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La scalata della “Camorra imprenditrice”

Di No.Fe. il . Campania

Si guarda intorno come se si trovasse tutto ad un tratto catapultata in un mondo non suo Rosaria Capacchione oggi a Roma alla sede della Federazione nazionale della Stampa per  presentare il suo libro “L’Oro della Camorra” (edito da Rizzoli). In  questa che è una delle rare uscite pubbliche della cronista del Il Mattino di Caserta, si intravede oltre lo sguardo schivo di Rosaria la sensazione che questa volta siano tollerati i flash dei fotografi e l’ attenzione delle telecamere. Rosaria si concede, e lo fa a modo suo, entrando subito a gamba tesa sul luogo comune che oggi vede “di moda” scrivere di Camorra  e dei Casalesi. Lei che ha seguito con costanza e fatica la cronaca quotidiana raccontando la scalata dei Casalesi, il loro passaggio dall’imprenditoria di settore agli investimenti nel cemento, dal racket ai rapporti con la politica locale, commenta: “non capisco perché si debba ritenere una moda scrivere libri sulla Camorra, quando c’è tutta un’intera letteratura e filmografia sulla mafia”.

Per fortuna che oggi la possiamo raccontare, sembra dire, la cronista di Caserta. Che questo non è un libro fra tanti, però, lo sottolineano magistrati e giornalisti presenti all’incontro. “Il lavoro di Rosaria in questi anni – dichiara il magistrato Raffaele Cantone – non è stato solo di cronaca; i suoi articoli spesso sono stati anche per me occasione di comprensione ulteriore delle carte sulle quali giornalmente lavoravamo, io da Pm e altri come giornalisti. Per questo – conclude il giudice Cantone – questo libro è destinato a restare, ad essere studiato”. Si intravede fra il magistrato oggi trasferito altrove, ma protagonista delle principali inchiesta raccontate da Rosaria Capacchione in questo libro, e la cronista casertana quel sano e reciproco rapporto di stima che quando si sviluppa fra magistratura e giornalismo, è preludio di un’ informazione maggiormente autentica, non urlata, seria. Così è stato  anche per loro e lo raccontano in sala convergendo anche su un dato. “C’è il rischio che l’attenzione che oggi è alta, anche da parte dei Media, con qualche cattura eccellente e qualche rapido pentimento (di quelli da un quarto d’ora dopo l’arresto) svanisca sottovalutando la reale entità del fenomeno camorristico.

La strategia stragista della Camorra è una scelta, e il silenzio che ne seguirà non deve ingannare l’informazione. Lo ribadisce anche Roberto Natale della Federazione nazionale della Stampa, che da più di un anno condivide anche con Rosaria  battaglie che hanno portato la Federazione giù sino in Campania, a Caserta,  per difendere la libertà di stampa e il diritto di cronaca dei colleghi giornalisti. “Ci tengo a ricordare – commenta Natale – che la Federazione ha in cantiere la nascita di un Osservatorio sui cronisti minacciati e sulle notizie che non si riescono a dare. Vogliamo che i colleghi che lavorano in queste aree occupandosi di mafie e altre inchieste difficili, non si sentano soli. Non siano soli”.

Anche segretario della Fnsi  e dall’Unione cronisti italiani rappresentato dal  Franco Siddi e da Claudio Colomba, arriva un monito rivolto direttamente alla categoria nel ricordare che se molti giornalisti in prima linea rischiano così tanto è anche perché molti altri si sono tirati indietro o come ribadisce –   Roberto Natale –  “si sono appiattiti su una cronaca concentrata sui fatti di sangue, seguendo un ottica distorta di cosa sia davvero fare cronaca”.

“C’è anche la Campania del positivo non raccontato – commenta nel suo intervento il presidente di Libera Informazione Roberto Morrione – c’è in cantiere la nascita di una cooperativa di Libera Terra proprio su quelle terre confiscate ai boss dei Casalesi; ci sono iniziative e proposte che sono indirizzate dai giovani di quelle terre, come la nascita di una scuola di giornalismo; c’ è l’associazione intitolata a don Peppino Diana, parroco ucciso dalla Camorra, che sostiene e promuove questa ed altre realtà positive in terra di Camorra; ci sono – conclude Morrione – due carovane antimafie in cammino per l’Italia (in Lombardia e Sicilia) nate dalla collaborazione di Libera, Arci e Avviso pubblico, per promuovere sui territori la richiesta di diritti e legalità in tutto il Paese.

Una terra, quella della Campania, che oltre alla Camorra ha conosciuto anche nel giornalismo i fiancheggiamenti e le omissioni, quando non gli attacchi diretti, come commenta Lorenzo Diana di Articolo 21.info, “per questo chiederemo con alcuni emendamenti che anche le testate giornalistiche siano obbligate a presentare il certificato antimafia”. Di testate in mano alla Camorra ne aveva parlato già un anno e mezzo fa, alla nascita di Libera Informazione, l’ex segretario della Federazione nazionale della Stampa, Paolo Serventi Longhi, riferendosi proprio a due testate del Casertano. Persino le frequenze radiotelevisive, secondo alcuni, sarebbero da tempo in mano ai clan.  E il segretario Franco Stiddi dell’Ordine dei Giornalisti lancia un appello: “E’ necessario fare pulizia all’interno della categoria, io non ne ho gli strumenti, ma è necessario farlo”.

Ciò detto rimane un interrogativo: se l’ordine non ha gli strumenti chi ce li ha? A chi spetta il compito?

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