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10 Dicembre 1948 – 2008
60 Anni della dichiarazione dei diritti umani

Di Anna Foti il . Lazio

Sulla carta da sessant’anni la Dichiarazione dei diritti umani, nella
vita reale invece la violazione continua e ripetuta del testo approvato
nel 1948 all’assemblea generale dell’Onu. A sessant’anni di distanza
dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, articolo per
articolo, il bilancio in terra di mafie dei diritti negati. Una
battaglia che passa anche attraverso il mondo dell’informazione che
sarà presente, il prossimo 10 dicembre davanti alla Rai in viale
Mazzini, a Roma, insieme a cittadini e associazioni per chiedere al
servizio pubblico radiotelevisivo di occuparsi del Paese reale.

Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani

Testo approvato dall’Assemblea
generale dell’ONU il 10 dicembre del 1948
 

Dichiarazione Universale
della Sopraffazione delle Coscienze

Testo attuato, fin dall’Ottocento,
dalla Criminalità Organizzata italiana – meglio nota come mafia, meglio
nota come ‘ndrangheta calabrese, meglio nota come cosa nostra siciliana,
meglio nota come stidda siciliana, meglio nota come camorra campana,
meglio nota come sacra corona unita pugliese.

Considerando che il riconoscimento
della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei
loro diritti eguali e inalienabili costituisce il fondamento della libertà,
della pace e della giustizia nel mondo

Considerando che l’accumulazione
di ricchezza e la realizzazione di alti profitti con minimi rischi costituiscono
il fondamento del potere, della supremazia economica, del controllo
del territorio e delle persone che lo abitano
 

Considerando che il non riconoscimento
e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno condotto ad atti di barbarie
che offendono la coscienza dell’umanità e che l’avvento di un mondo
in cui gli esseri umani saranno liberi di parlare e di credere, liberati
dal terrore e dalla miseria, è stato proclamato come l’aspirazione
più alta dell’uomo;  
Considerando che il non riconoscimento e il disprezzo dei diritti
dell’uomo sono strumentali al conseguimento di illeciti e facili guadagni
e al mantenimento del potere necessario per esercitare supremazia sulle
leggi e sullo Stato. Considerando che tutto ciò, pur offendendo le
coscienze vigili ispirate alla libertà
di partecipare, non scuote invece quelle disilluse dalla storia e dalle
istituzioni, quelle emarginate dallo sviluppo, soggiogate e oppresse
dal bisogno di chiedere per ottenere o per sopravvivere o quelle assoggettate
alla paura
 

Considerando che i diritti
dell’uomo siano protetti da un regime di diritto per cui l’uomo non
sia mai costretto, in supremo ricorso, alla rivolta contro la tirannia
e l’oppressione

Considerando che i diritti
dell’uomo possono essere puntualmente elargiti per concessione, piuttosto
che essere riconosciuti solo sulla carta, e che tutto ciò
è capace di generare un consenso che oggi non
è più in competizione con lo Stato ma
è dentro lo Stato medesimo
 

Considerando che nella Carta
dei popoli le Nazioni Unite hanno proclamato di nuovo la loro fede nei
diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona
umana, nell’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne, e che
si sono dichiarati decisi a favorire il progresso sociale e a instaurare
le migliori condizioni di vita nella libertà più grande;  
Considerando che gli Stati-Membri si sono impegnati ad assicurare, in
cooperazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il rispetto universale
ed effettivo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Considerando che le leggi
del paese, la Costituzione proclamano il valore e la dignità
della persona e la libertà del cittadino e che spesso tali concetti
sono lontani dalla vita quotidiana di intere regioni di un unico Stato.
Considerato che in queste stesse regioni affermare con ogni mezzo nuove
regole che stabiliscano un ordine alternativo, anche se illegale, al
promesso e denegato progresso economico, industriale, risulta appetibile
e conveniente
 

 
Considerando che una concezione comune di questi diritti di libertà
è della massima importanza per assolvere pienamente a tale impegno

Considerando che una concezione
comune di questi diritti è facilmente attaccabile se essi non possono
essere concretamente rivendicati e che dunque tali contesti sono altamente
appetibili per ambiziose oligarchie senza troppi scrupoli, giunte oggi
ad avere monopolizzato ogni potenziale di sviluppo, piegandolo esclusivamente
ai loro illeciti interessi.
 


