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GLI EVENTI CHE SEGUONO ACCADONO TRA LE 19.00 E LE 20.00 (da Io, per fortuna c’ho la camorra)

Di Sergio Nazzaro il . Campania, Dai territori

“Buona fortuna Crockett,
buona fortuna”. Ciro è un poliziotto del commissariato di Castelvolturno.
Quasi venti anni di servizio in terra di camorra. Mi accoglie con le
parole che chiudevano un suo intervento sul giornale del sindacato di
polizia. “È come vivere in gigantesco Fort Alamo, e per quanto grande
sia, sempre Fort Alamo è. E per noi che ci viviamo, che dobbiamo rimanerci,
veramente è il caso di dire: buona fortuna Crockett”. Conosco Ciro
da molto tempo, lo interrogo sempre, per una questione o l’altra.
Per comprendere alcuni meccanismi della terra di camorra, non c’è
niente di meglio che parlare con chi fa il lavoro più complicato a
Sud: il guardio. Ciro non ha il volto rassegnato, o lo sguardo disperato,
non veste panni militari, e non si sente un rambo o vive sotto assedio.
Si alza ogni mattina e percorre i 15 km che separano Mondragone da Castelvolturno,
per iniziare una nuova giornata di ordinaria follia e disperazione.
A casa, in un angolo, Ciro conserva alcune targhe vicino alla foto di
Falcone e Borsellino “due con le palle per davvero”, così definisce
i giudici ammazzati con autobomba, come se fossero a Bagdad. Di fianco
alla foto targhe di ringraziamento della D.I.A., del NCIS (Naval Criminal
Investigative Service), che oggi è conosciuto da tutti per via della
serie televisiva, ma che qualche anno fa era una sigla sconosciuta.
“Qualche favore ai colleghi, la zona di Castelvolturno è affollata
di americani e con loro qualche volta si collabora. Soprattutto dopo
l’11 settembre hanno bisogno di un orecchio sul territorio, cose così”.
Il commissariato di Castelvolturno è un edificio anonimo, con inferriate
alle finestre, traffico di persone e qualche macchina. A Sud, soprattutto
le caserme o i commissariati sono abitazioni normali prese in affitto.
Discutere con Ciro mi ha sempre posto degli interrogativi: chi mente?
In televisione dopo ogni grave fatto di sangue si parla di rinforzi
e altre amenità. E se non ci sono gravi fatti di sangue, nei programmi
per un futuro migliore della terra di camorra si parla di grandi manovre,
di uomini, mezzi e impegno politico. Le chiacchiere stanno, al solito,
a zero. Ciro mi dà i numeri precisi della situazione. Non credo assolutamente
che Ciro menta. “Siamo 45 persone in tutto”, Ciro fa manovra sotto
il commissariato e inizia il nostro piccolo tour nella no man’s land
di Castelvolturno-Pescopagano-Villaggio Coppola. “Il pronto intervento
è garantito da un solo equipaggio. In teoria una macchina con due agenti
dovrebbe fare prevenzione a Mondragone, Cancello Arnone, Grazzanise,
Santa Maria la Fossa”. Lo guardo pensieroso, Ciro come se sentisse
l’assurdità di tale affermazione mi fissa e continua “Certo, è
solo una macchina e quindi si concentra sul territorio di Castelvolturno:
un territorio che va da Pescopagano fino a Ischitella, alle porte di
Napoli. Due agenti, una Fiat Marea con 150.000 km. Una macchina che
non dovrebbe neanche camminare, ma la penuria di mezzi è un classico
e quindi ci si arrangia. Certo abbiamo cinque o sei macchine. Ma qualcuna
è in riparazione, una aspetta il preventivo per andare in riparazione,
un’altra devi fargli tutte le carte per mandarla in riparazione. Pensa
quanto tempo ci vuole per rimetterla in strada”. Mentre la macchina
continua ad attraversare Castelvolturno, per giungere al Villaggio Coppola,
mi torna in mente la storia di un amico finanziere che quando stava
a Reggio Calabria, con i colleghi pagavano di tasca loro le bucature
delle gomme. Solo per farla andare dal gommista ci voleva la mano di
Dio tra richieste e altra burocrazia, e quindi per evitare il fastidio
e continuare a lavorare, era meglio sborsare di tasca propria 5 euro,
previo accordo con il gommista per un prezzo di favore, perché stando
sempre sulla strada le gomme ne facevano di bucature. “Poi si svolgono
tutti gli altri servizi normali di un commissariato: ufficio denuncie,
servizio in borghese, il servizio di misure di prevenzione, cioè il
controllo di tutti quelli che hanno misure alternative alla detenzione,
che richiederebbe solo questo servizio 50 persone. Perché oltre alla
criminalità quotidiana di Castelvolturno, devi pensare che qui vengono
mandati tutti coloro che scontano un arresto domiciliare e provengono
da zone quali Giugliano, Casale di Principe, S. Antimo, da Secondigliano.
