O.5 Dai marciapiedi di Perugia una storia di mafie invisibili
“Avevo solo 17 anni quando sono stata condotta in Italia da un parente di mia madre che aveva promesso di trovarmi un lavoro – diceva che sarebbe stato facile per me, per noi, mettere insieme i soldi per poi tornare nel mio paese e ricominciare una vita migliore”. Era solo una scelta temporanea, “si è trasformato in un inferno”, lasciandole solo una gran voglia di scappare da qui.
Queste parole ce le sussurra con diffidenza e in uno stentato italiano misto ad altri idiomi, Irina (il nome è di fantasia), incontrata in una di questi cortili esterni alle palazzine residenziali del perugino, risultato dello spostamento della linea di prostituzione verso l’interno della città. Lo fa dal suo spazio, quello che gli anni assegnato, perché c’è stata una sorta di divisione in aree di “battuta” (così le chiamano…). Nonostante questa vita le abbia tristemente rese tutte uguali agli occhi del passante, Irina ha ancora lo sguardo di chi, con la testa, è libera, è in un altro luogo.
Non abbiamo potuto chiedere di più (alcuni sguardi furtivi intorno ci hanno fatto capire che da qualche parte colui che li le ha messe, continua ad osservarne l’operato) non abbiamo voluto (il tempo per loro è stabilito dalla notte e dai clienti). Di lei dunque sappiamo solo che viene dalla nigeria e che la “vita” la conduce fra i marciapiedi di Madonna Alta e quelli di Fontivegge e solo di rado il suo “gestore” la porta in un locale notturno poco fuori Perugia (forse un night) per alcune serate. Le chiediamo se sa di altri uomini coinvolti in questo affare, se il suo capo dipende da qualcun altro e se questo qualcuno è italiano.
Lei risponde che non sa nulla, con molta fretta ed un pizzico di dolorosa ironia ci dice che i suoi aguzzini sono nigeriani e albanesi (un dato strano poiché nel mercato della prostituzione dovrebbero essere concorrenti) ma che italiani sono tutti i suoi “clienti”, umbri ci tiene a precisare, come se ormai di quel popolo della notte sapesse davvero di più di quanto di giorno possa scoprire su fatti contingenti che la riguardano, e fra gli altri, anche: chi ha in mano il suo documento d’identità.
Le mafie nel capoluogo perugino le abbiamo incontrate anche così in questo viaggio nel numero zero delle infiltrazioni mafiose ed è ancora quel business che nell’altra Umbria, con tecniche mafiose ruba l’aria e persino la parola, rendendo omertose e complici anche le sue vittime esattamente come fanno i mafiosi nei quartieri di Palermo attraverso il pizzo.
Ne più ne meno, di mafie si tratta.
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