L’Assemblea generale proclama la presente Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo come l’ideale comune da raggiungere da tutti i popoli
e da tutte le nazioni affinché tutti gli individui e tutti gli organi
della società, tenendo sempre presente allo spirito tale dichiarazione,
si sforzino, attraverso l’insegnamento e l’educazione, di sviluppare
il rispetto di tali diritti e libertà e di assicurarne, attraverso
misure progressive di ordine nazionale e internazionale, il riconoscimento
e la applicazione universale ed effettiva, sia fra le popolazioni degli
Stati-Membri stessi, sia fra quelle dei territori riposti sotto la loro
giurisdizione

Opera così
la mafia italiana (Cosa Nostra siciliana,
‘Ndrangheta calabrese, Camorra campana, Sacra Corona Unita pugliese),
fenomeno che attanaglia le regioni del Sud Italia, che si diffonde a
macchia nel paese e al di là dei confini nazionali. I suoi traffici
raggiungono anche l’altro emisfero del pianeta. La mafia ha come fondamento
comune una collettività guidata da gruppi di persone, uniche destinatarie
di rispetto, con prerogativa di dominio sulle coscienze e controllo
sul territorio e sulle ricchezze in esso producibili o in esso transitabili.
Una comunità in cui nessuno capisca, nessuno senta, nessuno parli,
in cui i diritti siano favori da chiedere con devozione e paura, in
cui ribellarsi  non sia vietato ma assolutamente  poco raccomandabile,
in cui le leggi e le istituzioni facciano fatica ad affermare la propria
presenza, in cui uno sviluppo, non proveniente da traffici illeciti,
da atti di sopruso e di illegalità
ma  frutto di lavoro onesto, non sia ammesso. Una comunità
avvolta nel silenzio e vinta dall’omertà.

 
Tutto ciò premesso ecco come la mafia traduce i contenuti della
DUDU nelle nostre società

Art.1 – Tutti gli esseri umani
nascono liberi e uguali in dignità e diritti

Nessuno essere umano ha
dignità se non si piega alla mentalità
mafiosa

 

Art.2 – Ognuno può valersi
di tutti i diritti e di tutte le libertà proclamate nella presente
dichiarazione, senza alcuna distinzione di razza, di colore, di sesso,
di lingua, di religione, d’opinione politica e di qualsiasi altra opinione,
d’origine nazionale o sociale, che derivi da fortuna, nascita o da qualsiasi
altra situazione

Ognuno può
valersi di tutti i diritti e di tutte le libertà
proclamate nella presente dichiarazione nella misura in cui ciò
non contrasti con gli interessi della criminalità
organizzata. Restano fuori, non potendosene valere, dunque, i cittadini
onesti e costretti a rischiare tutto per rimanere tali e non convivere
con essa
 

Art.3 – Ogni individuo ha diritto
alla vita, alla libertà e alla sicurezza della sua persona.

La vita,
la libertà, la sicurezza sono subordinate alla silente e complice connivenza.
Sono circa settecento le persone la cui libertà
è stata negata, la sicurezza non garantita e la vita barbaramente spezzata
per non aver accettato il compromesso mafioso. 700 sono le vittime 
della mafia, giudici, giornalisti, poliziotti, imprenditori, cittadini, 
per cui questa Dichiarazione è stata barbaramente e, spesso impunemente,
stracciata
 

Art.4 – Nessuno potrà essere
tenuto in schiavitù né in servitù; la schiavitù e la tratta degli
schiavi sono proibiti in tutte le loro forme

L’essere umano potrà
essere oggetto di commercio se ciò
favorirà il conseguimento di un profitto. La tratta di essere umani
finalizzata allo sfruttamento del lavoro e della prostituzione rappresenta
una filiera dell’economia criminale a volte  non direttamente
gestita da gruppi criminali italiani ma comunque dagli stessi tollerata.
Nel 2004 la prostituzioni e le armi hanno prodotto un profitto pari
a 4.600 miliardi di euro, su un totale di 35.700 miliardi di euro di
fatturato annuo della sola ‘Ndrangheta.
 

Art.5 – Nessuno sarà sottoposto
a tortura né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti

Art.9 – Nessuno può arbitrariamente
essere arrestato, detenuto né esiliato.

La tortura e la detenzione
segreta e arbitraria sono praticate quando rese necessarie dalle circostanze.
Lo sono state per il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito
di Cosa Nostra Mario Santo Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido
a soli 12 anni nel 1996, dopo due anni di prigionia. Lo sono state quando
la mano della ’Ndrangheta sequestrava e teneva segregate a scopo estorsivo,
tra i monti dell’Aspromonte, centinaia di persone.
 

 
Art. 7 – Tutti sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto – senza
distinzione – ad un’eguale protezione da parte delle legge.

Tutti sono uguali di fronte
alla leggi, purchè non siano mafiosi. Costoro sono immuni e non possono
essere toccati. Chi lo ha fatto, ha pagato con la vita, come i giudici
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi
da Cosa Nostra, nel 1992.

