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In viaggio a Castelvolturno
tra rifiuti e check point

Nino Gravino il . Campania

“Esercito in strada o meno, a me cambia poco. Sono macellaio, vivo qua da 30 anni, questa terra, certo, la amo, ma io sono qui per lavorare…”. Al signor Alberto di Baia Verde (Castelvolturno) sembra non gli tocchi minimamente il fatto che nella terra che dice di amare, si spara e si ammazza. Per lui è importante andare avanti, campare. “Chiedimi come si taglia un muscolo o se questo pezzo di carne è fresco, ma non chiedermi se tutto questo serve a qualcosa”. Ed intanto continua a scartare i pezzi di grasso dal cosciotto di mucca che parlandomi mi ha mostrato.

Anche la mamma che ho incontrato appena  fuori il supermarket, a due passi dalla sala giochi dove hanno ammazzato Antonio Celiento, pare non faccia attenzione ai militari lì per strada. Continua a dondolare il suo piccolo nel passeggino, mentre il marito in maniera ferma e decisa dice di lasciarli “in pace. A noi non interessa!”.

Sono 500 i militari impegnati nella guerra dello Stato italiano alla camorra. Arrivano dal 186° reggimento paracadutisti della Folgore, agli ordini del Ten.Col. Aldo Zizzo, già capo di stato maggiore della brigata paracadutisti Folgore. Il loro impiego sarà quello di supportare l’operato delle forze dell’ordine che già operano sul territorio. Le operazioni si concentrano da stamattina nei territori compresi tra Villa Literno e Castelvolturno, passando ovviamente per il territorio di Casal di Principe. “Mi sento a casa” ha riferito alla stampa il comandante Zizzo. “Queste operazioni non vanno a sostituire il lavoro delle unità di polizia già attive sul territorio, ma vanno semplicemente a supportarlo”. Un supporto che molto probabilmente serve, ma che ha uno strano sapore.

Mentre ci tratteniamo al primo “check point” l’agente di polizia, coadiuvato da un collega, controlla le auto che passano. Al minimo sospetto le ferma. I militari, perlopiù giovani, spropositatamente gonfiati da un equipaggiamento stile Rambo, stanno a guardare. Qualcuno si mette in posa per la foto di rito. Hanno definito semplici posti di blocco dei “check point”, ovvero punti di controllo all’inglese. Una trovata più comunicativa di questa era difficile trovarla. Il veicolo in dotazione fa bella mostra di sé, parcheggiato alle spalle degli uomini in verde.  Dopo 10 minuti si sale a bordo. Il check point trasloca, si trasferisce da un posto all’altro. Dinamicità è controllo. Forse. Ma la faccia dello Stato è salva, la bella figura è stata fatta, la stampa ha dato il proprio contributo.

La giornata è grigia, non fredda. Ma qui anche quando c’è il sole, le strade ed il territorio non riescono che a mostrare il volto di sé più vergognoso.  Immondizia, degrado, abbandono, e ancora volti scuri, spenti. Chi non si lamenta o è cieco o è connivente. Non ci sono mezzi termini per giudicare chi questo territorio sostiene di amarlo, ma in fondo se hanno ammazzato 6 immigrati, un titolare di una sala giochi, se si spaccia la droga, se dalle 19 in strada ci son solo prostitute, non è un problema. Qui si vive male e si vive ai limiti del pensabile. Qui anche un napoletano rischia la colluttazione per motivi così futili che a raccontarli verrebbe da ridere. Qui il problema non è sconfiggere l’illegalità e la camorra. Qui il vero problema è cancellare definitivamente l’ignoranza, il razzismo, l’arroganza, la prepotenza. Le armi della camorra. Presidiare le strade per dieci minuti o 24 ore, fermare il cinquantenne di passaggio con la sua auto per poi multarlo perché senza cintura, non è la ricetta. La camorra è altro, la camorra è ormai nella gente. E’ una coscienza, uno status, un qualcosa di così ben amalgamato nell’animo di chi vive qua che è difficile da far capire.

Quindicimila immigrati, schiavi che prestano le loro braccia all’agricoltura, all’edilizia, ai lavori che nessuno farebbe, sono una risorsa per chi li sfrutta e sul loro lavoro compra la Bmw metalizzata, con cui sfreccia dopo aver lasciato la sua abituale donna di strada. Perderli sarebbe troppo. Il povero, lo schiavo, la fame, garantiscono in qualche modo la ricchezza altrove. La camorra non fa distinzione se sei nero o bianco. La camorra ammazza chi “sgarra”, chi non si allinea e non li riconosce. Guardatele bene le facce dei killer che escono dalle caserme dopo gli arresti. I loro occhi sprizzano gioia, fierezza. I loro parenti li acclamano ed il giorno dopo mostrano agli amici la foto in prima pagina sul quotidiano locale. Guadagnano  “ ‘o rispett”. Il loro è un percorso ormai definito. Così come per qualcuno è definita la vita qui. La verità è che siamo abituati a tutto ciò, siamo abituati ai cumuli di rifitui, agli sversamenti illegali, agli abusi edilizi, alla prostituzione, allo sfruttamento, alla precarietà, alla prepotenza dilagante…e tra qualche giorno, ci abitueremo anche a 500 uomini in divisa che ci gironzolano per le strade, in attesa della prossima strage.

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