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Il Tribunale permanente dei popoli condanna le multinazionali

Di Agensir il . Internazionale

Il Tribunale permanente dei popoli, organo della Fondazione internazionale Lelio Basso, ha emesso il 23 luglio un verdetto a Bogotà, giudicando una trentina di multinazionali europee ed americane “responsabili di violazioni dei diritti civili, politici, economici e culturali delle popolazioni indigene della Colombia”. Le imprese transnazionali chiamate a giudizio – insieme ai rispettivi Paesi di provenienza, al governo colombiano e agli organismi finanziari internazionali – operano nel settore agroalimentare (Coca Cola, Nestlè, Chiquita Brands), nel settore minerario (tra cui Drummond, Anglo American, Bhp Billington), nel settore “biodiversità” (tra cui Multifruit S.A, Monsanto, Dyncorp), nel settore petrolifero (tra cui British Petroleum Company) e nel settore servizi pubblici (tra cui Aguas de Barcelona). Lo ha annunciato al SIR la Fondazione internazionale Lelio Basso, che ha istituito nel 1979 il Tribunale permanente dei popoli, pronunciando finora 35 sentenze su violazioni dei diritti umani in America Latina, Asia e Africa e anticipando denunce riconosciute solo dopo anni (ad esempio il genocidio in Guatemala, la dittatura di Marcos nelle Filippine, le violazioni in Tibet, ecc.). L’attività del Tribunale, influente ma non vincolante, ha ispirato, tra l’altro, la nascita della Corte penale internazionale nel 1998.

Tre anni di indagini e di abusi provati. Il verdetto è stato letto a Bogotà dal presidente della Giuria Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la pace nel 1980. La giuria è costituita da personalità indipendenti di rilievo internazionale appartenenti al campo giuridico e sociale, tra cui Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei popoli. L’udienza deliberante sulle responsabilità delle multinazionali in Colombia si è svolta dal 21 al 23 luglio all’Università nazionale di Bogotà, alla presenza di circa 2500 delegati ed è stata preceduta da una fase istruttoria relativa allo sterminio storico delle popolazioni indigene. Le indagini sono durate 3 anni ed hanno accertato abusi come i legami con i paramilitari responsabili di assassini e massacri di sindacalisti, lo spostamento forzato di intere comunità, l’inquinamento ambientale, la violazione della sovranità territoriale ed energetica della Colombia, con “azioni e omissioni” da parte del governo colombiano. Tra le innumerevoli accuse sono stati provati, ad esempio, l’assassinio di 17 sindacalisti dietro mandato di Coca Cola e della svizzera Nestlè o la vendita di 3000 fucili AK-47 a gruppi paramilitari e 5 milioni di cartucce da parte della statunitense Chiquita Brands (che ha confessato di aver finanziato i paramilitari con 1,7 milioni di dollari tra il 1997 e il 2004), così come i contatti tra la spagnola Union Fenosa e i gruppi armati di estrema destra. O anche tre imprese petrolifere (colombiana, statunitense e spagnola) per aver partecipato all’attacco aereo contro la popolazione di Santo Domingo (Arauca) nel 1998, che provocò 17 morti e 25 feriti. Le imprese diedero le coordinate per il bombardamento.

Una cattiva pubblicità all’Onu e all’Ue. La sentenza, attualmente in bozza, verrà perfezionata e trasmessa al Comitato economico e sociale delle Nazioni Unite e probabilmente letta al Parlamento europeo nell’autunno prossimo, insieme ad un altro iter che si è svolto nel maggio 2008 a Lima (e si concluderà a Bruxelles a fine 2008-inizio 2009) sulle responsabilità delle filiali europee nel settore energetico e alimentare, delle comunicazioni e dei beni comuni (come l’acqua) in tutti i Paesi dell’America Latina. “L’effetto del verdetto – spiega al SIR Giuliana Pisani, della segreteria del Tribunale permanente dei popoli – è soprattutto di carattere etico: fare cioè cattiva pubblicità agli attori internazionali che violano i diritti umani. Tra gli obiettivi del Tribunale vi è infatti la sensibilizzazione e diffusione delle informazioni in modo corretto”. Per chi vi lavora “la sentenza di ieri è una grossa vittoria, nonostante il Tribunale abbia una lunga esperienza nel campo della raccolta delle denunce e tutela dei diritti umani”.

Norme raggirate. Delle responsabilità delle multinazionali il Tribunale si occupa dagli anni ’70 a seguito dell’esperienza di Lelio Basso dei “Tribunali Russell” (dal nome del matematico e filosofo americano) sull’America Latina nel 1974-1976. “Il capitolo multinazionali – precisa Pisani – è ancora oggi aperto perché il diritto internazionale non ne disciplina in modo vincolante la condotta. Ci sono codici di condotta lasciati alla volontà dei singoli Stati di bandiera delle imprese, le quali decidono se adottarli o meno. Questo implica una libertà di azione e un regime di impunità totale da parte delle imprese. Quelle europee, ad esempio, rispettano i codici di condotta nella propria nazione ma non negli Stati cosiddetti ‘meno avanzati’, dove hanno possibilità e potere per seguire i propri obiettivi di profitto. In questo modo raggirano le norme del diritto internazionale”. Il verdetto di ieri costituisce dunque “un precedente, così come sono state dei precedenti tutte le sentenze emesse dal Tribunale”. “Purtroppo in Italia – commenta Pisani – non si ha la percezione e la conoscenza giusta dell’attività del Tribunale in America Latina e Asia. Nonostante sia una realtà italiana è accantonato e sottovalutato”. Il motivo? “La cultura italiana non è molto propensa alle questioni di carattere internazionale. Questi temi non interessano”.

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