Art.8 – Ogni persona ha diritto
ad un ricorso effettivo davanti alle competenti giurisdizioni nazionali
contro atti che violano i diritti fondamentali riconosciutile dalla
Costituzione o dalla legge.

Art.10 – Ogni persona ha diritto
– in piena eguaglianza – a che la sua causa sia ascoltata equamente
e pubblicamente da un tribunale indipendente e imparziale , che deciderà
sia dei suoi diritti e dei suoi obblighi, sia del fondamento di qualunque
accusa in materia penale, rivolta contro di essa.  
Tutti i cittadini hanno diritto di ricorrere al tribunale e alle
legge per difendersi dalla mafia, anche se essa
è molto più avanti di tutto ciò.
La legislazione antimafia italiana, per quanto tra le migliori nel panorama
legislativo internazionale, ancora non riesce ad estirpare questo male
e a contrastarla in maniera forte e definitiva. Ciò
è, in gran parte, dovuto ad un enorme sviluppo e radicamento, alla
grande capacità di adattabilità, di infiltrazione e trasformazione
della criminalità organizzata che richiederebbe interventi legislativi
massici e la previsione di applicazioni ad hoc di determinati istituti
di diritto penale.

Molti omicidi di mafia non
hanno responsabili e le denunce contro ignoti si spengono con un’archiviazione.
Tra le diverse cause di impunità vi
è anche lo scarso numero di denunce. Lo Stato non garantisce sufficiente
sicurezza ai cittadini che decidono, o vorrebbero decidere, di porsi
contro il malaffare.

Altro fondamentale aspetto
attiene all’aggressione dei capitali illecitamente accumulati. Solo
da qualche decennio attenzionata dalla magistratura e dalla legge, essa
costituisce ancora un ambito strategico notevolmente difficoltoso sia
in Italia che all’estero. Manca un’armonizzazione europea e internazionale
del contrasto al fenomeno.

Tutto ciò
viola la presente Dichiarazione anche perché
favorisce l’impunità ed è causa di denegata giustizia per le vittime.
 

 
Art. 12 – Nessuno sarà oggetto di ingerenze arbitrarie nella sua vita
privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza
, né di lesioni al suo onore ed alla sua reputazione. Ogni persona
ha diritto alla protezione della legge contro simili ingerenze e lesioni.

Art.13 – 1) Ogni persona ha
diritto di circolare liberamente e di scegliere la propria residenza

Art.25 – 1) Ogni persona ha
diritto ad un livello di vita sufficiente ad assicurare la salute e
il benessere suo e della sua famiglia

Ogni persona ha diritto
al rispetto della privacy, alla pace e alla serenità
familiare, alla libertà di movimento nella propria città
purchè soddisfi sempre e puntualmente le richieste della mafia e non
arrechi ad essa alcun pregiudizio economico.

Le intimidazioni e le minacce
con cui si afferma l’autorità mafiosa, e che spesso precedono gli
omicidi di chi non si piega o dei suoi familiari, sono finalizzate a
condizionare la quotidianità di intere famiglie allo scopo di detenerne
il controllo attraverso la paura. Ecco come tali diritti diventano concessioni
subordinate all’accettazione del sopruso o del compromesso mafioso.
 

Art.17 – 1) Ogni persona, tanto
sola quanto in collettività, ha diritto alla proprietà; 2) Nessuno
può arbitrariamente esser privato della sua proprietà

Art.22 – Ogni persona, in quanto
membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale; ha la facoltà
di ottenere soddisfazioni dei diritti economici, sociali e culturali
indispensabili alla sua dignità e al libero sviluppo della sua personalità,
grazie allo sforzo nazionale ed alla cooperazione internazionale, tenuto
conto dell’organizzazione e delle risorse dei singoli paesi.

Ogni persona ha diritto
a cogliere i frutti del proprio lavoro, senza intromissioni. Solo i
Clan della zona possono avanzare richieste che devono essere accolte
e prontamente soddisfatte. Sono essi che concedono di lavorare e produrre
in un territorio che appartiene a loro e, dunque, essi stessi chiedono
un riconoscimento.

