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L´ipermercato e la mafia: condanne a raffica

Fonte: Repubblica.it il . Sicilia

Il centro commerciale non si è mai fatto, ma per il patto di ferro che politici, imprenditori e professionisti avevano stretto con i mafiosi di Villabate per la realizzazione di un grande ipermercato che avrebbe portato affari, posti di lavoro e potere, il conto pagato è stato caro.

Sono condanne per quasi mezzo secolo di carcere quelle che i giudici della quinta sezione del Tribunale, presieduta da Patrizia Spina, hanno inflitto ieri pomeriggio condannando tutti e sette gli imputati del processo, così come avevano chiesto i pm Nino Di Matteo e Lia Sava. Un processo nato dalle dichiarazioni di Francesco Campanella, esponente politico, consulente ma anche affiliato alla “famiglia” mafiosa di Villabate che, dopo il suo arresto, ha deciso di collaborare raccontando anche il viaggio di Bernardo Provenzano a Marsiglia per un intervento chirurgico.

La pena più alta è stata inflitta a Giovanni La Mantia, considerato un mafioso di Ciaculli ma molto vicino anche alle “famiglie” di Villabate, che ha avuto dieci anni con l´accusa di associazione mafiosa. Condanna pesante, otto anni e sei mesi, per concorso esterno all´ex sindaco di Villabate Lorenzo Carandino, mentre gli architetti Antonio Borsellino e Rocco Aluzzo hanno avuto rispettivamente sette e otto anni di carcere, entrambi per concorso esterno in associazione mafiosa. Condanna a sette anni per l´imprenditore romano Paolo Pierfrancesco Marussig, titolare della società Asset Development e imputato di corruzione aggravata dall´aver favorito Cosa nostra.

Quattro anni li ha avuti Giuseppe Daghino, anche lui socio della Asset, accusato di corruzione semplice; quattro anni e mezzo sono stati inflitti all´ex sindaco di Catania Angelo Francesco Lo Presti, imputato di riciclaggio per aver girato attraverso una sua società all´estero la prima tranche della somma che la Asset aveva pagato per oliare i meccanismi dell´approvazione del piano commerciale da parte degli organismi amministrativi. I giudici del Tribunale hanno accolto l´impianto accusatorio secondo il quale l´imprenditore romano Marussig, interessato alla costruzione del centro commerciale, avrebbe stretto un patto con la cosca capeggiata dal boss Nicola Mandalà, uomo del capomafia Bernardo Provenzano.

La mafia avrebbe assicurato il consenso alla vendita dei proprietari dei terreni sui quali sarebbe dovuta sorgere la struttura e le necessarie modifiche del piano regolatore comunale, grazie ai contatti strettissimi tra Mandalà e l´allora sindaco Carandino. In cambio le cosche avrebbero ottenuto la scelta del 30 per cento delle ditte che avrebbero dovuto eseguire i lavori e gestire i negozi dell´ipermercato e l´imposizione del 20 per cento dei dipendenti da assumere. A mediare il rapporto tra il clan e la Asset, che aveva il compito di sviluppare il progetto, sarebbero stati, tra gli altri, i due architetti condannati, Aluzzo e Borsellino. Per ottenere l´appoggio presso l´amministrazione locale, poi, l´impresa si sarebbe impegnata a versare una tangente di 300 milioni di lire.

Il collettore della tangente sarebbe stato proprio l´attuale collaboratore di giustizia Francesco Campanella, ex presidente del Consiglio comunale, poi consulente del sindaco Carandino. E ora, come ha annunciato il presidente Spina, rischiano un processo per falsa testimonianza tre testimoni proprietari di terreni sui quali sarebbe dovuto sorgere il centro commerciale. Il procuratore Francesco Messineo commenta: «È una sentenza molto importante perché conferma che esiste uno spazio di affermazione di responsabilità per il concorso esterno in associazione mafiosa, sulla cui configurabilità ci sono state di recente molte polemiche».

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