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Rosarno, la verità sui beni confiscati

Di Giuseppe Lavorato* il . Calabria

Il recupero alla collettività di tutte le ricchezze illecitamente accumulate è lo strumento più efficace per combattere la mafia, costruire legalità ed avviare le nostre popolazioni verso tempi migliori.   In coerenza con questa convinzione, l’amministrazione di sinistra che ha governato Rosarno fino a luglio del 2003 ha prodotto un intenso ed efficace impegno, sin da quando sulla materia erano vasti i silenzi, le inerzie, le omissioni.

Ecco i fatti. Quando apprendemmo che nel territorio di Rosarno erano stati confiscati alcuni ettari di terreno ai  Piromalli, immediatamente inviammo la richiesta del loro trasferimento al patrimonio inalienabile del comune.  Assieme ad Aldo Alessio, sindaco del comune di Gioia Tauro anch’esso destinatario di  beni confiscati,  intervenimmo in vario modo per accelerarne l’iter.  Importante fu la riunione del 3 marzo del ‘99 che si svolse in prefettura con tutte autorità preposte ed alla presenza di un alto funzionario del Ministero degli Interni. Tredici giorni dopo (16 marzo 2009), nel Consiglio Comunale, appositamente convocato, approvammo un documento che ribadisce la volontà della loro utilizzazione pubblica e sociale e rileva l’esigenza di una legge dello Stato che trasferisca direttamente ai comuni tutti i beni confiscati, per superare pastoie burocratiche e ritardi. 

Successivamente, ottenuto finalmente il decreto di trasferimento del bene al patrimonio comunale, l’Amministrazione decise di costruire sui terreni confiscati strutture sportive, ricreative, culturali e sociali per corrispondere, soprattutto,  ai bisogni dei giovani ed a tal fine, essendo insufficienti le proprie risorse economiche, (il 18 maggio 1999) indirizzò formale richiesta di sostegno finanziario alla Regione Calabria ed alla Provincia di Reggio Calabria. La richiesta ebbe il sostegno attivo della Prefettura di Reggio Calabria e dell’Ufficio del Commissario straordinario del governo per i beni confiscati.

La Regione rispose (29 -12-99)  con un impegno economico, che non ebbe concreto seguito. Ribadimmo la richiesta (il 12-10-2001) in relazione ad un bando pubblico regionale. Poi lessi che nel bilancio regionale del 2002,  al capitolo 2233220 relativo alle spese per contributi ai comuni destinatari di beni confiscati, non era stato destinato nemmeno un euro. Incredibilmente, nessuno, tra la pletora di consiglieri, funzionari, consulenti, addetti all’ufficio per l’Osservatorio antimafia e l’educazione alla legalità, aveva segnalato una così grave e sconfortante negligenza. Fui il primo a protestare energicamente  con una lettera aperta (pubblicata dai giornali il 19-06-2002), che conteneva la richiesta al Presidente ed ai Capigruppo Consiliari di uno storno di bilancio che  impinguasse adeguatamente il capitolo in questione.

Scrissi anche al Presidente ed ai componenti della Commissione Parlamentare Antimafia nei giorni in cui (settembre del 2002) si trovavano a Reggio Calabria. L’on. Centaro rispose, a stretto giro di posta, ringraziandomi e comunicandomi di essere intervenuto sul Presidente Chiaravalloti e di aver ricevuto assicurazione al riguardo. Ebbi assicurazioni anche da altri autorevoli soggetti istituzionali. Fu a seguito della nostra efficace e pubblica iniziativa che il Consiglio Regionale  ricostituì (ottobre 2002) il fondo per i beni confiscati. Inviammo, quindi, alla Regione Calabria (il 31-10-2002) una nuova richiesta di finanziamento. Ma, nonostante  gli impegni assunti e forse indispettita delle nostre ferme proteste, quella Giunta Regionale non diede mai segni di vita verso il comune di Rosarno.

Ed allora, constatatane  l’insensibilità, l’Amministrazione comunale di sinistra ed il Consiglio comunale decisero di fare ricorso alle proprie deboli risorse. Infatti in una parte dei terreni confiscati, con sole risorse comunali, furono appaltate (4 marzo 2003) e costruite strutture sportive e ricreative e la rimanente parte si deliberò, con atto di indirizzo (30 aprile 2003), di destinarla all’Associazione ONLUS“ Il Samaritano”diretta dal sacerdote Giuseppe Demasi, che aderisce all’Associazione ‘Libera’ di don Luigi Ciotti.

E non ci siamo fermati a questo. Ogni qual volta abbiamo appreso dai giornali notizie di confisca di beni in territorio di Rosarno, sempre e tempestivamente abbiamo pubblicamente avanzato richiesta di assegnazione al patrimonio del comune. E quando, nella notte del 13 agosto del 2001, la mafia reagì con numerose raffiche di kalashnikov sulle  finestre del municipio, noi ribadimmo solennemente la richiesta  in una seduta del Consiglio Comunale convocata con urgenza ed  aperta alla partecipazione di cittadini ed autorità.

Abbiamo governato Rosarno fino a luglio del 2003 e sui beni confiscati ci siamo impegnati con la stessa determinazione con la quale ci siamo costituiti parte civile contro tutte le cosche mafiose nelle sedi penali e civili ottenendo anche il risultato, primo comune in Italia, di una sentenza civile  che condanna molti boss al risarcimento di 9 milioni di euro al comune di Rosarno.
In questi ultimi cinque anni, anche da semplice cittadino, sono più volte intervenuto pubblicamente  per invitare all’impegno per la tutela e la valorizzazione sociale ed educativa dei beni confiscati e del monumento dedicato “A tutte le vittime della violenza mafiosa” .

 Per concludere. La lunga esperienza politica ed amministrativa maturata in uno dei territori più difficili e pericolosi, mi induce da parecchi anni a chiedere alle istituzioni regionali e nazionali  la necessità di fare piena luce sui comportamenti degli enti pubblici  e di tutte le istituzioni  dello Stato  relativamente all’impegno dovuto sui beni confiscati, sulla  costituzione di parte civile nei processi contro la mafia in sede penale ed in sede civile, sui  provvedimenti assunti,  oppure omessi,  per ricondurre alla collettività beni e terreni demaniali (spiagge, coste, aree protette, alvei dei fiumi) abusivamente occupati da privati e  perciò spesso anche causa di inondazioni, disastri e  tragedie umane.

Questa completa rilevazione (con successiva discussione in assemblee pubbliche appositamente convocate nei territori più colpiti dal fenomeno mafioso), a mio avviso, dovrà costituire, per la Commissione Parlamentare Antimafia, un impegno assolutamente necessario, particolarmente in Calabria,   per diradare l’aria dal fumo di parole e dichiarazioni ipocrite, avere un quadro veritiero delle forze concretamente impegnate nelle battaglie di legalità, dare fiducia a quanti sono disposti a battersi per liberare la nostra terra dall’oppressione mafiosa ed avviarla verso sentieri di crescita sociale e civile.

* ex sindaco di Rosarno

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