Vincenzo Grasso, commerciante
di Locri (RC), è stato ucciso dalla
‘Ndrangheta nel 1989 dopo avere resistito per 7 anni a richieste estorsive
e avere denunciato le intimidazioni cui era sottoposto, quale titolare
di un’attività commerciale nella locride. Nella città
di Reggio Calabria il 70%  degli esercizi commerciali (Fonte: Confesercenti
2006) corrisponde alle famiglia mafiose del luogo il cosiddetto
“pizzo” per potere continuare ad esercitare senza rischiare l’incendio
del negozio o la propria vita. Le denunce, al confronto di questo dato
allarmante, continuano a rimanere di quantità
esigua. Come può esercitarsi il diritto di proprietà
o di iniziativa economica imprenditoriale se ciò
richiede il placet e la sovrattassa mafiosa?

Al confronto di chi ha perso
la vita per avere difeso l’onestà
della propria attività commerciale, la
‘Ndrangheta ha fatturato, nel solo 2004, un volume di affari pari
a quasi 36 miliardi di euro. Le voci sono quelle del traffico internazionale
di droga con la complicità dei cartelli colombiani (22.300 miliardi
di euro), appalti pubblici e compartecipazioni in imprese (4.700 miliardi
di euro), usura  e racket (4.100 miliardi di euro), traffico di
armi e prostituzione(4.600 miliardi di euro).

Art.19 – Ogni individuo ha
diritto alla libertà d’opinione e d’espressione, il che implica il
diritto di non venir disturbato a causa delle proprie opinioni e quello
di cercare, ricevere e diffondere con qualunque mezzo di espressione,
senza considerazione di frontiere, le informazioni e le idee.

Art.20 – 1) Ogni persona ha
il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica; 2)
Nessuno può essere costretto a far parte di una associazione.

Art.27 – 1) Ogni persona ha
il diritto di partecipare liberamente alla vita culturale della comunità

La libertà
di espressione, di opinione, di manifestazione del proprio pensiero,
di partecipazione e promozione ad attività
culturali non deve arrecare danno o pregiudizio agli affari della mafia.
Questa è l’unica condizione, osservata la quale, essa può
essere esercitata “pienamente”.

9 maggio 1978 Peppino Impastato,
di famiglia mafiosa, viene ucciso da Cosa Nostra  per avere rotto
il silenzio e l’omertà denunciando, attraverso giornali, attività
culturali varie e la satira della sua radio Aut, le connivenze tra mafia
e politica locale. La sua libertà
di espressione è stata sedata e il suo
corpo
dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata
Palermo-Trapani.
 

Art.21 – 1) Ogni persona ha
diritto di partecipare alla direzione degli affari pubblici del suo
paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente eletti;
2) Ogni persona ha diritto ad accedere, in condizioni di uguaglianza,
alle cariche pubbliche del proprio paese; 3) La volontà del popolo
è il fondamento dell’autorità dei poteri pubblici; questa volontà
dev’essere espressa con elezioni serie, che devono aver luogo periodicamente,
a suffragio universale uguale e con voto segreto o seguendo una procedura
equivalente, che garantisca la libertà del voto.

Ogni persona ha il diritto
di esprimere il proprio voto in occasione delle elezioni, scegliendo
tra chi promette, essendo capace di mantenere. Nessuno
è più affidabile dei mafiosi.

Ogni individuo ha diritto
di dubitare dell’istituzioni, se in esse non sia eletta una persona
che abbia scambiato il suo voto con un favore.

La partecipazione
è un valore della democrazia ma è
anche un patrimonio che non si spreca. C’è da chiedersi quale dovrebbe
essere l’affidamento a questo valore della collettività
laddove si assiste, come nella sola regione Calabria nel decennio 1995/2006
e in Campania dal 1991, allo scioglimento per infiltrazioni mafiose
rispettivamente di 32 e 78 consigli comunali.
 

Art.23 – 1) Ogni persona ha
diritto al lavoro , alla libera scelta del suo lavoro, a condizioni
eque e soddisfacenti di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione;
2) Tutti hanno diritto, senza discriminazione, ad un salario uguale
per lavoro uguale; 3) Chi lavora ha diritto ad una remunerazione equa
e soddisfacente , che assicuri a lui ed alla sua famiglia un’esistenza
conforme alla dignità umana e integrata, se opportuno, da ogni altro
mezzo di protezione sociale; 4) Ogni persona ha diritto di fondare con
altri dei sindacati e affiliarsi a dei sindacati per la difesa dei suoi
interessi.

Art.24 – Ogni persona ha diritto
al riposo e allo svago, in particolare ad una ragionevole limitazione
della durata del lavoro ed a vacanze periodiche pagate

Art.25 – 1) Ogni persona ha
diritto ad un livello di vita sufficiente ad assicurare la salute e
il benessere suo e della sua famiglia , specialmente per quanto concerne
l’alimentazione, l’abbigliamento, l’alloggio, le cure mediche e i servizi
sociali necessari; ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione,
di malattia, d’invalidità, di vedovanza, o negli altri casi di perdita
dei propri mezzi di sussistenza in seguito a circostanze indipendenti
dalla sua volontà; 2) La maternità e l’infanzia hanno diritto ad un
aiuto e ad un’assistenza speciali.Tutti i bambini, nati sia nel matrimonio
sia fuori del matrimonio, godono della medesima protezione sociale.

