Cronache dalla Sicilia 2 – Castellammare del Golfo
Se storicamente cercate in Sicilia la
«culla» di Cosa Nostra è a Castellammare del Golfo che potete venire
a trovare delle cose interessanti. Vicende che per la verità fino a
qualche anno addietro non offendevano nessuno in paese; quasi suscitava
orgoglio parlare dei Bonanno, dei Maranzano, delle «famiglie» che
hanno esportato in America proprio da Castellammare del Golfo la tradizione
mafiosa. Le cose sono cominciate a cambiare quando i «cani non sono
rimasti più attaccati» (frase adoperata dal pentito Giuffrè per parlare
della impunità che per decenni è stata mantenuta da Cosa Nostra) e
le indagini hanno cominciato a scoperchiare le pentole con dentro gli
intrighi mafiosi. Ed allora parlare della mafia senza rispetto ha cominciato
a dar fastidio. Ed è allora che qui a Castellammare si decisero le
strategie e le stragi, quella di Pizzolungo del 1985, quella di via
D’Amelio del 1992, il tentato omicidio Germanà nello stesso anno, le
stragi di Roma, Milano e Firenze del 1993.
In tutti questi anni però la mafia da
combattere a Castellammare era quella militare. Indenne era rimasta
quella degli appalti, delle commistioni, del condizionamento politico.
Fino a quando tra il 2005 ed il 2006 la Polizia non scoprì i complici
dei mafiosi che sedevano sui banchi dell’amministrazione, o dietro le
scrivanie degli uffici. Castellammare del Golfo mai era caduta sotto
la scure dello scioglimento degli organi amministrativi per inquinamento
mafioso, ma fu quello che 2 anni addietro accadde. Costretto a fare
le valigie fu un medico che faceva il sindaco, Giuseppe Ancona, quota
Forza Italia. Il suo nome era finito indicato agli atti dell’ispezione
ministeriale per avere avuto il suocero che qualche favore ai mafiosi
lo avrebbe pure fatto, come vendere un terreno dove venne realizzato
un bunker che doveva servire a tenere nascosto un imprenditore che la
mafia voleva sequestrare, l’editore Ardizzone.
Per due anni hanno lavorato i commissari
e in Comune scoprirono la legalità, e un anonimo inguaiò uno dei commissari,
il prefetto Vito Mattera, che faceva la cresta sui rimborsi spese. La
terna venne sostituita e arrivarono tre donne a fare da commissari.
Queste prima di andare via hanno deciso di intestare il comando della
Polizia Urbana e la biblioteca alle vittime della mafia, al vice questore
Ninni Cassarà, alla famiglia Asta dilaniata dal tritolo di Pizzolungo,
ma non solo, hanno avviato procedure per fare ottenere al Comune i risarcimenti
da quegli impiegati scoperti essere a disposizione della mafia. Poi
c’è stato il voto. E il nuovo sindaco è diventato un imprenditore,
origine bergamasche, Marzio Bresciani, in quota Pdl, ex presidente dell’Assindustria
di Trapani.
È lo stesso imprenditore che nel 2000
deponendo in Tribunale negò di avere mai subito richieste estorsive,
quando un pentito raccontava che la sua azienda trovandosi a cavallo
tra due territori pagava due distinte «famiglie». Bresciani è quel
presidente di Confindustria che nel 2003 incontrò il prefetto di Trapani
Sodano e gli presentò l’imprenditore del cemento Vincenzo Mannina pronto
a comprare la Calcestruzzi Ericina, l’azienda confiscata alla mafia.
Due anni dopo si scoprì che quello era anche il progetto del capo del
mandamento Francesco Pace, togliere la Ericina dalle mani dello Stato
perchè diventava pericolosa concorrente. Il prefetto Sodano si limitò
ad ascoltare, poi convocò le imprese che gestivano appalti pubblici
e disse loro che era alla Ericina che dovevano rivolgersi per compare
il cemento, ma le commesse continuavano a scendere e l’azienda rischiava
il fallimento. La Confindustria di Bresciani fu quella che pose dubbi
sulla legittimità dell’azione di Sodano che sponsorizzava la Ericina.
Sulle altre azioni non disse mai nulla. Sui tentativi di altre aziende
di controllare il mercato nessuno si è mai accorto di niente. Anche
quando Mannina fu arrestato e si scoprì che Sodano nel 2003 venne tarsferito
per avere ostacolato quel disegno di far fallire la Calcestruzzi Ericina.
L’azione di Bresciani risulta essere stata condotta in buonafede, ma
di quell’episodio non ha mai parlato, nemmeno per fare autocritica.
Intanto l’ex presidente di Assindustria è ora diventato sindaco di
Castellammare, dove si spera che non finisca come nel «Gattopardo»,
cambiare tutto per non cambiare niente.
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