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Messina Denaro nella relazione della Dia

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Non c’è solo Matteo Messina Denaro.
Nella relazione semestrale al Parlamento la Dia, direzione investigativa
antimafia, relativamente alle indagini condotte in provincia di Trapani
«attesta» l’esistenza di una «cupola». Messina Denaro il capo, ma
con lui a quel tavolo del governo mafioso siedono altre persone. «
In atto – scrivono gli investigatori della Dia – il territorio continua
ancora ad essere suddiviso in 4 mandamenti (Alcamo, Castelvetrano, Mazara
del Vallo e Trapani), che raggruppano 17 famiglie».

Matteo Messina Denaro ha avuto una crescita
esponenziale soprattutto dopo l’arresto di Salvatore Lo Piccolo: «Si
richiama – annota la Dia – quanto accaduto nei mesi scorsi, all’interno
della Casa Circondariale Pagliarelli di Palermo, allorquando, in occasione
dell’arresto degli ultimi favoreggiatori di Lo Piccolo molti dei mafiosi
detenuti, la maggior parte dei quali di origine trapanese, in coro e
con applausi finali, hanno inneggiato al boss latitante. Un modo per
esaltarne ulteriormente la caratura criminale ed esprimere un sentimento
di malcontento nei confronti di “Cosa Nostra” palermitana».
Un passaggio che conferma come è dal carcere che arrivano precisi segnali
di riorganizzazione del mondo mafioso. La Dia registra e spiega la «pax»
mafiosa in corso: «È determinata da esigenze di riorganizzazione interna
ma anche da precise scelte strategiche di politica criminale».

Nel recente periodo però un certo allarme
ha suscitato il delitto di Maurizio Passanante, compiuto a Campobello
di Mazara lo scorso 5 maggio. Le modalità sembrano ricalcare un delitto
di mafia, allo stato c’è un preciso elemento che si coglie: Passanante 
era un incensurato imprenditore agricolo e un mediatore ovicolo, settori
per adesso attraversati da grandi turbolenze. «In tema di collegamenti
con la criminalità organizzata – ripercorre la relazione della Dia
– unico elemento di valutazione è rappresentato dal fatto che la moglie
dell’ucciso, Antonella Moceri è un avvocato che in passato ha difeso
il latitante Messina Denaro, la donna poi è parente di Antonella Cascio
moglie di Salvatore Messina Denaro, fratello del super boss».

Più estorsioni e meno usura a proposito
delle attività condotte da Cosa Nostra trapanese. La Dia evidenzia
anche una serie di segnali positivi. La collaborazione di alcuni imprenditori,
la nascita dell’associazione provinciale antiracket, che si affianca
ad altre già costituite ad Alcamo, Marsala e Mazara. Ma svela un dato:
dal 1° gennaio ad oggi è stata presentata in Prefettura una sola istanza
di accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e
tre  istanze per il fondo antiusura. Il racket colpisce in particolare
le imprese che si aggiudicano appalti pubblici: «I soldi servono per
autofinanziamento e infiltrazione nelle società, per riciclare denaro
e foraggiare i mafiosi detenuti e le loro famiglie». Le richieste estorsive
in alcune occasioni prendono altre forme, diventano imposizione di forniture
e servizi per i cantieri.

Ci sono poi «zone calde» dove vengono
messi a segno i danneggiamenti, Alcamo e il Belice.

La sezione Dia di Trapani ha condotto
importanti indagini che hanno portato all’avvio di procedimenti di applicazione
di misure di prevenzione e sequestro di beni. Tra i colpiti l’imprenditore
castellammarese Mariano Saracino e il «re» del commercio siciliano
Giuseppe Grigoli, appena rinviato a giudizio perchè ritenuto importante
complice del super latitante Matteo Messina Denaro.

Sotto osservazione sono alcuni appalti,
tra questi quello relativo al rifacimento dell’acquedotto di Montescuro
Ovest, un appalto da 82 milioni di euro.

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