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Mafia: blitz contro cosca Santapaola a Catania, 24 arresti

ANSA il . Sicilia

Carabinieri del comando provinciale di Catania stanno
eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti
di 24 presunti appartenenti alla cosca Santapaola-Ercolano. I reati
ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa finalizzata alla
commissione di omicidi, estorsioni, rapine, furti e riciclaggio di
denaro e beni di provenienza illecita. L’inchiesta, secondo quanto si è
appreso, avrebbe fatto luce anche su una serie di tangenti imposte a
imprenditori edili che erano costretti a comprare il cemento da imprese
‘amiche’ della cosca. Le indagini dei carabinieri, durate due anni,
avrebbero accertato anche i collegamenti tra la frangia del clan
Santapaola che opera nella provincia e Cosa nostra di Catania. I
provvedimenti restrittivi, in corso di esecuzione da parte di oltre 200
militari dell’Arma, sono stati emessi dal Gip Antonino Fallone su
richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Gennaro e dei sostituti
della Dna, Carmelo Petralia, e della Dda, Agata Santanocito.

Roberto
Faro, 19 anni, e Giuseppe Salvia, 29, furono assassinati l’11 giugno
del 2006 a Paternò perché erano due ladri non ‘inquadrati’ nelle cosche
locali che avevano messo a segno dei furti di materiale edile e di
carburanti in cantieri ‘tutelati’ da Cosa nostra. E’ quanto emerge
dall’operazione ‘Padrini’ dei carabinieri del comando provinciale di
Catania contro 24 presunti appartenenti al clan Santapaola-Ercolano. I
sicari non esitarono a sparare contro gli obiettivi dell’agguato
nonostante la presenza del figlio di Salvia, che allora aveva 7 anni, e
che rimase gravemente ferito. Per quell’episodio sono indagate, tra
mandanti ed esecutori, quattro persone, arrestate nei giorni successivi
dai carabinieri: Salvatore Assinata, di 36 anni, figlio del presunto
boss Domenico, Alfio Scuderi, di 35 anni, Giovanni Messina, di 44, e
Benedetto Beato, di 26. Durante i due anni di indagini sulla cosca gli
investigatori hanno anche impedito una vendetta trasversale nei
confronti di un proprio affiliato ‘colpevole’ di avere un fratello
collaboratore di giustizia.

Ci sono anche la gestione di
appalti, e servizi pubblici e presunte pressioni per impedire od
ostacolare il libero esercizio del voto in occasione di consultazioni
elettorali al centro dell’inchiesta Padrini della Procura della
Repubblica di Catania. Secondo quanto si è appreso, gli episodi
riguarderebbero un paese dell’hinterland etneo. Durante l’operazione i
carabinieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito, in
esecuzione di un provvedimento del Gip Antonino Fallone, il sequestro
preventivo di imprese edili e società di intermediazione finanzaria e i
loro conti correnti bancari ritenute riconducibili a presunti
appartenenti ala cosca.

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