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Rosaria Capacchione, “semplicemente”, una giornalista

Di Alessandre Del Giudice il . Campania, Dai territori, Interviste e persone

Dal 1986 la giornalista Rosaria Capacchione si occupa di cronaca nera per il Mattino di Caserta. Nel marzo del 2008, durante il processo Spartacus è stata minacciata di morte insieme a Roberto Saviano e al magistrato Raffaele Cantone; da allora vive sotto scorta.

Da poco è uscito “L’oro della camorra”, il suo originale libro che descrive il nuovo volto della criminalità organizzata a partire dal guardaroba dei boss. Rosaria Capacchione, che non ama i riflettori ed il giornalismo di opinione, si definisce una giornalista che, semplicemente, fa il suo lavoro attenendosi ai fatti, verificati personalmente non fidandosi delle anse, e rettificando se commette un errore. “Sto cercando di raccontare la verità della storia.-spiega- E’ quella verità che può cambiare le cose e le persone, non io”.

Le indagini della giornalista, dalla provincia casertana-“una zona di guerra, dove un giornalista che si è fatto le ossa qui, può lavorare ovunque”- si sono spinte fino al “cinico nord”, al “ricco nord”, dove la camorra non spara ma fa i suoi investimenti e perciò viene tollerata, anche dalla stampa locale che se ne disinteressa.

“A Napoli,-dice la giornalista- invece, non ce la facciamo più a subire per questo il nostro giornalismo va in profondità. Noi subiamo come una vergogna l’essere appestati dalla camorra”. 

Come è cambiata la sua vita privata e quella lavorativa dopo la scorta?

Devo dire la verità. Non ci penso. Perché sono così tanti anni che tratto quest’argomento che mi sono sempre guardata le spalle da sola perché già sapevo di essere in una situazione di questo tipo. Poi finisci per abituarti e diventi fatalista. Quando cominci a vedere i tuoi amici morire di malattia o negli incidenti stradali, pensi che siccome siamo nati dobbiamo pure morire. Quando una situazione di pericolo è reale, concreta, immediata uno evita di rischiare. Ma non è che questo ti può bloccare o paralizzare per la vita. Io vivo.

E’ chiaro che è più difficile fare le indagini, soprattutto perché chi parla con me spesso non vuole far sapere di conoscere fatti e persone. Ed il mio primo dovere è rispettare e tutelare la fonte. Ho una grande famiglia e ho dei grandi amici. Sono circondata da persone straordinarie. A nessuno è mai venuto per la testa di potermi dire cosa fare. I miei nipoti sono orgogliosi di me e quando gli insegnanti gli hanno chiesto se hanno paura per la zia  loro hanno risposto di no.

Il tuo libro si apre con una descrizione di un calzino di Pasquale Zagaria. Qual è la moda della camorra.

Qualcuno si è mai posto il problema che esista una moda della mafia? Sai quanti libri sulla mafia io ho? Oltre trecento. Sai quanti altri ne sono stati scritti e non ho? Almeno altrettanto. E quanti film sono stati fatti sulla mafia. E nessuno si è mai posto il problema. E’ vero che tutto è camorra e tutto non è più camorra. Ma certi dettagli sono significativi per capire come sta cambiando la criminalità organizzata.

La libertà limitata della camorra non scoraggia le nuove generazioni di camorristi?

Se uno vede come sono costretti a vivere in un bunker sottoterra penserebbe “chi glielo fa fare”. Però è il potere: comandare è più importante che vivere per loro. Perché se non vengono uccisi finiscono in carcere. Il problema è un altro, tipico di Casal di Principe: al mondo della camorra si avvicinano persone che hanno studiato, proprio per il ruolo diverso che hanno i Casalesi rispetto alla camorra napoletana che è molto più violenta, da banda metropolitana. I Casalesi hanno questa capacità di mimetizzarsi nel mondo dell’imprenditoria, per cui apparentemente svolgono un’attività lecita. Questo sta facendo registrare un aumento di persone aderenti che sono insospettabili, figli di persone per bene, di onesti lavoratori, laureati o ex universitari. E questo è anche molto più pericoloso. Il camorrista casertano sembra uguale a te, puoi averlo a fianco e non lo riconosci. A differenza di Napoli dove arrivato in certe zone, capisci subito: l’orecchino, i capelli in un certo modo.

