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Reati ambientali, Calabria seconda

Di Anna Foti il . Calabria

Scarti o avanzi della più diverse attività umane, i rifiuti possono divenire risorsa se correttamentre riciclati oppure, se irresponsabilmentre smaltiti o illegalmente gestiti e accumulati in siti abusivi, possono divenire causa di inquinamento ambientale e veleni che danneggiano la salute. Ebbene in alcune regioni di Italia, prevalentemente meridionali con la Calabria al quarto posto dopo la Campania, il Veneto e la Puglia, la questione rifiuti degenera in rischio e non rappresenta una risorsa. La risposta risiede nel fatto che essa è legata a doppio filo con le attività criminali di stampo mafioso. Ospitante significative quantità di rifiuti autoprodotti o importati dalla Croazia, dalla Serbia e dall’Albania, l’ Italia non disdegna di esportarle anche all’estero, verso Hong Kong, Tunisia, Pakistan, Cina e Senegal. E’ un’escalation continua proprio in ragione delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che si infiltrano nella gestione del ciclo di smaltimento di rifiuti urbani o speciali, trasformandolo in traffico per trarne un lucro. Un  circuito del malaffare che lascia proliferare il numero di reati, di sequestri e di persone denunciate per illeciti legati ad esso. A denunciarlo è il rapporto sull’Ecomafia 2008 con cui annualmente Legambiente fotografa la realtà dell’illegalità ambientale nel nostro paese, rielaborando i dati  statisitici forniti dal Comando per la Tutela dell’Ambiente dell’Arma dei Carabinieri, dal Corpo Forestale dello Stato, dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia di Stato e Corpi Forestali delle regioni e province a statuto speciale. Legambiente ci consegna uno scenario, di anno in anno sempre più allarmante, relativo alla criminalità ambientale, ossia all’impatto che sul territorio producono lo smaltimento scorretto di rifiuti urbani e speciali, l’abusivismo edilizio, il ciclo del cemento e il racket di animali. E in questo contesto più ampio, rispetto al solo traffico di rifiiuti, che la ‘ndrangheta consente alla Calabria di guadagnare terreno e di seguire al secondo posto la Campania nella classifica di regioni maggiormente colpite da illegalità ambientali. 239 clan  hanno gestito nel 2007 un volume di affari pari a 18 miliardi e 400  milioni di euro (1/5 degli introiti complessivi delle mafie). Oltre 30 mila gli illeciti accertati (4141 solo in Calabria di cui 389 nel ciclo dei rifiuti), oltre 22 mila persone denunciate (2010 in Calabria di cui 439 per reati connessi allo smaltimento dei rifiuti) e poco più di 9 mila sequestri (816 in Calabria di cui 213 strumentali ad indagini sul traffico di rifiuti) disposti dalla magistratura ed effettuati dalle forze dell’ordine. 22 inchieste solo nel 2007 lasciano arrivare a 96 il numero totale delle indagini condotte in contestazione del reato di traffico illecito di rifiuti con 56 procure al lavoro sugli innumerevoli filoni tra cui anche quelle di Castrovillari e Paola, in provincia di Cosenza. Tutte cifre che rivelano un aumento significativo rispetto allo scorso anno. Il 30 % del fenomeno ha matrice campana a calabrese. Seguono la Puglia, il Lazio e la Sicilia. Numeri di una gravità inaudita che adesso faranno il giro del paese grazie anche alle 12 tappe italiane, e una a Bruxelles, di un tour di sensibilizzazione in partenza da Riccione il 6 giugno, in occasione del premio Ilaria Alpi, e in arrivo anche in Calabria, a Gioia Tauro, il prossimo 23 giugno.
 

Nel giro del traffico di rifiuti e degli illeciti ambientali, la Calabria c’è ed è merito della ‘ndrangheta. Ma è un merito che le ‘ndrine spesso condividono. A volte con i colleghi camorristi e altre volte con le amministrazioni locali. L’istituto di ricerca socio-economica, Censis, nella sua relazione sulle sicurezza di fine 2006 richiamata da Legambiente nel rapporto sull’Ecomafia,  scrive di una ‘ndrangheta “in sistematica infiltrazione nel tessuto imprenditoriale, soprattutto nei settori alimentari e della grande distribuzione, immobiliare, turistico-alberghiero, edile, sanitario e nello smaltimento dei rifiuti”. E’ la stessa commissione parlamentare Antimafia a confermare l’interessamento delle cosche calabresi a questo giro di affari, divenuto un appetibile ambito di intervento per le organizzazioni criminali. Considerato uno dei gangli del tessuto socio – economico di un territorio, anche i rifiuti stuzzicano l’interesse di associazioni dinamiche e alla caccia di profitti come la mafia calabrese. Un controllo che non lascia fuori alcuna provincia e che viene documentato nel 2006 dagli atti dell’operazione “Ronin”, nell’ambito della quale il Gip del tribunale di Reggio Calabria  ha emesso ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 13 persone indagate per associazione mafiosa, estorsione, corruzione di amministratori locali e frode nella gestione di pubblici servizi legati allo smaltimento di rifiuti e alla gestione delle discariche.

