La sottile linea rossa: criminalità ed alta politica in Croazia all’indomani dell’omicidio di Ivo Pukanic.
Criminalità
organizzata ed alta politica. Sembrerebbe lo scenario ideale per descrivere
l’Italia, e invece è la vicina Croazia ad esserne investita. Dopo
il duplice omicidio di Ivo Pukanic e Nino Franic a Zagabria, il paese
è profondamente scosso dalla forza dimostrata dalle mafie. L’autobomba
che ha ucciso i due giornalisti è esplosa in pieno centro, a pochi
isolati dal quartier generale della polizia. Tuttavia il fenomeno della
criminalità organizzata non è nuovo in Croazia. Ciò che è nuovo
è l’atteggiamento assunto dalle forze politiche, ed è proprio questa
novità a sollevare degli interrogativi interessanti. Perché le istituzioni
croate hanno deciso soltanto in questo frangente di dichiarare guerra
alle mafie? Non che gli ultimi avvenimenti siano stati poco significativi:
minacce a giornalisti e a funzionari pubblici, regolamenti di conti
tra clan avversi, permeabilità alla criminalità transnazionale, e
così via. La differenza sta tutta nella figura di Ivo Pukanic, personaggio
a cavallo tra due mondi: mafia ed alta politica. L’omicidio di Pukanic
è un chiaro messaggio che il crimine organizzato ha lanciato alle istituzioni
croate. La giornalista Slovenka Drakulic sul Guardian è molto chiara
nel descrivere questa posizione: “negli ultimi anni, omicidi di boss
mafiosi sono avvenuti nel centro della città, ma non abbastanza vicini
ai circoli del potere. L’omicidio di Ivo Pukanic, tuttavia, sembra
essere molto vicino ad essi: era conosciuto per essere ben collegato,
con una gamba nel mondo criminale e l’altra in quello politico. Non
c’è da stupirsi che il suo omicidio abbia scioccato il governo e
sia stato interpretato come un messaggio politico”.
La linea delle
istituzioni croate è stata di fermezza e celerità. Nel giro di pochi
giorni è stata istituita un’unità speciale della polizia con il
compito di occuparsi esclusivamente del crimine organizzato; sono state
poste in essere quattro corti speciali per portare a compimento in modo
efficace i processi contro le mafie. Sono stati potenziati i programmi
di protezione dei testimoni, e si è attuato un restringimento delle
condizioni carcerarie dei condannati per mafia. Il Parlamento inoltre
ha votato un legge che consente la confisca dei patrimoni ai boss.
“La situazione
è seria e non c’è tempo da perdere. La criminalità organizzata
si è diffusa così tanto da minacciare la sicurezza dei nostri cittadini
e le nostre ambizioni europee”. Parole di Ivan Simonovic, nuovo ministro
della Giustizia, nominato dal capo del governo all’indomani dell’omicidio
di Ana Hodak. Il capo della polizia croata Vladimir Faber, anch’egli
fresco di nomina, ha recentemente incontrato la controparte serba, Milorad
Veljiovic, al fine di realizzare una strategia comune di lotta al crimine
organizzato. “Abbiamo concordato di stabilire squadre comuni per combattere
la criminalità organizzata e comunicheremo su base quotidiana. Questo
omicidio è la prova che c’è un’eccellente cooperazione tra i gruppi
criminali”, ha dichiarato Milorad Veljiovic alla Reuters al termine
dell’incontro. La collaborazione tra le polizie serbe, croate, ma
anche bosniache può dare un contributo significativo alle indagini
in corso, proprio perché la criminalità balcanica agisce su scala
regionale. Due sono le piste che si stanno seguendo ed entrambe portano
a scenari transnazionali: la pista serba e la pista montenegrina.
La prima è
il risultato di una serie di arresti “eccellenti” svolti all’indomani
dell’omicidio Pukanic. Quattro delle dieci persone arrestate in Croazia,
risultano essere esponenti della mafia serba: Slobodan Djurovic, detto
“il Cardinale”, Robert e Luka Matanic, Amir Mafalani. Tutti e quattro
gli arrestati sono riconducibili a Sretan Jocic, meglio conosciuto come
Joca Amsterdam. Killer a soldo della mafia serba, Joca Amsterdam è
divenuto nel giro di pochi anni uno dei perni dei traffici balcanici,
contando anche sull’appoggio dei cartelli colombiani che stanno trovando
nuovi canali per il traffico della cocaina in Europa sud-orientale.
Ricercato da oltre un decennio, Joca Amsterdam, in collaborazione con
il clan del quartiere Surcin di Belgrado, sta dietro alla privatizzazione
di numerose compagnie pubbliche serbe. In Croazia Joca Amsterdam avrebbe
tentato di infiltrarsi nel tessuto economico del paese, acquistando
numerose catene di supermercati con il beneplacito della mafia croata.
Tra i compagni d’affari del boss serbo risulterebbe anche il generale
Vladimir Zagorec, figura attorno alla quale ruotano gli eventi riconducibili
all’omicidio della giovane Ana Hodak, figlia del legale di Zagorec.
L’altra pista
battuta è quella montenegrina. Da quanto riportato dal gruppo giornalistico
croato Necenzurirano, e ripreso da Rinascita Balcanica, i mandanti
dell’omicidio devono essere ricercati nel gruppo criminale montenegrino
che fa capo a Qazim Osmani, detto Felix. Forte di solidi legami con
le istituzioni montenegrine, ed in primo luogo con Milo Djukanovic,
ex presidente ed attuale primo ministro del Montenegro, Qazim Osmani
cerca di riorganizzare le mafie della regione dietro un ben preciso
disegno politico. I reportages pubblicati dal “Nacional”
hanno fatto luce sulla rete dei traffici e dei contatti tra le mafie
balcaniche e la politica montenegrina. Pukanic, infatti, era uno dei
testimoni di punta dell’indagine portata avanti dalla Direzione Distrettuale
anti-mafia di Bari che vede coinvolto lo stesso Djukanovic, recentemente
prosciolto dalle accuse perché tutelato dall’ombrello dell’immunità
diplomatica.
Entrambe le
piste conducono a “livelli superiori” di indagini che vedono coinvolti
personalità di punta della politica croata. Hannes Swoboda, incaricata
dall’Unione Europea a redigere il rapporto sulla Croazia, non usa
mezzi termini riferendosi all’omicidio Pukanic. Da quanto riferisce
Balkaninsight.com, Swoboda ha messo in guardia l’esecutivo croato:
“questo è un enorme passo indietro e il primo ministro Sanader dovrà
finalmente trattare con i pesci grossi”. L’Unione Europea si aspetta
dal paese una seria politica che non risparmi le alte sfere del potere.
Tuttavia, in un paese dove è impossibile distinguere tra mafiosi e
politici è realistico pensare ad una svolta nella lotta contro le mafie?
Come ha scritto la giornalista Slovenka Drakulic: “come può l’establishment
politico dirigere tutti gli sforzi, possibilmente, contro sé stesso”?
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