Incendi dolosi, Calabria ad alto rischio
Italia in fumo e Calabria prima tra le regioni più infiammate del paese. Questo il bilancio fotografato nel rapporto Ecomafia di Legambiente in cui spicca la natura prevalentemente dolosa dei 10mila incendi che nel 2007 hanno devastato oltre 225 mila ettari di boschi e foreste italiani, di cui 8000 in terra calabrese. In aumento rispetto agli anni precedenti, parallelamente alle risorse finanziarie stanziate – 10 milioni di euro per l’anno 2007 -, gli incendi in Italia individuano nella nostra regione la capofila, con oltre 2000 incendi sui diecimila totali, seguita dalla Campania e dal Lazio.
Speculazioni edilizie, faide, ramificazioni illecite collegate al rinnovamento dei pascoli e attività economiche pericolose, dunque interessi criminali che si infiltrerebbero anche nella gestione dei contratti stagionali degli operai forestali, impegnati in prima linea unitamente al Corpo Forestale dello Stato, ai Vigili dei Fuoco e alla Protezione Civile nelle attività di avvistamento e spegnimento dei roghi. Tutto questo si cela dietro le fiamme che distruggono migliaia di ettari di terra, mandando in fumo l’Italia e la Calabria.
Le ceneri che, specie nei mesi estivi attraversano l’Italia, sono quindi legate a doppio filo con la criminalità, A dirlo sono le cifre laddove oltre 8000 incendi su dieci mila sono stati, solo nel 2007, di natura dolosa e dunque non dovuti ad imperizia, impreparazione o omessa vigilanza nell’espletamento di attività di eliminazione di residui vegetali. Qui non trattasi di omissione ma di commissione di illeciti ambientali. Pastori che estendono le aree di pascolo, imprese edili che sostituiscono il verde degli alberi con il grigio del cemento. poi ancora necessità di creare opportunità di rimboschimento, screzi tra concorrenti o regolamento di conti tra famiglie in competizioni per il dominio della zona, operai forestali in cerca di ore di straordinario, discariche abusive altamente infiammabili.
Uno scenario che diventa appetibile solo dopo essere stato raso al suolo, solo dopo aver spento il fuoco. Un’altra delle realtà capovolte che ancora una volta affossa la Calabria, come accaduto lo scorso anno nonostante fossero vigenti le linee guida della Regione Calabria in materia di lotta agli incendi boschivi (d.r. aprile 2002/259) e nonostante lo specifico programma avviato dalla Provincia per il periodo 2004-2007.
Uno degli strumenti predisposti per la prevenzione degli incendi è il catasto delle aree boschive percorse dai roghi, istituito per proteggere i luoghi rasi al suolo dal fuoco da deviazioni delle destinazioni d’uso per un periodo di quindici anni, da edificazioni e da utilizzo come zone di caccia o pastorizia per un periodo di dieci. La Sicilia ha superato la Calabria con l’inosservanza totale dell’obbligo di istituire tale catasto, previsto come deterrente dalla legge 353 del 2000.
La Calabria, che nel 2007 contava solo sul 12% dei comuni procedenti al catasto delle aree bruciate, adesso conta sul 75% di essi. Senza l’esistenza di questo strumento, i divieti preposti alla prevenzione di futuri roghi finalizzati a costruzioni abusive e ad utilizzazioni improprie dei suoli, sarebbero del tutto inefficaci, non decorrendo alcuna prescrizione. Prezioso a questo fine si è rivelata l’attività di elaborazione della perimetria delle aree bruciate, di competenza del Corpo Forestale dello Stato.
Questo uno dei risultati evidenziati in occasione del recente incontro svoltosi presso la prefettura di Catanzaro alla presenza del sottosegretario Guido Bertolaso, quando venne istituita la Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP), prevista già dalla legge 353 del 2000, facente capo alla Regione, attiva da giugno con sede a Catanzaro e con il ruolo di coordinamento dei vari attori coinvolti. Ruolo svolto, fino allo scorso anno, dalla COR (Centrale Operativa Regionale del Corpo Forestale) unitamente alla funzione istituzionale di polizia giudiziaria e nonostante le innumerevoli lacune di personale e di mezzi. Tra gli altri elementi di novità per il 2008, accanto alla SOUP, vi è anche la predisposizione da parte dei comuni calabresi dei programmi di intervento per incendi con interfaccia, ossia in prossimità dei centri abitati. Dunque l’attività di sollecitazione svolta dai prefetti a pena di commissariamento per la specifica questione aree incendiate, ha prodotto i suoi frutti.
Emergono tuttavia dei profili problematici nella gestione delle risorse utilizzate dalla regione Calabria in materia di repressione degli incendi, come evidenziato dalla sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei Conti laddove sottolinea una prevalente allocazione della spesa pubblica sul versante dello spegnimento piuttosto che su quello della prevenzione. Fino a novembre scorso la stessa prevenzione ancora non risultava trattata adeguatamente nella programmazione comunitaria 2007/2013, nonostante ingenti fondi da cui attingere.
E’ stato infatti evidenziato come elevatissimo sia il rapporto tra stanziamenti, impegni e pagamenti con interventi che non hanno riguardato solo attività di prevenzione degli incendi ma anche il finanziamento di imprese e programmi privati nel settore agricolo. Inoltre i costi sostenuti per gli interventi del personale dell’Afor e dei consorzi di bonifica appaiono più come interventi di assistenza che di salvaguardia boschiva, con la conseguenza di avere speso denaro pubblico, anche di provenienza comunitaria, per pagare stipendi più che per prevenire gli incendi. Lo confermano le cifre con un esborso di oltre nove milioni di euro per i consorzi di cui otto milioni solo di stipendi, con riferimento al 2006. Margini oscuri, poi, hanno caratterizzato, secondo la Corte dei Conti, le procedure di affidamento del servizio aereo antincendio del 2002 e 2005, con l’aggiudicazione definita irrituale alla Eli-Fly nel 2002 e alla Elieuro nel 2005, e con un bando che per gli anni 2007 e 2008 è stato tardivamente adottato.
da Strill.it
Trackback dal tuo sito.