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Cantone, necessario un salto di qualità
Setola? Restano liberi pericolosi latitanti

Di Stefano Fantino il . Interviste e persone

Dopo l’arresto del camorrista
Setola, esponente di spicco dell’ala stragista dei Casalesi e le minacce
al magistrato della Dda Raffaello Falcone, Libera Informazione ha contattato
Raffaele Cantone, ex magistrato della Dda di Napoli, attualmente magistrato
di Cassazione. Dalle minacce da non sottovalutare alla necessità
di non sopravvalutare certi traguardi fino alla profonda necessità
di cambiamenti legislativi in campo giudiziario, un quadro ancora poco
nitido che necessita di applicazione e impegno prima di cominciare a
delinearsi chiaramente.

Buongiorno, dottor Cantone,
ieri una operazione delle forze dell’ordine ha tratto in arresto il
latitante Setola…
 

Nello specifico le posso dire
che rappresenta un grandissimo evento, in un periodo molto particolare,
nel momento in cui i Casalesi avevano adottato una strategia stragista,
che non sempre compete loro.

In questi giorni oltre
agli episodi relativi alla fuga e cattura di Setola si
è parlato spesso di camorra. Ad esempio per le minacce al suo collega
Raffaello Falcone. Cosa pensa dei proiettili a lui recapitati e come
inquadra la vicenda in sé?
 
 

Io credo che le minacce non
siano da sottovalutare, e questo soprattutto perché il collega Falcone
si è occupato a lungo della situazione di Marcianise e delle indagini
su un clan, quello dei Belforte, che è autonomo rispetto ai Casalesi. 

«Vediamo già dei grandi
funerali con bandiere e grandi discorsi. E poi sarete dimenticati. Non
siete e non sarete mai nessuno, soprattutto a Marcianise». Questa
è un parte del testo che corredava le minacce a Falcone. Pensa sia
indicativo della situazione angusta in cui, ora, rispetto a un tempo
si trova la camorra?
 

Sicuramente Falcone lavorando
sulla zona di Marcianise aveva raccolto grandi e importanti risultati,
nella lotta contro i clan locali, anche loro erano stati messi alle
strette e la situazione che si è venuta a creare è di grande fibrillazione. 

Quale merito ha la magistratura
nell’aver reso il camorrista, notoriamente pronto all’ostentazione,
a rifugiarsi e sentirsi braccato. Se questa inversione di tendenza c’è
stata lei a cosa pensa sia dovuta?
 

La situazione giudiziaria riguardante
i clan li ha indotti a un mutamento significativo. Per loro si è reso
necessario condurre una vita totalmente diversa. E loro si adeguati
a queste nuove esigenze. I boss vedendo limitati i loro spostamenti
hanno cambiato la loro strategia. Questo non ha fatto altro che amplificare
la tendenza, peraltro già presente, di utilizzare per i loro affari
le prestazioni dei colletti bianchi.

Eppure nel caso di alcune
procure (vedi S.Maria Capua Vetere) ci sono state delle vere e proprie
fughe.  Un magistrato come Anna Canepa, magistrato della Dda di
Genova ha chiesto di essere applicata alla procura di Gela. Cosa pensa
sia necessario per contrastare queste situazioni ?
 

Ritengo la decisione del magistrato
Canepa un grande segno e gesto di generosità. Con franchezza le posso
dire che è necessario proprio un salto di qualità nella gestione della
Giustizia. Si tratta di fare grandi investimenti e di andare incontro
a grandi modifiche legislative. Negli uffici giudiziari il personale
è in larga parte vecchio poiché manca il necessario ricambio e anche
le risorse interne sono assai limitate. In Italia, inoltre, sarebbe
necessario e urgente modificare le procedure non solo dei procedimenti
penali, ma anche di quelli civili. Purtroppo infatti, siamo, a livello
europeo sempre condannati per le lungaggini della nostra macchina giudiziaria.
Sarebbe ora di evitarle e dare una reale svolta, senza incorrere in
sterili slogan che sono totalmente inutili.

Quanto
è stato importante accendere i fari su Setola e quanto invece sarebbe
utile focalizzare su altri aspetti della camorra? L’ arresto di Setola
può oscurare altri aspetti,  economico, finanziario, delle connivenze, 
che molto spesso non riesco no a decollare, almeno sul piano “mediatico”?

