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La Calabria esporta la ‘ndrangheta nel milanese

Di Anna Foti il . Dai territori, Lombardia

Tre immobili assegnati dopo essere stati confiscati alla ‘ndrangheta. Otto persone, appartenenti alla cosca Barbaro-Papalia, arrestate nelle scorse settimana dal nucleo della polizia tributaria della Guardia di Finanza per reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, riciclaggio aggravato dalle modalità mafiose e porto abusivo di armi. Non siamo in Calabria, siamo nell’hinterland milanese, nel comune di Buccinasco dove la presenza della malavita calabrese ha esportato la propria influenza, i propri interessi. Dove l’ex sindaco Maurizio Carbonera è stato vittima di intimidazioni, con due auto fatte esplodere. Dove gare di appalto per l’assegnazione di immobili confiscati vanno deserte. Dove numerose famiglie della Locride e dell’Aspromonte, dunque di origine calabrese, si sono insediate ormai da decenni. Un’operazione che ha prodotto 19 perquisizioni distribuite anche nei comuni di Milano e Reggio Calabria.

Questo è uno scenario che la dice lunga sulla territorialità di un fenomeno che prima, che internazionale, ha ben raggiunto anche alcuni comuni del nord Italia. Questo è lo scenario in cui, nel comune di San Vittore Olona, il 14 luglio scorso viene eseguito l’omicidio del boss di Guardavalle, Carmelo Novella, detto “Nunzio” e definito da alcuni pentiti come il responsabile criminale dell’area jonica. Crivellato di colpi al viso e al torace da chi il viso lo aveva scoperto, vicino ad un bar in pieno pomeriggio, “Compare Carmelo”, residente a Legnano, amava rientrare in Calabria per partecipare ai summit e salutare gli amici. Una vera e propria esecuzione mafiosa che ha raggiunto il boss emigrato nel milanese per sfruttare al meglio i contatti stretti al Sud con reggini e crotonesi. Già noto alle forze dell’ordine, Carmelo Novella era sorvegliato speciale con l’obbligo di residenza. ll figlio Vincenzo, sfuggito agli arresti nell’inchiesta Mithos sulla ‘ndrangheta catanzarese, fu poi reperito a Milano nel 2005. 

Un patrimonio in piena regola, il suo, che però di regolare ha ben poco e che è già stato colpito nei mesi scorsi da un provvedimento delle Dia che aveva disposto il sequestro di beni per un valore di cinque milioni di euro tra cui un terreno a Guardavalle e due imprese la Tran Ven srl con sede a Milano e il Ritual bar situato a Legnano. Mentre l’attuale sindaco di Buccinasco, Loris Cereda, e il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, rassicurano dopo le dichiarazioni del procuratore della Dna Enzo Macrì che definiscono Piemonte e Lombardia le regioni in cui la ‘ndrangheta ha esportato i propri modelli di omertà e infiltrazione, a documentare i tentacoli attorno agli appalti delle opere pubbliche del Nord, come l’alta velocità Torino-Milano, ci pensa l’informativa dei servizi segreti che già sta impegnando la Dna e le procure di Torino e Milano e che, secondo quanto ripreso da Calabria Ora a firma di Paolo Pollichieni alcuni giorni fa, denuncia l’esistenza di nuove organizzazioni criminali, in realtà famiglie adesso fuoriuscite dalla cappa di influenza dei boss.

Le cosche calabresi, dunque, gestiscono i loro traffici e riciclano ingenti proventi specie nel settore edile, infiltrando così il tessuto politico-eonomico in Piemonte, in Liguria e in Lombardia. Qui sono sorte, infatti, imprese di movimento terra facenti capo a soggetti di origine calabrese. Una proiezione consistente della ‘ndrangheta che ovviamente punta adesso alla massima vetta, i lavori per l’expo di Milano del 2015. Senza contare che già un dato è di per sè eloquente: dopo le regioni del Sud, nell’ordine Sicilia, Campania, Calabria, la regione con il maggior numero di beni confiscati in Italia è la Lombardia con 488 immobili sottratti in via definitiva, al pari della Puglia (dati al 31 dicembre 2006).

 Il dato nel 2007 ha superato le cinquecento unità immobiliari, con solo trecento assegnazioni. Si tratta di ville confiscate a Buccinasco alle famiglie Sergi-Papalia, di immobili sigillati a Cornaredo al boss Mangeruca e di palazzine appartenute ai Coco-Trovato nella Comasina. “Sono ritardi colpevoli – ha sottolineato Lorenzo Frigerio di Libera – da due anni abbiamo aperto un tavolo in Prefettura con l’amministrazione comunale di Milano, il risultato? Nessun bene assegnato!” .

 Una cosa resta inconfutabile, le cosche acquistano e investono laddove vivono e laddove gli affari proliferano. Solo nel Comune di Milano, dove dal 2002 quasi duecento imprese sono state escluse dagli appalti pubblici per collegamenti con la criminalità organizzata e dove ancora non si è proceduto alla firma di alcun protocollo di intesa con il Demanio per la gestione dei beni confiscati, esse sono presenti con il loro potere e i loro soldi. A dimostrarlo, oltre il resto, centinaia di beni ancora da sbloccare

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