Dopo sedici anni l’addio del successore di Borsellino
Un congedo commosso e un invito a non abbassare la guardia sul fronte della lotta alla mafia. Dopo sedici anni alla guida di una delle procure più calde della Sicilia Occidentale, per Antonino Silvio Sciuto è arrivato il momento della pensione. Al suo posto arriverà Alberto Di Pisa, a sorpresa preferito dal Csm sul favorito Alfredo Morvillo. Durante la serata in ricordo di Paolo Borsellino, celebratasi lo scorso 19 luglio a Marsala, il procuratore Antonino Silvio Sciuto ha ricordato l’amicizia con il magistrato palermitano rivendicando i risultati raggiunti in questi anni sul fronte della lotta alla mafia.
“Abbiamo cercato di rispettare l’impulso che aveva dato Paolo Borsellino a questa procura – ha sottolineato Sciuto – ma ci chiediamo come mai, dopo il grande impegno seguito alle stragi del ’92, la mafia esiste ancora. La verità è che la mafia è dietro la porta di tutti noi. Chiede ancora il pizzo, delegittima la magistratura, partecipa nei salotti alle discussioni sugli affari più importanti, non riconosce i diritti dei cittadini e nega loro la possibilità di soddisfare i propri bisogni”. Un affondo durissimo, quello di Sciuto concluso con un’affermazione lapidaria, che dà il senso di un territorio ancora lontano dalla soluzione dei propri problemi: “La mafia è dietro la porta di tutti noi”. Con l’addio del successore di Paolo Borsellino si chiude una lunga stagione per la Procura di Marsala, caratterizzata da inchieste importanti e dall’attenzione mediatica per il rapimento della piccola Denise Pipitone.
Bocche cucite e nessun commento ufficiale, invece, sulla nomina di Alberto Di Pisa, la cui vicenda personale inevitabilmente fa tornare alla mente la stagione del “Corvo”. Era il 1988 quando la Procura di Palermo si trasformò nel “palazzo dei veleni”, con le lettere anonime – ampiamente riportate dalla stampa – in cui si attaccava pesantemente il lavoro di Giovanni Falcone e la sua gestione dei pentiti. Il Tribunale di Caltanissetta condannò in primo grado Di Pisa, dopo che l’alto commissario Domenico Sica aveva prelevato da una tazzina di caffè le sue impronte digitali, rivelatesi in gran parte coincidenti con quelle che si trovavano sulle lettere anonime.
In appello Di Pisa fu assolto perché la suddetta prova venne ritenuta inutilizzabile. Nell’audizione del 21 settembre 1989 al Consiglio superiore della magistratura, tuttavia, lo stesso magistrato lanciò accuse durissime sull’operato di Giovanni Falcone, criticando il suo rapporto con i pentiti Buscetta e Contorno. Non sorprende, pertanto, che Salvatore Borsellino abbia parlato di “un grave atto di inopportunità”, nel commentare la nomina di Di Pisa alla guida della Procura che per cinque anni fu diretta dal fratello Paolo.
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