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La carovana antimafia a Modena per parlare di “Sicurezza e Legalità “ con Don Luigi Ciotti.

Di Giovanni Tizian il . Dai territori, Emilia-Romagna

“Noi tutti avremo vinto quando
i senza volto, i senza nome, i senza casa, gli incerti del nome, i proibiti
del nome saranno riusciti nelle loro capacità e nelle loro ricchezze
umane”.  Con queste parole di Pietro Ingrao Don Luigi Ciotti
ha riscaldato i cuori della platea all’incontro “Sicurezza e Legalità”,
tenutosi a Modena nella sede della Cgil, nell’ambito della carovana
antimafia giunta nella città emiliana il 31 ottobre scorso. Un incontro
in cui si è parlato delle fobie costruite ad hoc e sospinte da quel
vento intollerante e xenofobo che soffia sulla nostra quotidianità.
Una riflessione sulle reali disfunzioni del nostro sistema societario
in cui “aumenta lo stato penale ma si annulla lo stato sociale”.
Si è ragionato sull’evanescenza del welfare state, di uno stato che
si prende cura di tutti i cittadini in maniera uguale e senza distinzioni, 
lascia ai margini le fasce deboli della popolazione. Emargina gli immigrati
rendendoli vulnerabili e facile preda degli interessi mafiosi che con
il lavoro nero li sfruttano, calpestando la loro dignità di lavoratori.
Come avveniva nel Piemonte del boom economico dove i meridionali subivano
la stessa identica emarginazione degli immigrati presenti oggi nelle
nostre città. Ora come allora messi ai margini delle grandi città,
in quei quartieri ghetto senza storia né anima, non luoghi asettici.
Con gli emigranti del Sud arrivarono, mimetizzati tra le file degli
onesti, boss mafiosi e semplici affiliati che in quei non luoghi trovarono
le condizioni adatte a ricreare quel clima di terrore e sottomissione
tipiche dei territori d’origine delle mafie. Tuttora si vedono quei
frutti malati di uno sviluppo urbanistico slegato dai bisogni effettive
di relazione e socialità necessari per lo sviluppo di una comunità
integrata. Gli imprenditori della paura che hanno fomentato la paura
dello straniero sono riusciti a camuffare la realtà dei dati secondo
cui solo il 2% dei regolari stranieri commette reati(dati del Viminale).
“Gli stranieri concorrono per il 9% alla produzione del Pil nazionale-
Spiega Donato Pivanti, segretario Cgil Modena- e non hanno nemmeno diritto 
di scegliere i loro rappresentanti, questo è un assurdo. Ci sono 6.000
stranieri che aspettano il riconoscimento a Modena, e quando arriverà
loro il permesso sarà già da rifare”. Si comprende che in una situazione
del genere è molto difficile non cadere nella clandestinità per gli
stranieri costretti a lungaggini burocratiche che non possono permettersi.
La clandestinità crea emarginazione ed essa è la causa della devianza.
La fame, l’esclusione sociale, la clandestinità concorrono a trasportare
gli stranieri nelle grinfie degli imprenditori senza scrupoli, mafiosi
e non, che utilizzano la loro forza lavoro in nero oppure finiscono
al servizio delle mafie per lo spaccio nelle piazze. Il loro destino
di esclusi li porta verso la peggiore delle strade mentre basterebbero
maggiori strumenti di tutela sociale e maggiore prossimità verso i
loro bisogni per spezzare un circolo vizioso che aumenta le stigmatizzazioni
verso gruppi sociali, definiti dalle autorità, “a rischio”.

Molte contraddizioni deviano
il percorso di legalità che l’Italia dovrebbe necessariamente seguire,
ad esempio quel 55esimo posto nella classifica sullo stato della corruzione
nel mondo che dovrebbe far riflettere e provocare indignazione. Eppure
si teme il ladro che entra nella villa e nell’appartamento più di
ogni altra cosa. Più anche delle banche e della logica perversa della
finanza che deruba i risparmiatori, prima illudendoli di un facile guadagno
e successivamente bruciando i loro profitti virtuali e i risparmi reali.
Quantomeno il ladro d’appartamenti ci mette la faccia e se colto in
fragrante va in galere, le banche non ci mettono neanche la faccia!

Secondo Don Luigi Ciotti “la
crisi finanziaria ed economica è frutto dell’egoismo e dell’individualismo
sfrenato dei nostri giorni, un sistema che ha perso ogni barlume di
etica” che non riesce a cogliere i bisogni dell’altro portatore
di bisogni diversi dai nostri. Bisogna prestare molto attenzione ai
pericoli reali della società in cui viviamo evitando di attuare semplicemente
politiche repressive incapaci di curare le cause del crimine. La tendenza
odierna vede l’affermarsi della politica dell’emergenza a discapito
di una più razionale e meno istintiva ricerca della cause prime della
devianza e del disagio che provoca allarme sociale. Ogni fenomeno ha
una causa e reprimere solo gli effetti conduce in un vicolo cieco. Le
mafie poi sono sempre pronte a sfruttare ogni fattore disponibile, sono
sempre pronte a trasformare in beneficio la disgrazia e la disperazione
degli emarginati e delle fasce più disorientate. Ma la mafia sembra
non destare allarme sociale, non produce una levata di scudi come il
reato dell’immigrato. Forse perché le logiche mafiose del risparmio
sui costi del lavoro e sui costi sociali fa comodo a una buona fetta
della classe dirigente che non si azzarda a fomentare l’odio verso
il mafioso?

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