Perché persone benestanti diventano camorristi?

Tu sei un imprenditore normale, hai difficoltà perché la banca ti ha revocato il fido. Arriva questo signore che ti dice: “Non ti preoccupare. Quanto ti serve? Due milioni di euro? Te li do io! Poi mi fai entrare in quel subappalto, me li riguadagno da lì i due milioni di euro”. E tu dici: “Vabbè, ma io che ho fatto di male. Perché no?”. Poi dopo due anni quello ti viene a chiedere il favore. E tu non puoi dire di no perché ne hai tratto i benefici. All’improvviso appalti impossibili diventano possibili, spariscono misteriosamente concorrenti che rinunciano alla gara. Ti servirebbe un mutuo di 7 milioni di euro. Ma chi me lo fa? Vai in banca e miracolosamente ti fanno il mutuo di 7 milioni di euro senza garanzie. Succedono tutte delle cose meravigliose se fai parte della camorra.

Connivenza con banche e politica, quanto è presente?

Molto. Tutto ciò che ad un comune cittadino è impedito a loro viene dato con grande facilità. C’è un capitolo nel mio libro con un intervento del giudice Piccirillo che parla proprio delle banche dove spiega anche come i tassi di interesse che dalle nostre parti sono molto più alti che al nord, con un sistema che complessivamente spinge l’imprenditoria verso la camorra, dove le banche non sono certamente secondarie e dove la politica non è certamente secondaria. E’ una politica incapace di programmare, di fare scelte serie e compiute. Fa delle scelte a brevissimo termine dove un imprenditore normale non ha possibilità di intervento.

Quale attività è al primo posto tra gli affari della camorra casalese?

Gli appalti. Anche se i rifiuti sono stati il maggiore cespite per almeno vent’anni, però quella è una cosa che non viveva di vita autonoma. La camorra se ne è appropriata successivamente, quello dei rifiuti è un sistema che si regge sulla connivenza di tutta l’Italia. Noi stiamo parlando di una regione dove le industrie non ci sono, mi spiegate chi produce i rifiuti industriali? Una cosa certa è che la Campania ha avvelenato le sue terre consapevolmente ma i veleni non sono i suoi.

Cosa pensi della strage di Castelvolturno e delle accuse rivolte ai ragazzi uccisi?

E’ stato un omicidio indiscriminato. Hanno ucciso un colore, non delle persone. Non bisogna mai ragionare per categorie, non esistono i buoni e i cattivi sovrapponibili ad una categoria. Esistono neri buoni e neri cattivi. Magistrati coraggiosi e magistrati pavidi. Poliziotti corrotti e poliziotti onesti. Da ciò a dire che sono tutti così, non è vero, non lo è mai. E’ una semplificazione pericolosa questa.

A che punto è la lotta della giustizia sul clan dei Casalesi?

Non sono assolutamente stati sconfitti. Due boss che erano latitanti e continuano ad essere latitanti, ormai sono arrivati a 16 anni di latitanza, che comandavano e continuano a comandare. Due che sono detenuti, uno dei due ha i figli maschi che possono agevolmente seguire la loro strada. E l’altro è quello che ha messo su strada a servizio del clan Setola e gli uomini che sparano. Il problema è che se pure tu arresti tutti gli uomini che sparano se non arresti i due latitanti, di uomini c
he sparano ne usciranno 70 al mese. La camorra che spara sta sotto i riflettori ma è quell’altra che conta.

Quanto la personalizzazione dell’anticamorra di Saviano è positiva o negativa?

E’ negativa perché il contributo che ognuno di noi può dare come cittadino all’approfondimento,  allo studio, alla scoperta di un tema non ha niente a che fare con la trasformazione in personaggio o in mito di chi ha fatto quel lavoro. Perché è un lavoro. Mi preoccupa molto un paese che ha bisogno degli eroi per rendersi conto che certe cose sono sbagliate. Questo non ha nulla a che vedere con Saviano, a che vedere con i fruitori di Saviano, per gli altri. Perché mettiamo per assurdo che Saviano viene trovato ubriaco alla guida di una macchina- non so neanche se beve. Che succede? Crolla il mito e diventa legittima la camorra?

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