Ogni persona che voglia
esercitare libertà di impresa, accanto gli adempimenti di legge, non
trascuri di rivolgersi alla prima azienda italiana per fatturato annuo
– la mafia con 130 miliardi di euro nel 2008 –  per ottenere
l’iscrizione nel suo “libro – pizzo” e per barattare un piccolo
bacino di mercato.

Ogni persona che lavori
onestamente o che eserciti un’attività
commerciale ha diritto a pagare il
“pizzo” per riscattare il suo diritto, salvare il suo locale dalla
fiamme e salvaguardare l’incolumità
propria e della famiglia.

Il racket rappresenta una
delle voci di bilancio più significative del bilancio della mafia e
uno delle voci più timide tra i moventi di denuncia.
 

Tutti gli
individui hanno diritto ad essere sfruttati, a non avere pensione, né
possibilità di assentarsi per malattia o maternità. Tutto ciò
solo per potere in qualunque modo e a qualunque condizione, lavorare.

La criminalità
organizzata ha inaridito completamente il tessuto sociale di molte aree
del paese. In questa aridità e in un clima irreversibile di illegalità
diffusa e tollerata dalla cittadinanza e dalle istituzioni di insinua
e prolifera l’altra piaga sociale del lavoro nero e dello sfruttamento.
Attraverso un’indagine dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre effettuata
basandosi sui dati forniti dagli organi ispettivi del ministero del
lavoro, dell’Inps e dell’Inail
è stato possibile individuare la distribuzione geografica della così
detta “economia sommersa”. Dal primo gennaio al trenta novembre
del 2007 sono ben cinquantasei mila i lavoratori in nero individuati,
mentre 22.500 aziende in tutto il paese lavorano nella totale irregolarità.
Le regione che detengono il primato sono Campania, Calabria e Sicilia.
 

Art.28 – Ogni persona ha diritto
a che, sul piano sociale e su quello internazionale, regni un ordine
tale che i diritti e le libertà enunciate nella presente Dichiarazione
possano trovarvi pieno sviluppo.

Ogni individuo ha diritto
di riscontrare anche all’estero lo stesso denegato sviluppo dei diritti
a fronte di un cospicuo accrescimento dei capitali illeciti. Ogni persona
ha diritto di riscontrare all’estero la stessa presenza mafiosa con
le stesse modalità di sopraffazione, insinuazione nei traffici e infiltrazione.
 

Art.30 – Nessuna disposizione
della presente Dichiarazione può essere interpretata come implicante,
per uno Stato, un gruppo o un individuo, un qualsiasi diritto di dedicarsi
ad una attività o di compiere un’azione mirante alla distruzione dei
diritti e delle libertà qui enunciate.

La criminalità
organizzata oggi rappresenta un fenomeno diffuso e radicato, infiltrato
nella politica nazionale e nelle amministrazioni locali, largamente
collocato a livello internazionale. Dunque rappresenta un
“intrastato” che viola i diritti umani nel territorio in cui prepotentemente
e convenientemente si insedia e in cui gode anche di impunità
in ragione di legami di corruzione con le istituzioni e di un regime
di omertà imposto alla comunità.
 
 

Se il libero sviluppo di
un territorio è considerato strumentale al rispetto dei diritti fondamentali
degli individui che lo abitano e che in esso risiedono

Se la violazione dei diritti
consacrati in questa Dichiarazione richiamano l’impegno di tutti per
sollecitarne il pieno rispetto

Se la criminalità
organizzata, come questo sintetico
prospetto tenta di dimostrare, è in grado di calpestare quotidianamente
l’individuo e le sue legittime aspirazioni

Siano i fenomeni del lavoro
nero e della criminalità organizzata oggetto di particolare e specifica
attenzione da parte delle istituzioni e della cittadinanza e rientrino,
in tale ottica, anche la salvaguardia dell’ambiente, diritto umano
fondamentale pregiudicato dal traffico di

rifiuti tossici, anch’esso
gestito dalla malavita organizzata specie tra le coste del sud Italia
e dell’Africa.

Se tutti ciò
premesso è, allora

IGNORARE CHE LA MAFIA VIOLI
I DIRITTI UMANI EQUIVALE A NEGARE I DIRITTI STESSI

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Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

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