Debiti e stipendi d’oro a Taranto
Una serie di verifiche condotte dagli ispettori del lavoro e dai militari dell’Arma portano al sequestro preventivo e poi probatorio di 18 mila metri quadrati di terreno all’interno dello stabilimento. Le cause: violazione delle norme sulla sicurezza e inquinamento del sottosuolo. Attualmente il bacino è fermo e con esso l’intera attività dell’Arsenale. Persino un sommergibile è rimasto bloccato al suo interno. Lo spreco che tutto ciò comporta grava naturalmente sulle tasche dello Stato.
Il degrado in cui è stato sorpreso lo storico stabilimento ionico non è stato prodotto nel giro di poco tempo ma è evidentemente il risultato di anni di incuria, assenza totale di controlli e attività illegali coperte dagli alti vertici della Marina Militare, come ha sottolineato l’Ispettore del lavoro Nando Severini, che ha disposto il sequestro dell’area.
In passato i tecnici della Marina avevano già dichiarato lo stato di pericolosità in cui versava l’Arsenale, ma non si è intervenuto, lasciando che i lavoratori continuassero a rischiare la propria vita, continua Severini.
L’Arsenale ora rischia di chiudere e migliaia di persone potrebbero perdere il proprio impiego.
I processi che vedono coinvolti l’ex Direttore Alberto Gauzolino, l’attuale Giulio Cobolli ed altri, iscritti nel registro degli indagati per aver coperto le responsabilità di dieci ditte appaltatrici, e per i quali era stata chiesta la custodia cautelare, successivamente respinta, avranno i tempi lunghi della giustizia italiana.
Ma sembra chiaro il tentativo di quella che è stata definita dallo stesso Stato Maggiore “una cupola mafiosa militare coperta dai politici” di contrastare le indagini, anche attraverso pressioni più o meno indirette su chi lavora al caso.
A questo fa pensare il trasferimento improvviso del Maresciallo dei Carabinieri che collaborava con l’Ispettore Severini nonché lo “smembramento delle competenze con lo spostamento di un fascicolo presso un altro magistrato”.
L’Arsenale di Taranto è al collasso: appalti sospetti, amianto, processi. Ancora una volta in Italia l’interesse personale prevale su quello collettivo.
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