempo cuore verde dell’Italia nella quale oggi, il cemento avanza in maniera sospetta (ovvero senza un aumento reale della domanda nel mercato immobiliare) e dietro attività del centro storico troppo spesso si muovono prestanome legati a regioni ad alta densità mafiosa (Calabria in testa), il traffico dei rifiuti è ormai oggetto di inchiesta e i numeri del narcotraffico e della tratta di esseri umani, restano alti. Lo dimostrano le ultime due operazioni della Dda del distretto perugino “l’Umbria è diventata territorio preferito dalle mafie proprio perché al di sopra di ogni sospetto”.
“Almeno sino al 2001, sette anni dopo invece – commentano dal consiglio regionale umbro – “la relazione della Commissione parlamentare antimafia la definisce base di smistamento progettazione e investimento degli affari delle mafie italiane e straniere, con presenze accertate di notissime famiglie mafiose. E’ cresciuto a dismisura il traffico di droghe (si venderebbero circa 6.000 dosi giornaliere) e la regione intera sta diventando crocevia per le rotte di cocaina dal Nord Ovest, eroina afgana, hascisc dal Sud. Siamo la quarta regione d’Italia per quantitativi di cocaina sequestrati e fra le prime per spacciatori stranieri e per morti per droga”.
Il dibattito seguito alla votazione sulla Commissione d’inchiesta ha ulteriormente messo in evidenza la necessità di questo nuovo organismo. I consiglieri della minoranza hanno anche dichiarato che alla commissione dovrà dovrebbe spettare anche il compito di fare chiarezza sul silenzio talvolta giunto dalle amministrazioni in carica, sul dilagare della microcriminalità, sul traffico di sostanze stupefacenti in città (che fanno di Perugia il capoluogo dei morti per overdose in Italia) e sulle preoccupazioni scaturite dalla partecipazione sospetta di alcune imprese nella ricostruzione post sisma.
“Serve un segnale forte – sottolinea Ada Girolamini del Sdi Uniti nell’Ulivo – da dare all’esterno, una piena sintonia di intenti fra istituzioni e forze dell’ordine” e sottolinea il consigliere, Armando Fronduti (FI-PDL) “non può esserci sviluppo per l’Umbria senza sicurezza”. Quella stessa sicurezza per i cittadini che si garantisce in primis garantendo una trasparenza del sistema democratico del tessuto sociale, politico ed economico, oggi settori inquinati anche in Umbria dagli affari delle mafie italiane e straniere.
Affari che hanno portato in poco meno di dieci anni ad un cambio repentino del volto di questa regione in cui è importante – sottolinea Stefano Vinti – uno dei consiglieri che fortemente motivato la proposta di questa commissione d’inchiesta) ripristinare con forza una “cultura delle legalità” che sia difesa in primo luogo in sede politica e dalle istituzioni pubbliche ma che porti anche ad una mobilitazione delle coscienze”. “Servono anche atti conseguenti delle istituzioni – continua Vinti – per evitare che si reinvestano nella nostra economia legale, capitali che vengono da attività illecite. Temiamo effetti tragici e una vera a propria rottura della legalità che dobbiamo prevenire ed evitare”.
Trackback dal tuo sito.