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La vigliaccata mafiosa della Giunta di Comiso

Di Marco Scipolo il . Dai territori, Sicilia

Non so quanti gradi di temperatura ci siano in questi giorni a Comiso, in
provincia di Ragusa. Tantissimi, immagino, e molto dannosi per l’intelletto
di certi politici locali vista la decisione della sua giunta di centrodestra
di cambiare il nome all’aeroporto intitolato a Pio La Torre, cancellando
così il riferimento ad un simbolo dell’antimafia e del pacifismo. Appare
però difficile che i membri della giunta (composta dal sindaco di An
Giuseppe Alfano, dal vicesindaco Salvatore Girlando e dagli assessori
Alberto Belluardo, Giancarlo Cugnata, Salvatore Di Pietro, Raffaele Puglisi,
Maria Rita Schembari e Michele Zisa) siano stati contemporaneamente colpiti da un’insolazione, a meno che la riunione in cui è stata adottata la
delibera non sia stata convocata sulla battigia. Perciò il provvedimento
dell’assemblea comunale assume, piuttosto, l’aspetto di una vigliaccata in
perfetto stile mafioso.

Lo scalo era stato dedicato l’anno scorso dalla passata amministrazione di centrosinistra al politico assassinato, proprio in occasione del venticinquesimo anniversario dell’omicidio. Deputato e segretario regionale del Pci, La Torre fu ucciso il 30 aprile 1982 a Palermo assieme al suo autista Rosario Di Salvo. Il giorno seguente avrebbe dovuto partecipare alla manifestazione contro la base nucleare a Comiso. Si tratta del primo delitto a stampo mafioso a danno di un parlamentare. L’onorevole della sinistra era favorevole alla confisca dei patrimoni mafiosi e contrario all’installazione degli euro-missili Cruise, a testata nucleare, nel vecchio aeroporto di Comiso mentre la mafia aveva interesse alla realizzazione della base missilistica per speculare sulla cessione dei terreni e sui lavori edili. La Torre, inoltre, era stato autore di una proposta di legge sull’associazione mafiosa per contrastare il potere economico della criminalità organizzata e consentire ai magistrati di indagare sulle ricchezze bancarie delle cosche e di sequestrarne i
patrimoni.

Egli era, anche, uno dei principali sostenitori della nomina del
generale Carlo Alberto dalla Chiesa a prefetto di Palermo. L’assassinio di
La Torre fu, quindi, pure un avvertimento, un biglietto da visita presentato
dalla mafia al Generale che avrebbe dovuto insediarsi nel capoluogo
siciliano ai primi di maggio dell’82. Quell’omicidio ne fece anticipare i
tempi. La sera del 30 aprile infatti Carlo Alberto dalla Chiesa – il quale,
lasciato senza uomini e mezzi nella sua lotta contro la mafia, fu
assassinato pochi mesi dopo (il 3 settembre) – era già alla prefettura di
Palermo. La Torre e dalla Chiesa uniti dallo stesso destino e dallo stesso
isolamento di cui rimasero vittima. Pochi giorni prima di essere ammazzato,
Pio La Torre telefonò al Corriere della Sera chiedendo aiuto ai giornalisti:
“Dovreste darci una mano, siamo troppo lontani, qui, in Sicilia… C’è un
isolamento… Siamo soli, se la grande informazione non scende a dare una
mano…”. Due anni prima, La Torre aveva presentato nelle sedi opportune la
sua proposta di legge contro la mafia ma fu ignorata e lasciata per anni nei
cassetti del Parlamento.

Nel marzo 1982, aveva sollecitato più volte il presidente del consiglio Spadolini. Invano. Il potere legislativo rimase sordo anche dopo l’omicidio di La Torre. Ci volle anche l’uccisione di Carlo Alberto dalla Chiesa perché venisse approvata la legge di introduzione, nel nostro ordinamento, del reato di associazione mafiosa. Reato che prima non esisteva. Quella legge, denominata Rognoni-La Torre (perché risultato della fusione tra un disegno di legge governativo e la proposta di La Torre), è dunque intrisa del sacrificio e del sangue di Pio La Torre e di Carlo Alberto dalla Chiesa. La mafia, che ora starà brindando per la stucchevole decisione di questi illuminati amministratori di Comiso, non aveva mai colpito così in alto. Riuscì a centrare, nell’arco di pochissimi mesi, il cuore stesso dello Stato uccidendo un parlamentare ed un prefetto. Ecco perché togliere il nome di La Torre all’aeroporto di Comiso è un’infame mascalzonata.

Ciò non significa soltanto mancanza di rispetto nei confronti del deputato assassinato e di chi, come lui, ha pagato con la vita la battaglia contro la criminalità organizzata ma significa anche fare il gioco stesso della mafia. Che odia che gli eroi dell’antimafia siano ricordati e detesta che essi costituiscano un riferimento ideale per la popolazione e, soprattutto, per le giovani generazioni. Vuol dire uccidere nuovamente Pio La Torre e privare un Paese della memoria storica sottraendogli la possibilità di ricordare, vuol dire favorire la mentalità mafiosa ed asportare alla società civile gli anticorpi culturali che aiutano a reagire alle offensive della criminalità. Una colpevole vigliaccata, che diventa doppia quando si apprende che l’aeroporto di Comiso sarà intitolato al generale dell’Aeronautica Vincenzo Magliocco, deceduto nel 1936 in Etiopia ed insignito della medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: “Conscio del pericolo cui andava incontro, ma orgoglioso di essere annoverato tra i pionieri dell’Italia imperiale, chiedeva, con generosa insistenza, di partecipare ad ardita impresa aeronautica intesa ad affermare, col simbolo del tricolore, il dominio civile di Roma su lontane contrade non ancora occupate. Minacciato nella notte da orde di ribelli, rifiutava la sicura ospitalità di genti amiche e preferiva affrontare con lo scarso manipolo di eroici compagni l’impari combattimento per difendere finoall’estremo sacrificio la bandiera della Patria”.

Era l’epoca del regime fascista di Mussolini e di una guerra in Etiopia
dove, per intenderci, per ogni italiano ucciso morivano dieci etiopi; dove i
soldati italiani adoperavano contro gli etiopi gas tossici come l’iprite,
benché fosse proibito utilizzarli dal protocollo di Ginevra del 1926 firmato
pure dall’Italia; e dove il maresciallo Rodolfo Graziani comandava, fra l’
altro, di gettare dagli aerei i ribelli catturati. Penso che la giunta
municipale di Comiso non potesse compiere oltraggio più grave nei confronti
di un uomo di pace come Pio La Torre, divenuto patrimonio ideale dell’Italia
intera e non solo di Comiso e della Sicilia. Il grave gesto compiuto è un
segnale inquietante. Sciagurato quel Paese che offende in questo modo i suoi
veri eroi. Andando avanti di questo passo c’è da attendersi l’intitolazione
di un aeroporto (forse quello di Milano?) a Vittorio Mangano considerato che qualcuno, di un certo peso e di bassa statura, si è già azzardato, senza
vergognarsene, a definirlo eroe.  I miei eroi sono altri. Si chiamano Pio La Torre, Peppino Impastato, Mario Francese, Boris Giuliano, Cesare Terranova, Emanuele Basile, Gaetano Costa, Carlo Alberto dalla Chiesa, Rocco Chinnici, Giuseppe Fava, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino… E né un premier né un sindaco potranno mai farmi cambiare idea.

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