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Regione-Comune, il filo rosso che lega le inchieste

Di Daniela De Crescenzo il . Campania, Dai territori

In principio fu Brancaccio: parte dal segretario della presidenza di
Bassolino arrestato l’8 maggio del 2007, la bufera giudiziaria che
rischia di travolgere la giunta Iervolino. I magistrati, infatti,
stavano intercettando il consigliere regionale quando ascoltarono una
serie di telefonate che riguardavano l’imprenditore Alfredo Romeo. A
quel punto si convinsero a inviare gli incartamenti alla Dda di Napoli.

Sono dunque legate a filo doppio le inchieste sulla Regione e quella
sul Comune. Brancacccio oltre a essere consigliere regionale Ds,
stretto collaboratore del governatore, era stato anche amico dei
fratelli Orsi (quelli che in collabarazione con i casalesi avevano
creato una società mista, la Eco 4 poi finita nel mirino dei
magistrati) che aveva convinto a iscriversi alla sezione dei Ds di Orta
di Atella, il comune casertano di cui era stato a lungo sindaco. Dopo
lo scandalo, Brancaccio passò all’Udeur travolto qualche mese dopo da
una nuova tempesta giudiziaria che finì con lo scardinare il governo
Prodi. Una fine peggiore fece Michele Orsi che fu ucciso il 1 giugno
del 2008. Da questo contesto partono le indagini della Dda napoletana
che ruotano attorno alla figura di un altro discusso imprenditore,
quell’Alfredo Romeo che, dopo aver rovinato con le sue confessioni i
politici napoletani incappati nella tangentopoli dei primi anni Novanta
(«mi sono saltati addosso come cavallette», raccontò ai giudici) riuscì a
salvarsi in Cassazione grazie alla prescrizione. Una sorta di attestato
di merito che gli permise non solo di continuare a gestire il
patrimonio immobiliare del Comune di Napoli, ma di portare i suoi
affari anche a Roma e a Venezia creando un giro di affari che supera i
40 miliardi di euro.

L’accusa per le dodici persone (2 assessori, 2 ex assessori, 2
parlamentari e 8 imputati per così dire minori che comprendono anche un
ex ufficiale della Dia e il vicepresidente della Provincia di Napoli) è
sostanzialmente quella di aver creato una rete destinata a proteggere e
favorire Romeo. Gli amministratori si sarebbero spinti fino a cucire
delibere e gare di appalto a misura dell’uomo di affari. Senza
riuscire, però, a portare a termine l’operazione: il colonnello della
Dia, Vincenzo Mazzucca, li avrebbe avvertiti delle indagini in corso e
loro avrebbero fermato l’affare, sostengono i magistrati. Un’accusa,
anche questa, nota già da tempo:  le fughe di notizie avevano riempito
i media per settimane. Sarebbe stata proprio la notizia dell’arresto
imminente a provocare il suicidio dell’ex assessore Giorgio Nugnes che
si è tolto la vita il 29 novembre. Nugnes aveva avuto dai giudici il
divieto di residenza a Pianura, il suo quartiere, dopo essere finito al
centro di un’altra indagine, quella sugli scontri dello scorso anno
nella periferia occidentale della città. I manifestanti contro la
discarica, in quell’occasione avevano assaltato i vigili del fuoco,
bruciato i bus, vietato il transito alle ambulanze.

Storie nere, nerissime, che mostrano, al di là dei risvolti giudiziari,
un quadro devastante della città: un’imprenditoria abituata a
utilizzare la corruzione e i metodi mafiosi per affermarsi, una
politica che gareggia nell’offrire servizi, una magistratura che non
riesce a difendersi dalla diffusione preventiva delle notizie di reato,
dei media che fanno da cassa di risonanza ai “si dice”. Non si
salva praticamente nessuno e per questo, senza un’appiglio, senza una
speranza, ricominciare sembra assurdamente difficile.

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