Scelgono Castelvolturno per starsene un poco più tranquilli, e poi
è pur sempre una località di mare, anche se ormai è un ricordo smarrito
nel passato. Fosse anche per soli quindici giorni, questi vengono e
commettono reati. È un porto di mare questa città, che conta qualcosa
come 15.000 abitanti e ha 3000 fascicoli. Senza contare tutti gli extracomunitari
di cui non abbiamo traccia o notizia. Quindi si aggiungono solo problemi
a problemi. Certo se accade che a Mondragone c’è un casino, una situazione,
e allo stesso momento c’è ne uno anche a Castelvolturno, si decide
sul momento qual è il più grave e si corre da quella parte. Anche
se bisogna dire che c’è un tacito accordo con la stazione dei Carabinieri
di Mondragone: loro si occupano di quella zona e noi della nostra. Una
sorta di divisione del territorio fatta dalla prefettura, quando fu
istituito il commissariato, altrimenti non puoi stare dietro a tutto
e tutti”. Guardo Ciro quasi a bocca aperta, e come se mi leggesse
nel pensiero continua: “Ora ti stai domandando: ma se c’è una sparatoria
a Castelvolturno, una a Mondragone, che si fa? È una bella tarantella
a quel punto. Fino alle otto di sera, ancora ancora c’è subito qualcuno
che viene di rinforzo, ma dopo le otto di sera, dopo la chiusura degli
uffici, finché arriva una macchina di rinforzo da Caserta, Casapenna,
o un altro commissariato, sono cazzi. Te lo dico chiaramente, sono cazzi.
Per una buona mezz’ora, se c’è una sparatoria, te la devi vedere
da solo, con il tuo collega. E resistere. Torniamo a Fort Alamo, veramente
devi avere molta fortuna, o fai la fine di Crockett. Mi ricordo che
nel 1989 morirono due colleghi, Iovino e Canianiello, un terzo collega
Ciro Letizia fu gravemente ferito. Erano stati investiti da un americano
ubriaco all’altezza del Villaggio Coppola. Era verso le 9 di sera,
il collega di turno che ricevette la prima telefonata sai che cosa ha
fatto? Ha chiuso il commissariato, perché non c’era nessuno, ha preso
la propria macchina ed è andato a prestare soccorso. Quindi se sei
di servizio la notte e succede qualcosa t’hai
parà
a palla
, devi sapertene uscire,
perché sei solo. Almeno un’altra macchina sarebbe necessaria, per
proteggersi tra colleghi”. Mentre si parla, guardo fuori dalla macchina,
uno spettacolo di decadenza è tutto intorno. Tutto è scrostato, vecchio,
marcio, puttane, contrabbandieri, tossici, cartelli scritti a mano e
male indicano negozi che sono tuguri dove si vendono pannolini, mandarini,
sigarette. Non c’è nulla, ecco la no man’s land. Un territorio
che è di tutti, democratico nel vero senso della parola: ognuno fa
quello che cazzo vuole, sicuri dell’impunità, perché qui intorno
non c’è segno alcuno di una presenza dello Stato. “Quindi se ti
trovi in una sparatoria devi sperare che la macchina dei carabinieri
è a Mondragone e venga in aiuto, ma se per caso sta pattugliando a
Falciano, se stanno facendo dei controlli nell’entroterra, devono
arrivare a 200 all’ora per aiutarti, percorrendo strade di campagna 
e la domiziana, dove ogni incrocio è un insidia. Nella pratica questo
dovrebbero fare, ma come? O si ammazzano per venire a salvarti, o muori
tu nel frattempo che qualcuno ti viene a salvare. Quando ho scritto
che siamo come a Fort Alamo, mi hanno risposto che siamo sempre attenzionati
da parte del ministero. Questa parola attenzionati, ma che vuole dire,
quanto non la sopporto. Siamo attenzionati. Forse ci sta pure nel vocabolario,
ma parola più inutile non ci sta. Attenzionati. Ma tu ci pensi? Qui
abbiamo la camorra, la criminalità nigeriana, quella albanese, la criminalità
dei paesi ex comunisti, e questi sono i mezzi. Però siamo sempre attenzionati”.
