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“Mutu”, la mafia e lo Stato sociale dell’uomo

Di Rosario Giuè il . Dai territori, Sicilia

A Palermo va in scena il nuovo testo di Aldo Rapè

Approda a Palermo lo spettacolo di Aldo Rapé “Mutu”,  la storia di due fratelli, un prete e un mafioso. Due vocazioni a confronto.  Due uomini sotto lo sguardo dello stesso Dio. Saro e Salvuccio, u parrinu e u mafiusu, muti,  silenziosi per anni, muti per fame e per necessità. I due fratelli, il prete ed il mafioso, Rosario, assassino di professione, e Salvuccio, prete, si rincontrano dopo quasi vent’anni nella casa dove sono cresciuti ed insieme hanno imparato a conoscere la vita.

Due vite diverse che adesso si scontrano all’interno di una gabbia,  metafora di quel focolare domestico regolato da sentimenti e tradizioni centenarie,  tradizioni e comportamenti che sono stati il retroterra  culturale, il brodo di coltura in terra di mafia. Amore e aggressività, volontà di conoscere e fatalismo, attrazione e repulsione, pietà e stanchezza, grandi angosce e piccole gioie, caratterizzano le molteplici gabbie dalle quali i due fratelli cercano di evadere. Le gabbie della propria condizione, le gabbie dei propri sentimenti, le gabbie delle proprie identificazioni, le gabbie delle proprie esperienze multiformi, conflittuali, ambigue, le gabbie dell’incapacità di ricordarsi di se stessi, dimentichi degli “altri” che sono dentro di noi, nascosti dietro maschere diverse. Ma non è solo questo “Mutu” non è uno spettacolo che  rappresenta solo un mondo fatto di violenze e soprusi. Ci porta dentro un mondo certo violento, ma ispirato al Dio cristiano e ad una certa “Chiesa devota” i cui ministri si lasciano liberamente baciare le mani da mafiosi o da politici vicini alla mafia.  “Mutu” è il racconto di una realtà disumana, perciò,  che si contorna di simbologia religiosa. Nel racconto di Aldo Rapé, la fede in Dio è alla base dei contratti tra gli affiliati  e la Bibbia diventa il libro dell’eccellenza, la grande guida per il comando dei boss. E così un profondo senso religioso, la stessa religione e lo stesso credo che anima la Chiesa di Dio,  anima i mafiosi. Ma come è possibile che i mafiosi si presentino come cattolici? Come è possibile che si sentano religiosi? Qui c’è qualcosa che non ha funzionato nell’azione della Chiesa cattolica, nella sua azione secolare, di ieri e di oggi.

Ma l’altra domanda è:  si può uscire dalla gabbia? Sì, in “Mutu” un giorno la coscienza ed il sangue cominciano ad urlare e l’evasione dalla gabbia diventa possibile. Per il regista  Lauro Versari «ogni uomo può trovare un giorno la possibilità di evadere, di sentirsi libero, a condizione che egli sappia rendersi conto di essere in gabbia».

Lo spettacolo “Mutu”, con lo stesso autore Aldo Rapè e Nicola Vero debutta a Palermo sarà rappresentato a Palermo dal 9 all’11 ottobre, con inizio alle ore 21.00fino a sabato 11,  presso la sede dell’associazione Quartaparete (Via Vincenzo Di Marco n.3).

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