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Masciari, Noviello e gli altri testimoni
“Così lo Stato abbandona chi denuncia”

Di redazione il . Calabria, Dai territori

Un’amara denuncia, una replica puntuale anche se parziale, la durezza dell’esilio a vita. La storia di Pino Masciari è la storia del travaglio e della paura dei testimoni di giustizia. Che troppo spesso si sentono abbandonati dallo Stato, dal punto di vista umano innanzitutto. Ultimo atto una dura polemica con il ministero del’Interno, mediata da alcuni articolo del Corriere della Sera. Con una polemica destinata a durare sulla vicenda dell’impenditore campano Domenico Noviello, ucciso dai Casalesi a maggio, mai entrato nel programma di protezione.

IL CORRIERE ALL’ATTACCO:
TESTIMONI ABBANDONATI
E’ l’8 luglio e il giornalista Carlo Vulpio pubblica sul quotidiano di via Solferino due articoli dedicati all’odissea dei testimoni di giustizia, con un approfondimento sulla vicenda Masciari. “Undici anni di esilio”, così è riassunta la vicenda dell’imprenditore edile di Vibo (la sua azienda era la settima in Calabria, con cento operai fissi e altrettanti collaboratori) costretto ad abbandonare la propria casa per aver detto no alle estorsioni con una denuncia. Più volte Masciari ha lamentato di essere stato “sequestrato” dallo Stato, un esilio a vita per l’intera famiglia dalla propria terra, l’impossibilità di riprendere il proprio lavoro, di tornare in Calabria sotto protezione.

C’è anche un altro caso eclatante, quello dell’imprenditore Domenico Noviello, coraggioso nel denunciare il clan dei Casalesi nel 2001. E punito il 15 maggio del 2008 a Castelvolturno. Secondo il primo quotidiano del Paese, nel 2003 la commissione centrale di protezione (ministero dell’Interno) avrebbe ritirato la protezione perché Noviello non correva più rischi.

IL MINISTERO ALZA GLI SCUDI:
MOLTO E’ CAMBIATO
Il Viminale replica in una lunga nota alle bordate del Corriere della Sera. Primo dato: la commissione centrale ha riconosciuto a Masciari 3,5 milioni di euro di “liquidazione”, la cifra più alta fino ad oggi.Il ministero ripercorre la vicenda sottolineando come già nel 2004 l’allora ministro del’Interno Alfredo Mantovano avesse proposto un risarcimento di 1.3 milioni per il fallimento e la riabilitazione di Masciari. Una proposta rifiutata, con tanto di ricorso al Tar. Segue, sotto il governo Prodi, la nuova proposta che ammonta a 3,5 milioni. Intanto Masciari, si precisa, continua a percepire un assegno e a usufruire di un alloggio.

Poi le bacchettate al Corriere, accusato di dare un’immagine falsa che “non rende un servizio alla verità e scoraggia chi intenda affrontare un percorso difficile, ma non da clandestino”.  Dal 2001 molto è cambiato, tanto che “i nuovi ingressi nel programma sono quadruplicati in sette anni”.  Ultima precisazione: l’imprenditore Noviello non è uscito dal programma di protezione nel 2003 semplicemente perché non vi è mai entrato. Una smentita che, probabilmente, aggraverà le contestazioni del fronte dei testimoni di giustizia.

MASCIARI E NOVIELLO
Lo sfogo dell’imprenditore vibonese non si è fatto attendere: al ministero Masciari ricorda di aver perso tutto con il trasferimento al  Nord. Una perdita risarcita, di diritto. In altri termini la prima proposta, quella del 2004, considerava il semplice risarcimento relativo al fallimento dell’azienda, senza un euro in più. Ma la cosa che ha fatto infuriare Masciari riguarda l’aspetto sicurezza: non era prevista la protezione, il che vorrebbe dire rinunciare per sempre alla Calabria, un esilio inaccettabile per il focoso imprenditore : “I nostri figli hanno conosciuto nel 2007 i nonni i cugini, gli zii”. Anche la nuova capitalizzazione non tiene conto della questione sicurezza. Ancora una condanna all’esilio. Che per Masciari è motivo di scandalo: “Non sono quindi i “testimoni di giustizia” a scoraggiare chi intende denunciare i malavitosi ma il trattamento che i testimoni ricevono dallo stato una volta entrati nel programma”. Di certo c’è che i testimoni di giustizia vanno protetti. Per non fare la fine di Noviello.

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