Il sorriso di Ciro è così amaro, che ne posso sentire il sapore. Alla
fine, per evitare di impazzire davanti all’evidenza della follia della
burocrazia, mentre si cade sempre di più nell’abisso della no man’s
land, l’ironia è l’unica arma per salvarsi. Entriamo nel Villaggio
Coppola, una volta sogno americano, una sorta di Miami del Sud. Oggi
rimane l’esempio di cosa sono gli aborti quando vengono messi al mondo
nell’indifferenza di tutti. Un lugubre sogno di grandezza andato in
acido, infestato di merda e scarafaggi, ecco cosa è Villaggio Coppola.
Che con Pescopagano dovevano essere il riscatto del Sud, rilanciare
il mitologico turismo e benessere del meridione, per far capire a tutti
che qualcosa di buono ci sta, già, proprio così. Oggi questi indefinibili
agglomerati di cemento sono solo macerie dove si nasconde meglio il
nemico. “Questo è il Parco delle Rose, una volta era anche un buon
parco, ormai è in mano ai casalesi, si estende per diversi isolati.
Qui ci trovi prostituite colombiane, polacche, ci trovi qualsiasi tipo
di droga, ci trovi di tutto di più. Questo è lo specchio di cosa sono
tutte queste zone. Un esempio perfetto. Abbiamo arrestato più di un
latitante in questo parco, ormai completamente fuori dalla nostra giurisdizione.
Ma a differenza del resto della zona, è un parco tranquillo, è un
piccolo stato dei casalesi nel cuore di Villaggio Coppola. Al solito
sanno gestire con discrezione i loro affari. Castelvolturno appartiene
a Bidognetti, il braccio armato di Schiavone Sandokan”. Ci fermiamo
a prendere un caffè, sono le sette di sera. I bar sono ridotti all’essenziale,
un bancone, quattro tavoli e qualche sedia. Gli sguardi si posano su
di noi, interrogativi, per essere subito distolti. Il barista vuole
offrire il caffé, Ciro non si fa sorprendere: “Grazie, ma il caffé
lo pago sempre”. Usciamo e riprendiamo la strada. “La legalità
è anche questa, lo sanno che sono un poliziotto e non me lo devono
offrire il caffè, sono piccole cose, ma da questo poi cominciano le
richieste: ispetto’ ho una multa, ispetto’ ho un figlio che tiene
un problema, ispetto’ quella carta là e via dicendo. Vedi un altro
problema che abbiamo noi sono proprio i servizi in borghese: ormai ci
conoscono tutti. Sai quante volte abbiamo chiesto di far girare un poco
di colleghi, far girare le facce. Non puoi fare un passo che ti riconoscono
e poi la vuoi sapere una cosa, vuoi farti una risata? Abbiamo come macchina
in borghese un’alfa 146 verde bottiglia! Ma come si fa, appena ti
presenti sul lungomare di Castelvolturno, ti hanno scoperto. Quelli
hanno o’serpe nel manicone, cioè stanno commettendo qualcosa di illegale,
traffico di droga, o altro e non vuoi che ti riconoscono un chilometro
lontano? Qui ci conosciamo tutti. E distingui il vero camorrista da
come si comporta. Sai quanti ne ho arrestati e me li sono ritrovati
di faccia qualche giorno dopo? Sempre buongiorno, buonasera, massima
educazione. Ti sembrerà strano, ma avere a che fare con i casalesi
è quasi un piacere: non sgarrano. Sanno stare al loro posto, 
senza fare tarantelle. Se li fermi sulla strada non si lamentano, non
si sbattono, così come quando vai a fare perquisizioni nelle loro case,
aprono la porta e ti dicono: “accomodatevi”. Non creano problemi
di nessun genere. Il mondragonese, il napoletano parlano troppo, fanno
chiacchiere, vogliono convincerti, cercano di farti amico. Il casalese,
se è uno buono, sta in silenzio. Non fa chiacchiere. Non dice una parola.
