Memoria, impegno e sacrificio
Si riparte dal murales di Gioiosa
Si è conclusa il ventisette luglio, in piazza Vittorio Veneto, a Gioiosa Ionica “La lunga marcia della memoria”, organizzata dalle associazioni “Da Sud” e “Libera”. E’ stato inaugurato il murale, il quarto stato dell’anti -’ndrangheta, realizzato nel ’78 , ed ora restaurato, in memoria di Rocco Gatto, il mugnaio ucciso dalla ‘ndrangheta un anno prima. Una serata intensa, ricca di momenti emozionanti quella del ventisette luglio. Cominciata con la scopertura del quarto stato restaurato e conclusasi con diversi concerti ed esibizioni teatrali.
I familiari delle vittime di ‘ndrangheta hanno preso la parola più volte per ricordare tutte le vittime che hanno perso la vita per volontà mafiosa.
“Potremo essere soddisfatti solo il giorno in cui i bambini chiederanno ai loro nonni: ma nonno che cos’era la mafia?!”. Queste parole gridate dal palco adiacente il murale, da padre Tonio Dell’Olio di Libera, profumano di lotta e di coraggio e ben rappresentano l’anima e lo scopo di tutta la manifestazione itinerante per la provincia di Reggio Calabria, sicuramente la zona più infettata e martoriata dal violento virus ‘ndranghetista. Il sogno deve continuare. Il viaggio della lunga marcia non può terminare sulla piazza di Gioiosa, ma deve proseguire quotidianamente, giorno per giorno, lotta dopo lotta, dal Nord al Sud dell’Italia. Fino a quando, appunto, i nipoti chiederanno ignari ai nonni che cos’era il fenomeno mafioso.
La storia di Rocco Gatto è solo una delle storie, piccole storie di grandi uomini, vittime dimenticate. A ricordarlo sono i ragazzi di “Da Sud” che vogliono recuperare quelle storie di Calabria il cui ricordo è stato accantonato per troppo tempo, ma la cui memoria ha tanto da insegnare ad una terra, ad un popolo che deve necessariamente intraprendere un cammino di legalità e di giustizia.
Solo dal recupero del passato, pur se tragico, e dalla memoria può nascere un futuro migliore per la Calabria e la sua gente. A Gioiosa c’era Ciccillo, uno dei due fratelli di Rocco Gatto, visibilmente commosso per i ricordi che gli riaffioravano alla mente. I segni del tempo sul suo viso erano evidenti come l’amore per la sua terra, per la quale ha versato lacrime amare. Ma nonostante ciò è rimasto lì, nella sua Gioiosa aspettando la giustizia. C’era Deborah Cartisano, che ha ricordato Lollò, suo padre, vittima di una morte atroce. A Lollò è stato dedicato il murale sul lungomare di Gioiosa Marina realizzato il venticinque luglio da alcune studentesse del liceo artistico di Siderno. Per Lollò hanno disegnato sul muro della Marina una macchina fotografica, una foto spezzata, rappresentante il mare, e l’Aspromonte con la sua imponente Pietra Cappa, luogo in cui è stato ritrovato il suo corpo. Stefania Grasso ha ricordato suo padre, ucciso nell’89. Un caso archiviato a carico d’ignoti, uno dei tanti senza colpevoli. Stefania ha ricordato le altre vittime sacrificali uccise dalla ‘ndrangheta, il cui ricordo sbiadito è stato ravvivato dalla luminescenza di questo meraviglioso percorso scandito dai pensieri dei familiari delle vittime.
La forza di questo evento è da ricercare nella volontà di reagire sistematicamente alla prepotenza e alle logiche che incatenano il Sud ad una stasi cronica che porta i giovani ad un’ emigrazione dilagante e inevitabile.
“Lotta, Unità e Partecipazione popolare per la crescita civile e democratica di Gioiosa Jonica e del Meridione”. Così è scritto sul murale dedicato a Rocco Gatto. Questa vorremmo fosse l’idea e la strada da seguire per una Calabria liberata. Alla lotta popolare deve accompagnarsi un intervento credibile delle istituzioni. Esse non possono più stare inermi a guardare, ora più che mai hanno l’obbligo di intervenire sul piano legislativo per aumentare l’efficacia della normativa antimafia, troppo rigida rispetto alle mafie che sono diventate liquide, veloci, flessibili e transnazionali, delle Holding del crimine insomma.
Qualche giorno prima della serata conclusiva della lunga marcia, Pierpaolo Romani, di “Avviso Pubblico”, invitato al dibattito su “Informazione e antimafia” tenutosi sul lungomare della marina di Gioiosa, sempre nell’ambito della marcia, ha citato un concetto tratto da “Storia criminale”, l’ultimo libro di Enzo Ciconte. Quello che sottolineano Ciconte e Romani, è la tendenza delle mafie a collidere col potere politico. Ciò che contraddistingue il metodo mafioso è la penetrazione nella vita politica dei comuni e delle città. Questo è il motivo per cui le mafie sono dure a morire, mentre il brigantaggio ha avuto vita breve. Questo legame con gli ambienti istituzionali che non è stato mai reciso, sia perché lo Stato in momenti di crisi ha usufruito della forza dei boss e dei loro voti sia perché i mafiosi avendo bisogno di impunità hanno cercato uno scambio con esponenti politici, ha permesso alle mafie un esistenza “protetta”.
Per eliminare il fenomeno basterebbe perciò tagliare quel ponte fatto di collusione tra politica e sottobosco mafioso. Evidentemente ad una parte della politica non è mai interessato distaccarsi da certe logiche scellerate e perverse. In molti hanno continuato e continuano a patteggiare con il partito trasformista della mafia.
La lunga marcia ha dato nuovo impulso e nuova vita all’antimafia sociale calabrese. Ha creato una base da cui ripartire uniti e compatti. Distruggere il germe mafioso comporta sacrificio, impegno e memoria. La Lunga Marcia è stata tutto questo. Tra i sentieri della Calabria, per le sue vie, vorremmo scorresse un fiume di giustizia e non più sangue, non più piombo. Nel cielo di Calabria vorremmo splendesse il sole della rinascita e dei giusti, come lo erano Rocco Gatto e tanti altri. Da Sud e Libera hanno indicato la via da intraprendere con determinazione e coraggio. L’affrancamento dal giogo mafioso comincia dal basso, dalla riscossa popolare e dalla necessità quotidiana di cambiamento.
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