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Trapani, mafia e sanità

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Il rapporto che denuncia malefatte e soggetti che se ne sarebbero resi
protagonisti è stato scritto al termine di indagini dalla squadra
Mobile di Trapani. E’ finito poi agli atti della commissione nazionale
antimafia (all’epoca in cui era il senatore di Forza Italia Roberto
Centaro a presiederla), e ancora dopo depositato presso la Dda di
Palermo. È passato attraverso il cordinamento di diversi pm, adesso ad
occuparsene è il sostituto procuratore antimafia Sara Micucci, una dei
componenti del pool di magistrati che si occupano delle indagini contro
le cosche della provincia di Trapani. L’inchiesta riguarda la sanità e
la gestione che nel tempo è stata fatta in provincia di Trapani.

Una indagine che si incrocia per un verso con la morte di Salvatore
Capizzo, un infermiere di 44 anni, originario di Salemi, assassinato a
Mazara nell’ottobre del 2002 sembra alla vigilia di una sua ulteriore
scalata dentro la sanità «convenzionata» del trapanese. Da Mazara era
pronto ad estendere alcuni suoi interessi proprio a Trapani, un killer
lo ha però fermato uccidendolo a Capo Feto. Un omicidio che ancora
resta non risolto, ma gli investigatori sono convinti che una chiave di
lettura potrebbe cogliersi all’interno delle investigazioni sullo
spreco di risorse pubbliche dentro l’Asl 9 che si sarebbe maturato con
la «regia» mafiosa.

Cosa svela questa indagine? In sostanza una «cupola» avrebbe infatti
guidato buona parte di ciò che sino a tempi recenti ha riguardato la
sanità trapanese, progetti e finanziamenti, nomine e carriere di
sanitari e dirigenti, società private, centri di riabilitazione, che in
poco tempo dalla loro creazione hanno assunto ruoli esorbitanti,
riuscendo a riscuotere grandi cifre per rimborsi di prestazioni, soldi
che una volta liquidati avrebbero preso direzioni diverse, per
foraggiare politici e mafia.

La commissione nazionale antimafia presieduta dal sen. Centaro dopo
avere! raccolt o quei documenti nella relazioni di maggioranza e di
minoranza conclusive prima dello scioglimento della legislatura in cui
ha operato, aprlando di sanità trapanese ha fatto i nomi di possibili
referenti del malaffare, il politico indicato è stato l’ex deputato
regionale Pino Giammarinaro, il mafioso il super latitante Matteo
Messina Denaro che avrebbe anche usato mezzi della sanità per le sue
fughe ed i suoi spostamenti: un’ambulanza per qualche tempo sarebbe
stata usata per muoversi tra Trapani, Palermo e guarda caso Bagheria
che in Sicilia è dimostrato essere stata una città caposaldo degli
affari mafiosi nella sanità.

L’individuazione di una serie di centri «con le spalle ben coperte»,
appoggi e sostegni che secondo le risultanza investigative si trovano
sul fronte politico quanto su quello di Cosa Nostra, è solo uno degli
aspetti di questa inchiesta, ma ci sono anche le «raccomandazioni», una
sessantina quelle individuate dai poliziotti della squadra Mobile
diretta dal vice questore Giuseppe Linares, segnalazioni che sono
passate anche sul filo del telefono, riguardanti medici e funzionari
amministrativi.

Tutto sembra essere stato favorito dall’assenza di
adeguati controlli a livello regionale. Nessuno dall’interno
dell’assessorato regionale alla Sanità mai ha avuto da contestare nulla
ai diversi manager della sanità pubblica che si sono succeduti, tutto
questo almeno fino a prima dell’insediamento del nuovo assessore, l’ex
magistrato Massimo Russo che da pm della Dda di questa indagine si era
pure interessato.

Una indagine quella trapanese che costituisce l’altra faccia della malasanità che non è fatta solo di errori in sale operatorie.

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