Hanno un qualcosa in più in confronto agli altri. O parlà u tenen’
pe fatica, cioè parlare per loro è un lavoro. Non si atteggiano. Più
uno è inserito nel clan e meno si mette in mostra. Questa è la loro
caratteristica fondamentale, sono stati i primi a cambiare atteggiamento
sul territorio. Non si fanno riconoscere come camorristi. Se lo sono
gli altri sanno chi sono. E basta. Non certo lo diventi con le parole.
Sono vincenti sul territorio perché è gente tosta, criminali per davvero.
Dopo anni e anni di servizio lo senti d’istinto quando uno è criminale
per davvero. Loro lo sono, non scherzano. E quando li incontri per strada
non hanno nessuno sguardo di sfida, non ti fanno storie. Vedi, noi lavoriamo
nel rispetto delle regole, che sono reciproche. Noi svolgiamo il nostro
lavoro con serietà: non mettiamo bustine di droga in casa, non puntiamo
una pistola in faccia se non ce n’è bisogno. Non costruiamo prove
false. Siamo le due forze in campo, siamo quelli che si incontrano ogni
giorno. Noi lavoriamo per lo Stato, li dobbiamo arrestare seguendo le
regole, loro lo sanno e sanno che non facciamo infamità, per questo
ci rispettano a loro volta. I pesci piccoli si atteggiano. È il gioco
del gatto e del topo. Le organizzazioni locali non hanno assolutamente
interesse a creare rumore, a sfidare la polizia, perché quando lo fanno,
allora, solo in questo caso c’è una durissima reazione da parte dello
Stato. Quando li arresti ti dicono: “marescià voi fate a fatica vostra
e nui facimm’ a fatica nostra”. Stiamo attraversando di nuovo Castelvolturno,
prendiamo una stradina sulla sinistra che ci conduce nella zona conosciuta
dai più come “destra Volturno”, la parte destra della città. Sorta
senza nessun piano regolatore, senza fogne. Ciro mi indica uno slargo
nella strada. “Penso che la conosci questa zona, un poco di pioggia
ed è un fiume, un mare e pensa che il mare vero sta là avanti a noi.
Non c’è una fogna, e tornando a come si lavora qui, qualche volta
la gente ci chiama, e noi non possiamo raggiungerla la gente, perché
altrimenti rimaniamo bloccati nell’acqua”. Mi tornano alla mente
ricordi del liceo, non solo le macchine della polizia si affogano in
questa strade. Qui, a destra Volturno, è la centrale dello spaccio,
soprattutto di eroina e cocaina. Ma anche di fumo. Non di primissima
qualità, ma comunque fumo. Tempo fa, con un amico, evitammo per un
soffio l’irruzione dei carabinieri nella casa della Signora. Così
era chiamata la villa dove trovavi sempre del fumo da comprare. Eravamo
passati, e dopo esserci fatti riconoscere come clienti di Mondragone,
e quindi non guardi a nostra volta, ci avevano detto di ripassare. Solo
che quando ripassammo, trovammo le macchine dei carabinieri fuori la
villa. Tirammo dritto con il fiato sospeso. Fermammo la Panda vicino
a una minuscola casupola di lamiere, illuminata con una sola lampadina.
Un vecchietto stava seduto fuori. Appena ci vide ci chiese di cosa avevamo
bisogno: cartine, limone, cucchiai, accendini, ovatta. Mi affacciai
per vedere meglio, il vecchietto vendeva tutto l’occorrente per drogarsi,
meno che la droga. Prendemmo un paio di cartine, mentre fissavo i limoni
ben disposti su un’altra sedia. “Per tornare a Mondragone?” Il
vecchietto guardò alle nostre spalle e sicuramente intravide le luci
blu. “Andate sempre avanti, girate nella prima strada a destra, è
tutta scassata, ma non vi preoccupate, 500 metri e uscite sulla statale
per tornare a Mondragone, così evitate i guardi”. Osservo Ciro: “la
conosco la zona, quella là avanti è la casa della signora, ci sono
venuto qualche volta” quasi a giustificare davanti alla legge le canne
che mi sono fumato. “Se tutti i problemi della zona fossero due canne,
saremmo in paradiso”. Ciro cammina lentamente, i finestrini abbassati
fanno entrare aria carica di salsedine. Continua a cercare nei ricordi.
