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Cosa Nostra resorts

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Svelato come «sopravvive» la “mafia sommersa” ed il sistema di collusioni, tra mafia e impresa, una «piovra» in grado di contare su appoggi della politica e dentro le istituzioni. Ci sono i collusi ma anche coloro i quali accettano il dialogo “per quieto vivere”. Un intreccio perverso dove emerge al solito una borghesia, mafiosa, che per le sue caratteristiche e capacità riesce a colloquiare con le istituzioni e settori dell’economia.

«Cosa Nostra resorts» è stata denominata l’indagine che è stata coordinata dai pm della Dda di Palermo, dal procuratore aggiunto Roberto Scarpinato e dai sostituti Andrea Tarondo e Paolo Guido, ed è stata condotta dalla Squadra Mobile e dalla Guardia di Finanza che hanno infine eseguito la notte scorsa il provvedimento firmato dal gip del Tribunale di Palermo Antonella Consiglio. Nove ordini di arresto e otto sequestri per 30 milioni di euro.

Le imprese, le truffe, gli appalti. La sostanza dell’indagine antimafia è questa: l’imprenditore valdericino Tommaso “Masino” Coppola, arrestato a Trapani dalla squadra Mobile nel novembre del 2005, nel blitz «mafia e appalti fase 1», perchè faceva parte della «cupola» riorganizzata dal boss latitante Matteo Messina Denaro e capeggiata dal pacecoto Francesco Pace (Coppola sconta in carcere sei anni, condannato col rito abbreviato, Pace in primo grado ha avuti inflitti 20 anni), dalla cella ha cercato di fare mantenere integro, indenne da sequestri, il suo patrimonio, per non perdere potere imprenditoriale, acquisire commesse e finanziamenti pubblici, gestendolo attraverso i contatti con i suoi familiari, in particolare con i nipoti Caterina e Salvatore Fiordimondo, con loro ha preordinato l’intestazione fittizia ad altri soggetti. Ha «guidato» le sue imprese dal carcere, abbattendo ogni ostacolo imposto dalla carcerazione, Tommaso Coppola attraverso i suoi parenti ha esercitato una gestione delle società “in presa diretta”, guidando i congiunti nell’ottenere e tentare di ottenere fondi pubblici (finanziamenti 488 per oltre 2 milioni di euro) da destinare al settore turistico alberghiero, col sistema classico delle truffe ed in questo sarebbero stati consigliati dal consulente Francesco Mineo. Vito Virgilio e Francesco Maggio, quest’ultimo a seguito delle ultime elezioni amministrative è stato nominato vice sindaco di Valderice, sono stati per gli investigatori i «suoi più fidati collaboratori» nella gestione delle sue imprese. L’indagine ha accertato, per la prima volta in Sicilia, come le operazioni di prestanome poste in essere dagli imprenditori contigui a Cosa Nostra fossero finalizzate anche al reato di truffa ai danni dello Stato (ministero Attività Produttive) e della Regione Siciliana per la percezione di ingenti finanziamenti nel settore turistico – alberghiero. C’è contestata nell’ordinanza una tentata truffa aggravata per conseguimento di finanziamenti pubblici, destinataria (poco più di 1 milione di euro) la società «Villa Coppola» per un investimento complessivo di 2 milioni 342 mila euro per la realizzazione di un complesso turistico, nell’ambito della società cooperativa «L’Agroericino» appartenente al contratto di programma del «consorzio ericino».

I politici. Per aggirare l’ostacolo del divieto di finanziamento per soggetti destinatari di misura di prevenzione, o per mantenere attive le sue imprese, Coppola dal carcere ha incaricato il nipote di rivolgersi ai politici. I nomi sono per adesso coperti da riserbo, si tratta di amministratori all’epoca (tra il 2005 ed il 2006) in carica ad Erice, nelle intercettazioni si fa riferimento a un parlamentare nazionale e poi Coppola parla di un personaggio fratello di un «big» di primissimo piano della politica regionale. Con questi “legami” un finanziamento chiesto è andato a buon fine: è stato erogato dal ministero delle Attività Produttive, attraverso il patto territoriale «Trapani Sviluppo Nord», oltre 2 milioni di euro destinati al «Residence Xiare» (tant’è che è scattata la contestazione di truffa aggravata), ottenuto sia attraverso l’interposizione di prestanome nell’assetto amministrativo e societario della Residence Xiare e della Siciliana Inerti Bituminosi per ottenere dalla prefettura la certificazione antimafia, sia tramite l’emissione di false fatture per oltre 617 mila euro.

