Cozzi: “Basilicata, si dimettano i soliti indagati”
I vertici francesi e italiani della Total, il deputato pd Salvatore Margiotta, il governatore Vito De Filippo (Pd), e ancora il presidente della Provincia di Potenza Carmine Nigro (ex Udeur), sindaci e dipendenti pubblici, funzionari della regione e un imprenditore spregiudicato, Francesco Ferrara. Sarebbe proprio lui al centro del comitato d’affari che ha gestito appalti e tangenti, non solo nel settore petrolifero. Un sistema che include anche talpe (gli indagati erano venuti a conoscenza delle “attenzioni” degli inquirenti, si presume anche grazie all’intervento del governatore De Filippo), fondi neri e cocaina. Le accuse del pm Henry John Woodcock al segretario regionale del Pd lucano riguardano le presunte pressioni politiche esercitate sulla Total per favorire Ferrara, in cambio di una tangente di 200milioni. Il deputato, che era stato già indagato insieme alla moglie Luisa Fasano, ex capo della squadra mobile di Potenza, in altre due inchieste (una di Woodcock, l’ altra dell’ ex pm di Catanzaro De Magistris) ha negato ogni accusa, e si è dimesso dagli incarichi di partito.
Bufera sulla Basilicata, dunque. “Ma dalla seduta del consiglio regionale emerge ancora una volta un’autoassoluzione, traversale e unanime. Si stanno autodifendendo e stanno dicendo che la magistratura ha preso l’ennesima cantonata”. Non ha dubbi invece don Marcello Cozzi, il referente dell’associazione Libera per la Basilicata. “Dalle inchieste degli ultimi anni emerge un dato inconfutabile: c’è un livello politico nella gestione degli affari sporchi della regione”.
Una regione molto sporca.
“Sì, il quadro che emerge è a tinte fosche. Corruttela diffusa, cocaina alla Regione, un imprenditore che addirittura sembra imporre un codice per chi voglia lavorare con lui. Ma ripeto la cosa che ci colpisce è la continua autoassoluzione. Ancora una volta il governatore De Filippo è stato indagato, è la quinta volta che viene coinvolto. Adesso tocca alla magistratura fare chiarezza, ma non si può sempre dire che esiste un complotto”.
Eppure di risultati giudiziari non ce ne sono.
“La prima inchiesta sull’affare petrolio, quella 2002, si è conclusa con la condanna degli imprenditori, ma l’assoluzione del livello politico. A chi abbiano dato quelle tangenti non è dato sapere. Certo il dato giudiziario, se si affronta la questione come una serie distinta di inchieste giudiziarie allora non ne viene fuori nulla. Ne sono usciti sempre puliti, e anche questa volta sarà così a livello giudiziario”.
E a livello politico?
“Resta la questione morale sulla quale confrontarsi. Leggiamo le carte. Ci sono funzionari e politici che si incontrano per strada, nei vicoli, sotto il diluvio pur di non parlare al telefono. La questione morale è evidente. Non si può generalizzare, ma ancora una volta, come in passato, il consiglio regionale, la politica lucana si autoassolve al’unanimità. C’è un pericolo: l’ipergarantismo può diventare un alibi dietro il quale nascondere le sporcizie della regione. Noi restiamo garantisti, purché il garantismo non diventi un paravento”.
Cosa dice Libera alla Politica?
“Diciamo che una certa politica ha sporcato l’immagine della regione, mentre per molto tempo si è detto che siamo stati noi, con i nostri allarmi sulle mafie e sulla corruzione, a farlo. Ebbene oggi sulle pagine dei giornali si legge della Basilicata delle tangenti. Noi diciamo che bisogna tutelare la stragrande parte dei politici e degli amministratori che agiscono nell’interesse collettivo. Bisogna tutelarli e per questo diciamo a quelli che si ritrovano sempre coinvolti, magari per coincidenza, negli scandali e nelle inchieste, chiediamo loro di fare un passo indietro. Perché se non verrà il giudizio della magistratura, c’è già il giudizio della gente, che è chiaro e trasversale”.
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