“Quando Michele Zagaria fu arrestato l’ultima volta, oggi è la
primula rossa della camorra, la prima cosa che fece fu quella di disfarsi
di tutte le pistole che aveva addosso. Gli rimase un caricatore addosso,
e voleva accusare i colleghi di avercelo messo loro. Quello fu un atto
scorretto. Però, vedi, non pensò mica di usarle quelle pistole. Non
è il loro stile, non conviene e lo sanno. Poi infatti è uscito con
l’aiuto dell’avvocato e da allora sta in giro. I camorristi non
cercano la sfida frontale. Sanno che possono risolvere tutto attraverso
la nostra giustizia, che in una maniera o l’altra li fa uscire sempre”.
Dopo qualche chilometro di strada siamo arrivati a Pescopagano, già
dal primo pomeriggio si vedono prostitute di colore affollare i bordi
della strada. Ciro riprende a descrivermi quello che vedo: “La criminalità
straniera conviene ai camorristi, anche perché distraggono energie.
Quando la polizia
curr
appress’ ai niri
fa comodo.
Già siamo pochi, poi ci si mettono di mezzo anche criminali extra comunitari,
non si finisce per davvero. Vedi queste ragazze di colore? Sono tutte
nigeriane. Qui i nigeriani hanno la gestione della prostituzione che
si dividono con gli albanesi. Alle prostituite nigeriane, prima di essere
portate qua, gli fanno un rito voodoo: se lei denuncia la sua madame
alla polizia, lei muore. Se lei scappa e cerca aiuto da noi, muore.
Ci credono, vuoi per cultura vuoi per tradizione, e non ci possiamo
meravigliare più di tanto. Se pensi che qui da noi, in Italia, un paese
civilizzato, accendi la televisione e trovi un santone che ti promette
soldi, una maga che ti risolve i problemi d’amore, e guadagnano barche
di soldi, ci stupiamo che queste ragazze sono spaventate dal rito voodoo?
Wanna Marchi docet. L’aspetto triste è che la maggior parte di queste
ragazze sogna di diventare madame: la vittima di oggi è il carnefice
di domani. Molto cinico, ma questo è il meccanismo ridotto all’essenziale.
Poi ci sono le prostituite albanesi, e detto fuori dai denti alcune
sono veramente puttane dentro. Ci sono quelle storiche che ogni tanto
vedi e poi scompaiono. Quando poi le interroghiamo lo dicono chiaramente
che hanno finito i soldi. Un lavoro normale non lo vogliono perché
guadagnano in un giorno lo stipendio di un mese.”.

Scendiamo dalla macchina,
siamo a Pescopagano, come dire siamo nel mezzo del nulla. Mi sorprendono
sempre luoghi così. Qui non c’è nulla: solo villette, qualche raro
condominio di pochi piani e poi più nulla. I negozi chiudono uno dietro
l’altro. Rimane al solito qualche bar, e nulla più. I venditori ambulanti
si affacciano agli incroci delle strade, finché c’è luce vendono,
appena si fa buio, mettono sulle lambrette le loro cose e scompaiono.
Pescopagano, mi chiedo come sia nato un progetto così, chi poi lo abbia
abbandonato al suo destino. “Lo vedi come è frastagliato questo territorio?
È troppo frastagliato. Si dovrebbe rispondere con una reale politica
del territorio. Ma non funzionerebbe, la verità è che dovresti abbattere
tutta destra Volturno, tutta Pescopagano e il Villaggio Coppola. Semplicemente.
Perché è un unico grande covo di piccoli e grandi criminali, ville,
villette, casolari senza numeri, una gigantesca favela sotto gli occhi
di tutti. Come fai a controllare cinque, seimila stradine? Non hanno
neanche un nome che le distingue. E poi che fai, chiedi a una pattuglia
di entrare in una stradina, così ci rimangono incastrati se succede
qualcosa?”.