Appalti per la Litoranea di Trapani e il porto di Castellammare del Golfo e la Calcestruzzi Ericina. Coppola è in carcere perchè ha fatto da «regista» all’aggiudicazione di una serie di appalti per conto di Cosa Nostra, si è anche occupato di una sorta di «tangentopoli», per ripagare funzionari pubblici che si prestavano ai suoi voleri, e il «regista» lo avrebbe fatto anche dopo il suo arresto del 2005 dal carcere, imponendo che le sue aziende ed i suoi mezzi continuassero a lavorare in importanti lavori pubblici, come quelli della «litoranea nord» di Trapani (e in questo caso l’escamotage era quello di applicare sui mezzi adesivi che ne attribuivano la proprietà ad altre imprese, pensava in questo modo che non venissero individuati come propri) o ancora che la sua società di produzione inerti anche con lui in manette continuasse a rifornire il cantiere dei lavori del porto di Castellammare del Golfo (appalto affidato alla ditta Comesi) e la Calcestruzzi Ericina, l’impresa confiscata che i mafiosi avevano cercato di far fallire e con la quale poi volevano fare affari almeno all’esito di questo nuovo capitolo di indagine: «Parla con Camillo e parla col senatore» era la frase che Coppola ripeteva per ogni questione al nipote Salvatore Fiordimondo ad ogni colloquio in carcere che a loro insaputa veniva video registrato dagli investigatori.
Le «sollecitazioni» che secondo “Masino” Coppola erano da rivolgere a un esponente politico nazionale, per il tramite di un suo referente locale, si dovevano muovere su un duplice binario: il primo consisteva nell’intervenire sul prefetto dell’epoca (Giovanni Finazzo) perché questi, rivolgendosi agli amministratori giudiziari della Calcestruzzi Ericina, doveva far si che proseguisse la fornitura di materiali all’azienda confiscata. Il secondo tentativo era finalizzato ad ottenere il rispetto di impegni precedentemente assunti per la fornitura dei materiali necessari per i lavori di ristrutturazione del porto di Castellammare del Golfo (materiali inerti per la produzione di calcestruzzo e pietrame). Le «intercettazioni» hanno svelato che a Coppola dai suoi congiunti è stata data assicurazione in merito all’intervento dell’indicato esponente politico nazionale, sia nei confronti del prefetto, sia per la fornitura relativa ai lavori del porto di Castellammare del Golfo: durante quel colloquio però Salvatore Fiordimondo faceva presente allo zio che «era il caso di attendere ancora che si fossero “calmate le acque” prima di intervenire». Nipote intraprendente, che fuori andava sostenendo che «lui con lo zio non c’entrava nulla» e che dalle società «Tommaso Coppola era stato estromesso». Solo che alcuni soci sono risultati economicamente «incapaci» ad acquistare quella «mole di quote». Intestare fittiziamente le quote societarie non sarebbe stato solo un escamotage per “Masino” Coppola per sfuggire al sequestro (lui che nel frattempo ha avuti inflitti 4 anni di sorveglianza speciale e subito il sequestro per la misura di prevenzione) ma sarebbe stato anche l’espediente per far partecipare in modo occulto le società controllate alle forniture di beni e servizi in favore di società aggiudicatarie di pubbliche commesse: come è avvenuto nell’appalto concernente la «Riqualificazione della Litoranea Nord di Trapani» (1° stralcio per l’importo di euro 2.687.209 bandito dal Comune di Trapani), in cui l’Ati agg
iudicataria è risultata costituita tra la Morici Francesco & C. quale mandataria capogruppo con la Società Italiana Dragaggi spa, utilizzava autocarri intestati ad una delle imprese ora sequestrate, la «Crea» camuffati con il logo pubblicitario della «Gms». Ad occuparsene in particolare era Francesco Maggio, ripreso alla «guida» di una ruspa all’interno del cantiere della litoranea. Il nome dell’impresa e dell’imprenditore trapanese Francesco Morici è ricorrente in molte indagini, di lui alcuni testimoni hanno parlato come di un soggetto che avrebbe pagato «mazzette» per aggiudicarsi gli appalti. In carcere Tommaso Coppola, colloquiando sempre col nipote, di Morici ne parla in modo chiaro: deve far lavorare le sue imprese perchè è come se lui lo «abbia salvato». In effetti Coppola dopo l’arresto aveva avviato una fase di collaborazione, poi si è fermato quando dalla fase di ammissione di responsabilità doveva passare a quella delle «complicità», con imprenditori e con la politica. È questo silenzio che costituisce il «credito» con Morici? Per chi indaga la risposta a questa domanda è positiva.

I boss non patteggiano. Quello di «non parlare» nemmeno per ammettere le proprie responsabilità è poi il «nuovo ordine». È questa la strategia perseguita dalla «famiglia» mafiosa di Trapani per influenzare lo svolgimento dei processi in corso: gli imprenditori arrestati non debbono fornire alcuna collaborazione agli inquirenti e non debbono ricorrere ai riti alternativi, patteggiamenti o rito abbreviato, ma scegliere il rito ordinario. Cosa Nostra trapanese ha chiesto come prova di fedeltà agli imprenditori collusi il rifiuto di collaborazione o di accedere allo strumento del patteggiamento, considerati un vero e proprio scendere a patti con lo Stato.

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