Antimafia, Gibiino: “Protagonisti del cambiamento sono i giovani”
Sabato 8 novembre
la Carovana Antimafie di Libera, Arci e Avviso Pubblico ha fatto tappa
a Verona. Nell’aula magna dell’università scaligera circa un centinaio
di persone ha ascoltato gli interventi di Walter Mescalchin, responsabile
di Libera Veneto, di Guido Papalia, procuratore generale della Corte
d’appello di Brescia, di Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di
Avviso Pubblico, di Enrico Varali, avvocato esperto d’immigrazione,
e di Salvatore Gibiino, presidente della cooperativa Pio La Torre di
San Giuseppe Jato (Pa). Moderatore dell’incontro, intitolato “Mafie
al Nord tra stereotipi e realtà”, è stato il giornalista Ferruccio
Pinotti. In apertura del dibattito, Mescalchin ha espresso solidarietà
a don Marcello Cozzi, prete antimafia di Potenza destinatario di recenti
minacce di morte. Il procuratore Papalia ha affermato: “Il fatto stesso
che la mafia continui ad operare è un fatto negativo, che inquina la
democrazia, che deve preoccuparci e che ci deve far sentire tutti uniti
nel combatterla”. Il magistrato ha sottolineato che la mafia si è
globalizzata ma che non si presenta allo stesso modo in ogni luogo.
E’ necessario distinguere due livelli. A livello locale, nei luoghi
tradizionalmente conosciuti, la mafia “ricerca il potere attraverso
il radicamento”. “La mafia radica il suo potere controllando le
attività lecite, ad esempio, attraverso l’estorsione” ha spiegato
Papalia. Uno strumento con il quale il mafioso assicura all’imprenditore
la protezione. A livello globale, la mafia “cerca maggiore espansione
del mercato criminale per arricchirsi, per riciclare il denaro che proviene
da attività illecite consumate in altri territori”. Lo stesso Papalia,
che per lunghi anni ha guidato la procura di Verona, ha proceduto in
passato contro esponenti del clan Piromalli e della cosca Contorno.
Pierpaolo Romani ha ricordato che tra Verona e Vicenza vi sono sodalizi
criminali della ‘ndrangheta calabrese. In Veneto, i mafiosi trattano
e spacciano droga ed investono economicamente nel circuito legale. “I
Casalesi sono arrivati a Vicenza”, ha poi evidenziato. Su oltre 6mila
operazioni sospette, 443 si sono verificate in Veneto (352 le segnalazioni
giunte da enti creditizi). “Chi non segnala nulla sono invece le agenzie
immobiliari, i commercialisti, i notai ed i revisori contabili” ha
aggiunto Romani. Il clan Licciardi avrebbe operato anche sul Garda.
“Il Veneto – ha detto – conosce la mafia come impresa anche nelle
eco-mafie: ci sono imprenditori che si avvalgono dei Casalesi e di Cosa
nostra siciliana per smaltire i rifiuti tossici nocivi”. In Veneto
i beni confiscati alla mafia sono 71, dei quali 22 nella provincia di
Verona. “La mafia – ha affermato Romani – ha bisogno di entrare in
contatto con politici, magistrati, forze dell’ordine e colletti sporchi”.
Senza il consenso sociale, è stato detto, i mafiosi non sarebbero così
forti come sono. “Per sconfiggere la mafia dobbiamo disgregare il
consenso sociale” ha dichiarato Gibiino, trentenne. Il presidente
della cooperativa Pio La Torre, la quale coltiva i terreni confiscati
ai boss mafiosi, ha dichiarato: “In noi deve maturare non la paura
ma la coscienza civile”. “I giovani – ha detto il determinato e
coraggioso giovane siciliano – sono i veri protagonisti del cambiamento
perché coinvolgono altri giovani, hanno la capacità di trasmettere
l’entusiasmo, che è contagioso”. Bisogna insomma ritrovare la forza,
come cittadini, di mettersi in prima linea assieme ai prefetti e alle
forze dell’ordine. Gibiino ha ricordato che quei terreni, un tempo di
proprietà dei mafiosi del calibro di Riina e di Brusca, sono intrisi
del sangue di innocenti e di servitori dello Stato. Su quegli ettari
sottratti alla criminalità organizzata ora si produce grano, olio,
vino, miele. Quando si coltivano quei campi, perciò, si avverte proprio
la sensazione che “voltare la fetta di terreno significa voltare pagina”,
ha testimoniato Gibiino.
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