E a Pescopagano ne
succedono di cose, come la morte di Michele Landa, vigilante, ucciso
a colpi di pistola e poi bruciato nella sua macchina. Mancavano solo
un paio di mesi e Michele sarebbe andato in pensione, dopo una vita
di lavoro. Invece trova la morte all’età di 62 anni, davanti a un
ripetitore della Vodafone. Nella terra di nessuno, tutto quello che
si può rubare viene rubato. Anche un ripetitore per telefonini. Pescopagano
non avrà nulla, ma un ripetitore per telefonini sì, perché è strategico,
perché sono un fiume continuo le telefonate che partono o che vengono
ricevute in questa zona, anche se sembra non esserci nessuno. Non ci
saranno strade, fognature, non ci sono segni dello Stato, ma un ripetitore
moderno ed efficiente ci sta. Il costo di un vigilante è sopportabile
per un colosso telefonico, perché comunque quella antenna va protetta,
con una postazione fissa, altrimenti il giorno dopo non trovi neanche
più il cancello e l’inferriata che lo recinta. E i clan hanno scoperto
che le apparecchiature del ripetitore possono essere una merce per cui
si è disposti a pagare decine di migliaia di euro, in contanti, dagli
stessi proprietari. Il cavallo di ritorno: “Vuoi l’attrezzatura
indietro? Paga“. Probabilmente Michele Landa non ha ceduto ai giovani
del clan, in cerca di denaro facile. Non avranno accettato che un paesano
di Mondragone li ostacolasse, e così, dopo una vita di lavoro, non
la prendi la pensione perché finisci bruciato in una campagna. Morto
ammazzato come Nicola Sammarco, a Casapenna, collega di Landa, caduto
per proteggere anche lì un ripetitore telefonico. Piccole morti nella
terra di nessuno, mentre i ripetitori continuano a funzionare sempre,
e se ti avvicini senti quel ronzio continuo, indifferente. “Castelvolturno
è la Gerusalemme delle forze dell’ordine: vengono tutti a chiederci
qualcosa: tutte le questure d’Italia, anche quella di Bolzano. Tutti
hanno qualcosa da chiedere a Castelvolturno. Moltissime inchieste passano
per di qui, questa è una delle prime centrali di smistamento dell’eroina
in Italia. Qui la trovi sempre. Alcuni amici dei servizi segreti mi
dicevano che se in qualsiasi parte d’Italia c’è bisogno di eroina,
parte una telefonata per Castelvolturno. Cosa si può fare per questa
situazione? Poco o nulla, pensa che gli uomini per i commissariati sono
stati decisi in un decreto ministeriale del 1989, quindi tot numero
di persone ogni zona. Un decreto che citiamo in ogni riunione sindacale,
perché vedi non ci si lamenta dello stipendio tanto, quello è o, di
cosa altro. Le nostre richieste vertono sempre ad avere più mezzi,
più uomini, cioè vogliamo essere messi in grado di poter fronteggiare
adeguatamente il crimine che solitamente sta sempre una spanna avanti
a noi. I loro mezzi economici sono superiori ai nostri, non hanno burocrazia,
mentre noi siamo in esubero di uomini! Perché questa è la verità
per Castelvolturno, quando chiediamo più uomini, per il decreto del
1989 noi siamo anche in esubero! Ma noi siamo attenzionati, su questo
puoi scommetterci”. La macchina riprende il suo cammino lungo la domiziana,
si torna a Mondragone. “Qui alla fine la vita è tranquilla, pensa
che le rapine più sanguinose avvengono al nord, qui le regole del gioco
sono chiare, e poi i colleghi sono anche più cattivi, sono più preparati,
un criminale ci pensa due volte su prima di sparare. Almeno per quanto
riguarda la delinquenza ordinaria. Certo, ce ne sono così tanti in
giro che abbiamo veramente una marea di pazzi a piede libero e non sai
mai cosa può succedere. Se fermiamo qualcuno lo facciamo con tutte
le cautele del caso, non come si ferma qualcuno a Cuneo. Comunque domani
si ricomincia, un’altra giornata di lavoro. Te lo avevo detto che
questa volta non avevo grosse novità da raccontarti”.

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Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

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