Premetto che io ritengo fondamentale
la stampa, come presidio di controllo democratico. Tuttavia a volte
amplifica dei simboli per farli diventare cartine di tornasole di una
ipotetica vittoria. Così sta accadendo con il caso di Setola. La sua
cattura è stata importante, significativa, ma non indispensabile. Setola
non era nessuno rispetto ai latitanti storici dei Casalesi. E durante
l’emergenza

non si deve credere a determinati
specchietti per le allodole. Sono certo risultati importanti ma focalizzare
mediaticamente su Setola ha evitato che per molto tempo si parlasse
di Iovine e Zagaria, i due latitanti di spicco dei Casalesi. Se aveste
chiesto un anno e mezzo fa alla Polizia chi fosse Setola, in pochi vi
avrebbero risposto. Si tratta di andare oltre a quelli che sono visti
come simboli di una vittoria e continuare la lotta ai latitanti rimasti
liberi.

Come ha vissuto la sua
dipartita dalla Dda di Napoli? Perchè
questa scelta, oltre a una intima esigenza personale?
 

Sulla mia dipartita dalla Dda
di Napoli penso abbia inciso una mia iperesposizione, anche mediatica,
ma tuttavia non ritengo di dover dare la colpa alla stampa. Questo mi
ha però creato alcuni problemi interni ed esterni alla magistratura.
Ritengo che però tutto questo rientri in un più grande quadro di rinnovamento
e ricambio della giustizia, che ritengo importante e necessario. 

Commissione Antimafia
insediata ma al momento ancora non protagonista. Pensa che si possa,
durante questa legislatura, partire con significative innovazioni 
necessarie in alcuni campi fondamentali, come la gestione dei sequestri
dei beni dei mafiosi?

La Commissione Antimafia è
bene che sia insediata e funzioni. Ma il suo scopo è quello di proporre 
e monitorare. Penso che invece siano da tradurre in legge molte riforme
che venivano esposte nei lavori della Commissione presieduta da Francesco
Forgione. Bisognerebbe ripartire da quel testo. Le proposte riguardanti
lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose sono
da portare avanti così come la costituzione di una Agenzia preposta
alla gestione e all’assegnazione dei beni confiscati. Quello dei beni
confiscati è un campo importante. Molto spesso questi beni perdono
la loro funzione, dopo la confisca, e diventano inoltre un peso, una
zavorra per lo Stato. Risultano quindi socialmente inutili, perché
non utilizzati per finalità civili e nemmeno utilizzabili come simboli. 
Penso che il momento dell’affidamento sia, inoltre, quello saliente:
si tratta di individuare accuratamente chi possa rendere quel bene un
reale servizio alla società. E anche nell’affidarlo occorre grande
attenzione, perché esistono associazioni e associazioni, occorre dunque
analizzare con cura chi entrerà in possesso del bene. 

Si parla molto del film
Gomorra agli Oscar. Si è parlato del libro. Il merito
è stato quello di aver reso “nazionale” un tema relegato
spesso all’ambito localistico? Pensa che ora ci sia una esatta percezione
del fenomeno?
 

Dopo l’uscita del libro di
Saviano c’è stato un cambiamento. Almeno finora si, devo dire che c’è
stato un cambio netto di percezione. Vedremo se in futuro continuerà
così e si potrà dunque dire che c’è stato un salto di qualità. Certamente
vedere in televisione notizie sui Casalesi, servizi su Gomorra e tutta
la realtà campana è un segno importante: queste cose prima in effetti
non succedevano. 

A volte ci si stupisce dell’organizzazione
imprenditoriale della Camorra extraurbana. In
realtà vi è sempre stata questa differenziazione tra camorra urbana
e camorra “rurale”. Non pensa che si analizzi spesso anche
a livello politico tutto come un problema di mero ordine pubblico?

Guardi penso che anche qui
come in altri campi il problema sia sempre quello di fare un necessario
salto di qualità. Anche nel contrasto, dunque. Mi sembra assolutamente
riduttivo affrontare la lotta ai Casalesi, alla camorra nel modo in
cui si affronta un mero problema di ordine pubblico. La chiave anche
in questo caso è colpire i gangli vitali del fenomeno camorristico
e  agire quindi su alcuni meccanismi generatori : la creazione
di un consenso vasto, ciò che sta alla base del potere camorrista,
e le connivenze che ne permettono la permanenza.

Che parte ha per l’uomo
Raffaele Cantone nella lotta alla camorra le iniziative di responsabilizzazione
che una parte della società porta da sempre avanti?
 

Penso che la società civile
e la lotta antimafia, sebbene presenti in alcune sue forme, sia tuttavia
ancora in una fase iniziale Io penso sia una esperienza fondamentale
che non debba essere messa in secondo piano rispetto all’antimafia dei
giudici e dei tribunali. Tuttavia in alcune realtà rimane ancora rudimentale
e necessità di un salto di qualità. Una cosa su cui vorrei porre l’attenzione
è quella di non creare miti. Il mito è pericoloso e la lotta, anche
quella civile alla mafia, non è immagine.

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