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Napoli ricorda Siani, 23 anni dopo
Inizia la marcia del 21 marzo

Di Stefano Fantino il . Campania, Dai territori

Sono passati ventitre anni dalla morte di Giancarlo Siani e sembra ieri. Ventitre anni da quella sera del 1985 quando due sicari della camorra lo uccisero nei pressi della sua casa al Vomero, dove stava tornando dalla sede del Mattino.  Delle migliaia di parole spese nel ricordo del giovane cronista, oggi, le più forti sono quelle che riguardo “l”attualità” della sua figura e del suo operato. Attuale per i contenuti delle sue inchieste che sembrano scritte al giorno d’oggi, ma non solo. Non è infatti da dimenticare che Giancarlo era un “abusivo”, un corrispondente precario da Torre Annunziata che solo nei giorni precedenti alla sua barbara esecuzione aveva, finalmente, accarezzato la possibilità di essere assunto in pianta stabile al quotidiano partenopeo. Una situazione simile a quella che in questi giorni vede coinvolti centinaia di ragazzi che al Sud (ma non solo) vivono il mondo del giornalismo  sotto il segno di un precariato insostenibile e limitante.

Grande merito va al fratello di Giancarlo, Paolo, per avere negli anni portato avanti la memoria del cronista, non stancandosi di promuoverne i valori civili, umani e professionali. Gli assomiglia parecchio, il pediatra Paolo. Se non fosse per la chioma bianca che lo fa notare subito in mezzo alla folla. Mi ricordo ancora delle sue parole, quando quasi tre anni fa lo intervistai, da giovane laureando per una tesi che analizza il caso di Giancarlo e di un altro grande giornalista ucciso, Pippo Fava. «Mi fa molto piacere sapere che la storia di mio fratello ha indotto uno studente del Nord a scrivere una tesi di laurea. Portare la  memoria di mio fratello nelle scuole, nelle università è un compito che mi prefiggo quotidianamente» mi raccontò Paolo Siani.

Il premio Siani, voluto e sostenuto da Paolo e ora giunto alla sua quinta edizione, ha saputo coniugare questo dovere della memoria con la ricerca di giovani interessati alla professioni, capace di ridare linfa, tramite tesi di laurea, pubblicazioni, articoli, reportage ad un modo di fare informazione, giornalismo, cultura non dissimile da quello portato avanti da Giancarlo. Quel Giancarlo definito «in missione al servizio della verità e della giustizia». Parole di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica. Parte di un telegramma che il capo dello Stato ha inviato a Napoli e che sono lette nella piccola sala del Mattino che vede assiepati, giovani, cronisti, direttori di giornali, in occasione della premiazione in ricordo di Siani.

Poco prima nel quartiere Arenella una corona di fiori era stata posto sulle rampe Giancarlo Siani, intitolategli da qualche anno. Ora, quasi all’ora di pranzo, va in scena il ricordo ufficiale: presenti tutti gli organi di categoria che con ricordi più o meno sentiti si alternano al microfono.  La presenza in sala di Rosaria Capacchione non può far distogliere lo sguardo dalla situazione vissuta da molti giornalisti: una vita bindata e insostenibile. Schiacciata da una criminalità organizzata invasiva e intimidatoria e da alcune leggi che minacciano l’operato dei giornalisti, come sottolinea un intervento di Guido Columba dell’Unione nazionale cronisti italiani.

Ma la voce più profonda sembra essere quella di Adele Viccaro,  studentessa della Federico II , vincitrice conun lavoro riguardante gli “anni di piombo e lo stragismo: rapporti e interazioni con la stampa”  per “per la ricostruzione attenta e puntigliosa dei legami tra stampa, mafia, P2 e servizi segreti durante quegli anni difficili”. Cita Pasolini Adele, “Cos’è questo golpe? Io so”, l’intervento del grande intellettuale il 14 novembre del 1974 sulle colonne del Corriere della Sera. E mentre ribadisce le finalità di una professione, ringrazia Giancarlo per il suo esempio e le persone che attualmente le stanno permettendo di crescere umanamente professionalmente. Dura la storia di Rosario Esposito La Rossa, premiato  per il suo libro “Al di la della neve”, una raccolta di storie ambientate a Scampia. Gli hanno ucciso un cugino. Capitato in una sparatoria, anni fa. Con dolore Rosario rievoca non solo il tragico evento, ma anche i giorni, i mesi successivi con una stampa troppo spesso disposta ad accusare e infagare la memoria di un «bravo ragazzo».

Quella speranza che Rosario ha voluto far uscire da Scampia e che don Tonino Palmese, referente di Libera Campania ha voluto porgere ai presenti. Parla in vece di Luigi Ciotti, don Tonino. E dà una notizia già nota ma che finalmente ha i crismi dell’ufficialità. La giornata della memoria e dell’impegno per le vittime di mafia si terrà a Napoli. Un lungo cammino che porterà la Campania, con l’aiuto del referente Geppino Fiorenza, ad avvicinarsi alla giornata finale che si terrà in Piazza Plebiscito. Dopo una tre giorni intensa che inizierà a Casal di Principe con il ricordo, sofferto, dei quindici anni dalla morte di don Diana, per poi proseguire a Napoli con il ricordo delle vittime da parte dei parenti e il gran finale nel centro partenopeo. Un’occasione, quest’oggi, per ricordare Giancarlo e per portare più in là la speranza, «tra il diluvio di Castelvolturno e l’arcobaleno che a Marzo porterà le persone in piazza Plebiscito» come dice don Tonino.

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