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Genitori di Salvatore Giuliano a processo
Per le minacce al cronista Capezzuto

Di Stefano Fantino il . Campania, Dai territori

Non era la prima minaccia. Già nel
2005, Arnaldo Capezzuto, giovane cronista napoletano, aveva ricevuto
inquietanti avvertimenti. Quel 19 gennaio 2006 era fuori dalla
redazione per lavoro, quando un anonimo, con voce contraffatta,
contattava telefonicamente la segreteria del quotidiano “Napoli
più”: «Sadda’ fa e cazzi suoi Capezzuto ‘o si no ‘o sparammo».

Questa telefonata minatoria si andava a
sommare a una serie di minacce, ricevute dal giornalista partenopeo,
e regolarmente denunciate, da parte di familiari di Salvatore
Giuliano, il camorrista condannato a venti anni per l’omicidio della
giovane Annalisa Durante.

Oggi 28 novembre in conseguenza di
quelle denunce, si apre il processo davanti al giudice monocratico
Antonio Panico , della XI sezione penale del tribunale di Napoli. A
finire sul banco degli imputati sono in cinque. Luigi Giuliano e
Carmela De Rosa, padre e madre di Salvatore Giuliano; Guglielmo
Giuliano, zio di Salvatore; Gilda D’Angelo e Salvatore Turino.

Il capo di imputazione è relativo alle
minacce rivolte non solo a Capezzuto, ma anche a Luigi Merola, allora
sacerdote della parrocchia di San Giorgio Maggiore a Forcella. I
coniugi Giuliano invece sono chiamati a giudizio per «aver in più
occasioni minacciato Arnaldo Capezzuto, giornalista del quotidiano
“Napoli Più”», specie in riferimento alle udienze del 2005 nel
corridoio di uscita dell’aula 114 del Tribunale della IV Corte
d’Assise di Napoli. Lì il giornalista stava seguendo il processo che
vedeva imputato il figlio dei Giuliano, Salvatore, accusato
dell’omicidio della giovane Annalisa Durante, uccisa il 27 marzo
2004, dopo uno scontro a fuoco tra camorristi.

Capezzuto, raggiunto telefonicamente da
Libera Informazione non nasconde la soddisfazione perchè, al
processo, l’Ordine dei Giornalisti si costituirà parte civile:
«Penso sia un segno veramente importante anche per i tanti colleghi
che subiscono queste intimidazioni. Anche la Camera Penale di Napoli
offrirà un suo staff di avvocati che si affiancheranno al mio legale
Cesare Amodio».

A motivare le minacce sarebbe stato il
fastidio provato dai Giuliano nel leggere gli articoli di Capezzuto,
in particolar modo dopo la morte di Annalisa Durante. Proprio da
quell’omicidio infatti fu scosso profondamente l’ambiente di
Forcella, come ricorda lo stesso Capezzuto: «Forcella venne scossa
da un’emozione profonda che toccò tutti gli abitanti del
quartiere, anche perché tutti conoscevano il padre di Annalisa,
Giovannino Durante. Rialzarsi da quel baratro dove Forcella era
caduta sembrava molto difficile, in un quartiere roccaforte
inespugnabile del clan. Il lavoro da parte del padre di Annalisa –
continua Capezzuto- fu quello di agire diplomaticamente cercando di
convincere chi sapeva qualcosa sul delitto della figlia a
testimoniare. Questo rappresentò una importante testimonianza per il
quartiere, un segno di speranza».

Nel frattempo Arnaldo Capezzuto
continuava il suo mestiere di cronista. Le sue denunce toccano spesso
il clan Giuliano. Ad esempio nel caso della scuola ristrutturata e
intitolata ad Annalisa Durante. Lì i Giuliano hanno costruito: abusi
edilizi, balconi sul tetto della scuola intitolata alla vittima della
camorra (vedi prima pagina del giornale). In seguito a queste denunce
il Comune di Napoli fa abbattere gli abusi del clan: «Ero andato
sopra un terrazzo per poter fotografare quel balcone abusivo. Nel
settembre 2005 il Comune – dice Capezzuto – lo ha fatto
abbattere. Rappresenta, quel gesto, un simbolo di rinascita per il
quartiere».

Intanto ad aprile 2005 si era aperto il
processo per l’omicidio di Annalisa. Un processo che dopo poco tempo
prende una strana piega. I testi che hanno visto qualcosa, durante la
sparatoria, repentinamente cambiano le loro deposizioni. Smorzando e
attenuando le testimonianze diventa più lasca la possibilità di far
condannare Giuliano. Capezzuto segue il processo per il suo giornale
e racconta di strane visite a casa dei testi e le possibili
intimidazioni per far cambiare la versione in tribunale. E le
reazioni non si fanno attendere. In aula Arnaldo Capezzuto viene
ripetutamente avvicinato dai parenti di Giuliano almeno in due
occasioni. Il 2 luglio invece alla parrocchia di San Giorgio viene
recapitata una lettera anonima di minacce rivolta a Capezzuto e a don
Merola. La lettera, che si conclude con il disegno di due pupazzi
decapitati, fa riferimento all’insistenza del giornalista nello
scrivere sempre in prima pagina le notizie contro i Giuliano. E una
molotov viene recapitata a casa del padre di Annalisa Durante

«Il 29 ottobre- dice Capezzuto- in una
pausa dell’udienza del processo per la morte di Annalisa , i genitori
di Giuliano mi avvicinano fuori dall’aula dicendo che scrivo sempre
delle minacce, delle intimidazioni».

Le denunce vengono affidate al giudice
Raffaele Marino, all’epoca sostituto procuratore a Napoli, oggi
procuratore aggiunto a Torre Annunziata, che acquisisce due anni di
articoli di Capezzuto e apre un fascicolo, dando il via al filone di
indagine relativo alle testimonianze pilotate nell’ambito del
processo sulla morte di Annalisa Durante. Ora parte il processo per
le intimidazioni ad Arnaldo Capezzuto e a don Merola. Per il
cronista la grande soddisfazione per la costituzione di parte civile
dell’Ordine degi Giornalisti della Campania, segno incisivo da parte
degli organi di categoria a sostegno dei colleghi: «Si sente la
necessità di azioni concrete che vadano oltre una certa solidarietà-
conclude Capezzuto- questo è un gesto altamente simbolico».

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