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Los Zetas, il braccio violento del Cartello del Gulfo

Di Stefano Fantino il . Internazionale

Una vicenda tra le tante riesce a far
comprendere non solo la violenza ma anche la pervasività del potere
dei Los Zetas, i paramilitari al servizio del cartello del Gulfo.

Siamo a Nuevo Laredo nel giugno 2005. Una città al confine con gli Usa, senza padroni. Anzi con un solo padrone, la violenza dei narcotrafficanti. Da sempre lasciata in balia dei cartelli che si contendevano questo lembo di terra, fondamentale per il commercio con gli Usa (il “corridoio di Nuevo Laredo”) la città vedeva in quel giorno l’insediamento del nuovo capo della polizia. Un impegno per la cittadinanza aveva dichiarato Alejandro Dominguenz Coello. Sei ore dopo era sdraiato nel suo stesso sangue colpito da trenta pallottole sparate dai Los Zetas. Tipi con cui non si scherza, autori di centinaia di omicidi, rapimenti, violenze. Per mantenere il controllo del territorio, nel nome della fedeltà al leader, ora imprigionato, Osiel Cárdenas.

  • La nascita dei “Los Zetas”

La necessità dei cartelli di
procurarsi degli affiliati e dei sicari sempre più temibili ha
portato il narcotraffico a inglobare come rinforzi armati alcuni ex
militari facenti parte dei reparti speciali messicani, estremamente
abili e addestrati all’uso di armi pesanti e esperti di
intelligence. Già alla fine degli anni novanta alcuni fuorisciuti di
gruppi militari erano entrati nell’orbita dei cartelli messicani.
L’esordio di questa nuova tipologia di militare al soldo dei
cartelli è stata però inaugurata nel 2002 da Osiel Cárdenas che
con successo ha indotto alcune dozzine di soldati delle forze
speciali messicane per combattere il traffico di droga a disertare e
diventare il braccio armato del cartello del Gulfo. Molto più di
semplici sicari e niente affatto relegabili al ruolo di effimeri
mercenari questi nuclei di élite, ormai famosi come “Los Zetas”,
rappresentano la mano chirurgica dietro alle strategia militare dei
cartelli proprio in virtù di quelle capacità che gli stessi hanno
acquisito durante il loro addestramento, come confermato dalla
statunitense Fbi nel rapporto “Los Zetas: An Emerging Threat to the
United States”, pubblicato il 15 luglio 2005

  • Il cartello del Gulfo comanda su Nuevo
    Laredo

La fedeltà dei Los Zetas al leader
Cárdenas si è subito messa in luce: innanzitutto questi gruppi di
élite sono stati capaci di portare al potere su Nuevo Laredo il
cartello del Gulfo in pochi mesi, in seconda istanza si sono
dimostrati gli avamposti dello stesso Cárdenas fuori dal carcere:
dopo il suo arresto infatti il cartello del Gulfo ha cercato di
mantenere strenuamente la sua posizione nella città di confine
grazie proprio alla lealtà de Los Zetas nei confronti del leader
imprigionato. Alla fine di mantenere il controllo sulla città e sul
suo corridoio i Zetas hanno utilizzato intimidazioni, corrotto
personale federale e avviato campagne di estorsione e rapimenti pur
di mantenere alto il tasso di paura nella città di confine.

  • Zetas, disertori ?

La loro perizia nelle conoscenze
strategiche e militari deriva, secondo quanto riportato dalla stampa
americana e messicana, dal fatto che diversi membri di questa
personale armata difensiva del cartello del Gulfo siano fuorisciuti
dai cosiddetti Gafe (Grupos Aeromoviles de Fuerzas Especiales), il
reparto speciale messicano che a partire dalla metà degli anni
Novanta aveva visto la collaborazione tra Stati Uniti e Messico, con
i primi decisi ad addestrare ed equipaggiare  le forze mlitari
del secondo per operazioni anti-droga. Gli addestramenti a Fort Bragg
e Fort Benning da parte degli Stati Uniti sarebbero dunque il motivo

dell’alta specializzazione dei Los Zetas sebbene la versione
secondo la quale essi facessero parte dei Gafe non è totalmente
assodata. Tuttavia in più di una occasione questa versione ha
mostrato punti di contatto con la realtà: non ultimo il caso
reportato dal Dallas Morning News nel novembre 2005. Un video mostra
quattro membri de Los Zetas catturati da un gruppo rivale: i quattro
militari interrogati raccontano le loro vicende, le esperienze nelle
forze militari e i metodi di reclutamento e corruzione di altri
tutori della legge. A seguito della diffusione del video anche le
alte sfere dei comandi militari messicani hanno confermato
l’appartenenza, in passato, di due dei quattro Zetas alla forza
speciale messicana.

  • Zetas e media, il mito
    dell’invincibilità

Il rapporto tra media e Zetas è sempre
stato critico. I paramilitari hanno sempre cercato di influenzare i
giornali per creare delle campagne mediatiche atte ad accendere i
riflettori sui rivali. Un modo per mettere in luce i crimini e la
violenza dei cartelli rivali evitando di mostrare le proprie
debolezze. Corruzione e intimidazione della stampa sono tra le
priorità dei Los Zetas tramite minacce velate o esplicite al fine di
non scrivere articoli o dare notizie che documentino la violenza del
cartello del Gulfo. Una pratica molto in voga è quella del
“levantòn”, ovvero il prelievo forzato di un giornalista che
viene condotto in giro in macchina per ore, minacciato, malmenato e
istruito su come coprire la notizia. Perchè i Zetas non amano vedere
sui giornali le loro sconfitte, le loro morti, il lato negativo della
loro presenza. Come era d’obbligo non pubblicare le foto del pugile
“italiano” Primo Carnera a terra, durante il ventennio, così le
morti che colpiscono i paramilitari non devono finire sul giornale.
Minerebbero l’aura di invincibilità che essi stessi alimentano. Sui
media deve invece finire il potere dei Zetas e le malefatte dei
nemici, accuratamente segnalate con articoli e fotografie dal
cartello.

Il silenzio dei media, indotto tramite
sopruso e violenza, è stato quindi affiancato da un altro metodo
per impedire la denuncia sociale del giornalismo: la manipolazione. I
cartelli, infatti, hanno affiancato alla minaccia il riuscito
tentativo di utilizzare i mezzi di comunicazione ai propri fini nella
lotta contro gli avversari. La censura preventiva di notizie che
minavano l’aura di imbattibilità di alcuni sicari narcos (come i
Los Zetas, che impedivano la pubblicazione di notizie riguardanti la
morte di alcuni loro componenti) vanno di pari passo con veri e
propri articoli, finanziati dai cartelli, che mettono in luce la
barbarie di cui sono capaci gli avversari. Il trafficante Edgar “La
Barbie” Valdez Villareal, del cartello di Sinaloa e capo dei Negros
(l’alter ego de Los Zetas, una formazione speculare formata da un
cartello avversario), era solito acquistare, ad esempio, pagine di
pubblicità in cui attaccava Los Zetas e il cartello del Gulfo con
precise accuse.

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