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Vent’anni da Rostagno

Di Norma Ferrara il . Dai territori, Sicilia

Circolano sospesi fra la certezza e il dubbio, in quel via vai di passi svelti sul selciato di Villa Margherita a Trapani. Sono i ricordi contenuti dentro “Ciao Mauro” la quattro giorni di incontri, dibattiti, musica, teatro, sport,  organizzate in memoria di Mauro Rostagno, sociologo giornalista ucciso il 26 settembre ’88, a Trapani, in contrada Lenzi, di fronte alla comunità di recupero Saman (da lui fondata) mentre rientrava da una giornata di lavoro a Rtc, tv locale dalla quale denunciava mafiosi e corrotti della Trapani di fine anni ’80.

La sua vita per questa città rappresenta uno spartiacque fra un prima e un dopo. La  sua morte, invece, è un sigillo su un’epoca che non tornerà. “E’ stata una storia d’amore –  come l’ha definita in questi giorni la compagna Chicca Roveri – quella di Rostagno e Trapani”, fatta di alti e bassi come tutte le relazioni; di straordinaria fiducia, empatia, ma anche gelosie e rancori. Ma soprattutto fatta di verità, merce rarissima, specie nell’informazione.

Trapani, provincia impenetrabile per i media nazionali e locali, negli anni ’80 era tante cose insieme, quasi tutte circondate da un silenzio che garantiva ordine. Un equilibrio pilotato dal  fuoco delle armi ma gestito nei salotti cittadini, come quelli del circolo Scontrino,  dove si incontrarono mafiosi e massoni, per decidere le sorti della città. La stessa nella quale il Comune gestiva un doppio bilancio, uno ufficiale e l’altro sommerso mentre Cosa nostra (durante gli anni del  pentapartito alla guida del Paese) controllava traffici d’armi internazionali presso aeroporti in disuso nei pressi di Milo e Kinisia, con la complicità, sembrerebbe, dei servizi segreti deviati

Alcune di queste storie Rostagno le denunciò dagli schermi di Rtc, altre invece sarebbero contenute, come confermano in molti, nelle Vhs registrate e nei block notes di appunti fittissimi, misteriosamente scomparsi sin dalla notte dell’omicidio, dalla sede della Tv, dalla comunità Saman e soprattutto dalla borsa del giornalista che i sicari svuotarono dopo averlo ucciso. Vent’anni dopo dunque la morte di Rostagno, è un fascicolo aperto, tanto che, segreto istruttorio a parte, il pm Antonio Ingroia, il 26 settembre scorso, proprio dal palco di Villa Margherita a Trapani, ha affermato che non si tratta solo di un omicidio di  mafia –  aggiungendo – “qui a Trapani ci sono ancora persone che sanno qualcosa su questo omicidio e sono in silenzio. Adesso è indispensabile che parlino con gli investigatori”. Un appello, quello del magistrato, che si aggiunge ad un’altra certezza sul caso Rostagno, quella di una morte decisa da una “convergenza d’interessi”.

Ad oggi, solo una recente perizia balistica effettuata dalla mobile di Trapani ha stabilito con certezza che l’arma che sparò a Rostagno quella notte apparteneva all’arsenale della mafia. In un altro Paese, forse in un altro delitto,  sarebbe stato logico da subito. Invece si è perso molto tempo prezioso girando a vuoto, fra piste d’indagine, richieste di archiviazione e testimoni reticenti, insabbiando verità scottanti che intorno a questo omicidio ruotano ancora oggi.

Trapani negli anni ’80 presentava infatti i primi sintomi di quel “sistema” anticipatore della nuova mafia sommersa, quella che, ad oggi,   fa affari e si candida persino alla gestione della cosa pubblica, quella vicina ai salotti della massoneria (come dimostra di recente l’operazione Hiram, nella quale segmenti della massoneria aggiustavano processi per conto di Cosa nostra). E Rostagno aveva intuito gran parte di queste trasformazioni. Anzi peggio, le voleva raccontare ai trapanesi, mentre  negli stessi anni, esponenti delle istituzioni, incuranti dei numeri e dei fatti di sangue, dichiaravano che “la mafia non esisteva”. (Oggi, altri, correggono il tiro asserendo che  “la mafia non c’è più”).

“Ciao Mauro” dunque è stato un  ventennale di svolta, per la memoria e si spera, per le indagini, in una città stretta fra l’orgoglio, l’imbarazzo e l’indignazione. Questa quattro giorni nel nome di Mauro ha restituito un ricordo misurato nei sentimenti e modificato dal tempo. Dal ricordo dei familiari presenti che hanno ringraziato Trapani per il rinnovato impegno, all’intervento di chi ne incrociò il percorso culturale come il giornalista Gad Lerner, a chi prosegue oggi con il proprio lavoro, quella scelta di verità e coerenza, come Lirio Abbate cronista sottoscorta dell’Ansa e Andrea Castellano, giornalista trapanese e esponente del comitato “Ciao Mauro”. Ci sono infine i sentimenti di chi Mauro l’ha conosciuto da cittadina, come quello della madre di un ragazzo tossicodipendente, ospite Saman, che ricorda (in video) quel “Mauro, amico che apriva i microfoni ai concittadini e quel terapista che sapeva stare accanto ai ragazzi e ai genitori, in maniera discreta, delicata, unica”. Alla Rostagno, insomma.

E poi ci sono, e va detto, simboli di un passato  che mancano. Radio Tele Cine,  oggi è una di quelle cose che a Trapani non c’è più.  insieme a Mauro Rostagno. E mancano anche i colleghi di Rtc, quasi tutti rinchiusi legittimamente in un silenzio difficile da decifrare, sintomo che vent’anni cambiano molte cose: anche i ricordi e le persone.  Ciascuno da questo ventennale porterà con se un frammento di quel “Mauro dell’anima” che neanche la lupara di Cosa nostra e poteri forti sono riusciti a cancellare dalla memoria individuale e collettiva dei cittadini.

Forse perché quella fra Rostagno e  la città di Trapani è  davvero una storia di amore e verità, due sentimenti rivoluzionari e antimafiosi. 

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