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Il valore della memoria nella lotta alla mafia

Di Roberto Morrione il . Campania, Progetti e iniziative

E’ difficile definire la “memoria”, in questa confusa fase della vita
italiana, infarcita di amnesie, rimozioni, revisionismi, vissuti del
presente in mutazione, che vivono un solo giorno  e non trovano radici
per proiettarsi sul futuro. Eppure la memoria è la principale materia
prima della conoscenza, una chiave per affrontare gli eventi e la
realtà, individuarne la genesi, analizzarne i dati, comprenderne il
significato. Memoria, dunque, non come semplice fotografia del passato,
giacimento di un museo destinato al più alle ricorrenze e alle
commemorazioni, ma elemento dinamico di interpretazione e di
approfondimento di ogni situazione attuale, di cui anche il sistema
dell’informazione ha enorme bisogno per infondere passione civile,
rafforzare e far crescere motivazioni. Come nel campo solitario e
devastato della lotta alle mafie, soprattutto nei territori del
Meridione occupati dal crimine organizzato e dal sistema corrotto delle
contiguità politico-amministrative, che, nel vuoto lasciato dallo
Stato, ne consente il dominio sociale, poi lo sviluppo in immersione,
infine il riemergere  al Nord nel gran mare dell’economia legale.

Non
c’è purtroppo questo tipo di “memoria” nell’epoca del “consuma e
getta”, nell’indifferenza di un’opinione pubblica che, complici
l’assenza e il silenzio di giornali e TV, non solo dimentica le
innumerevoli vittime della sopraffazione mafiosa, a volte non
conoscendone neppure la morte, ma ancor più – nelle rare occasioni in
cui è chiamata a ricordarsene – ignorandone i precisi nessi con fatti
di drammatica attualità.
Le mafie di questo si fanno un punto
d’orgoglio: cancellare la memoria di una delle loro vittime, quando non
sono riuscite nel tentativo di disinformazione che spesso segue il
delitto, rinsalda il dominio sociale e la loro immagine di
invincibilità.

E’ quanto è accaduto per Federico Del Prete e
Domenico Noviello, il sindacalista ucciso nel 2002 a Casal di Principe
e l’imprenditore assassinato a Castel Volturno nel Maggio scorso. Del
Prete cercava di organizzare sindacalmente la miriade di venditori
ambulanti che costituiscono un pingue pascolo per la camorra nelle
province di Napoli e Caserta. Aveva convinto tanti a non pagare il
pizzo, denunciato i corrotti: gli spararono in faccia nel suo piccolo
ufficio. Lasciava cinque figli. Da allora i venditori ambulanti sono
tornati ad essere “schiavi” del sistema criminale e della corruzione
amministrativa. Noviello aveva denunciato nel 2005 i clan dei
“casalesi” dopo essersi rifiutato di pagare il racket, testimoniando
nell’ambito del primo processo Spartacus. La vendetta è arrivata  anni
dopo, perché i clan, diversamente dai media, la memoria la mantengono
attiva…

Due uomini onesti, ciò che in terra di camorra vuol dire
coraggio. In quell’allucinante distesa di cemento che unisce senza
confini urbanistici Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Trentola
Ducenta, Casapesenna. Un ammasso informe di cemento privo di piazze,
sagrati, luoghi di socializzazione, spazi urbani riconoscibili,
cosparso di immondizie a cielo aperto, discariche abusive, rifiuti
tossici che inquinano una bellissima campagna, dove nei dedali grigi
emergono le pazzesche ville frutto del malaffare e del crimine, muri
altissimi vigilati come fortini.

E i tanti beni confiscati alla
camorra, ma abbandonati, non assegnati né gestiti, a volte spogliati o
semidistrutti dai “proprietari” prima di varcare la soglia del carcere. Ora
Libera della provincia di Caserta e il Comitato Don Peppe Diana, che
insieme a Libera Informazione e ad Articolo 21 hanno dato vita a tre
giorni straordinari di impegno civile in nome di quel sacerdote
assassinato in chiesa perché “parlava di diritti al suo popolo”, per
trasformare la terra di camorra in “terra di lavoro”, formare
finalmente una cooperativa di Libera Terra, aprire spazi  associativi,
chiedono al Presidente della Repubblica di conferire medaglie al valor
civile a Federico Del Prete e a Domenico Noviello.

E’ “un
riconoscimento ad una comunità – dicono nella petizione, per la quale
Articolo21 e Libera Informazione rilanciano la raccolta delle firme, www.articolo21.info
– quella del volontariato e dell’associazionismo, che non vuole
arrendersi di fronte a nessuna barbarie, ma si mette in gioco fino in
fondo per spezzare il cerchio dell’indifferenza e organizzare la
speranza”.
Una memoria che incide oggi, dopo l’esemplare condanna
del processo d’appello ai clan casalesi, sul quale solo lo
straordinario impatto di “Gomorra” di Roberto Saviano ha fatto
accendere per alcuni giorni i riflettori dell’informazione. Una memoria
che dice no ai delitti intimidatori di clan ancora fortissimi, come al
sistema delle complicità politiche che va ora attaccato nei suoi gangli
amministrativi ed economici, insieme con lo sforzo civile di fare
breccia nel muro  di un’ostilità popolare frutto di paura, di
ignoranza, di sottocultura.

Quelle medaglie al valor civile non parlerebbero solo ai cuori, scolpendovi indelebilmente il ricordo
di
quanti hanno sacrificato la vita, ma sarebbero un concreto
investimento  per affrontare insieme, Stato e società responsabile, gli
enormi problemi irrisolti di una Repubblica che non può permettersi di
perdere la guerra contro le mafie, per non perdere sè stessa

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