Tornando alle fruttuose collaborazioni con la vicina Campania, il riscontro arriva con l’operazione Matrix che nell’agosto 2005 ha interessato tre autoarticolati provenienti da Castrovillari in provincia di Cosenza, intercettati a Laino Borgo dalle forze dell’ordine. Essi trasportavano materiale ferroso, lamiere accartocciate, vecchie batteria d’auto e rifiuti impreganti di olio esausto. Il tutto impacchettato in Calabria sarebbe poi stato trasportato nell’immenso centro di demolizione di Polla nel salernitano. Si stima che oltre  25  mila tonnellate di rifiuti provenienti dalla Calabria siano state introdotte illegalmente in Campania tra il 2001 e il 2005. Ma perchè entrare in affari solo con i colleghi campani e non puntare anche ad una gestione dei rifiuti ancora più locale? Le ‘ndrine potrebbero non essersi fatte pregare e potrebbero avere intrecciato relazioni fruttuose con  le amministrazioni locali per manipolarne i servizi In questo senso, ad Amantea, nel cosentino, indaga la procura di Catanzaro nell’ambito di una della più ampia operazioni condotte contro le cosche della ‘ndrangheta nel circondario di Paola. Trattasi di un territorio, unitamente a quello vinobese, a rischio anche per la presenza di discariche abusive. Solo alcune settimane fa è stata sequestrata un vasta area, compresa tra i comuni cosentini di Aiello Calabro, Serra d’Aiello, San Pietro in Amantea  e Amantea, lungo il bacino del fiume Olivo, perchè sospettata di ospitare rifiuti tossici. In corso di accertamento l’area è a disposizione del pm Francesco Greco che richiama l’inchiesta “Navi a perdere” relativa ad affondamenti dolosi nei nostri mari di imbarcazioni che avrebbero potuto trasportare rifiuti tossici. E’ lo stesso pm Greco a coordinare l’indagine relativa ai resti della motonave ex Jolly Rosso, arenatasi nel tratto di costa tra Amantea e Campora San Giovanni nel dicembre 1990. Un filone rimasto in piedi, contrariamente a quello seguito a Reggio Calabria dal procuratore Francesco Neri, la cui indagine fu archiviata nel 2000. Un’inchiesta, quella reggina, brutalmente segnata dalla morte sospetta del Capitano Natale De Grazia, del pool investigativo ecomafie della procura reggina. Un’inchiesta che, tuttavia, riuscì a porre in luce importanti collegamenti con l’affondamento della Rigel, a largo di Capo Spartivento in provincia di Reggio Calabria nel settembre del 1987 e  con la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che denuciavano traffici di sostanze radioattive con la Somalia. Un intreccio, questo, ancora oggi velato dal mistero.
La nostra regione, dunque, non è insensibile alla produzione, al passaggio e al deposito in mare e in terra di rifiuti speciali come dimostrato dal recupero, nell’ambito dell’operazione “Girotondo” di 40 mila tonnellate di inerti da demolizioni, fanghi industriali e ceneri di inceneritori provenienti anche dalla Calabria e dirette nel viterbese.  Evidenziato, inoltre, nella relazione annuale della Direzionale Nazionale Antimafia, il ruolo determinante dell’area portuale di Gioia Tauro nelle gestione dei traffici internazionali di rifiuti. Anche in questo caso parlano i dati con il sequestro nel luglio 2006, nell’ambito dell’operazione “Export”, di 135 container carichi di rifiuti di diversa tipologia, quindi anche industriali, e destinati all’estero. Questo ulteriore riscontro ha nuovamente posto un accento significativo sull’interessamento che la ‘ndrangheta riserva anche al traffico di rifiuti speciali.
Potrebbero, infatti, crescere e poi sparire nell’ombra montagne di rifiuti tossici, anche nella nostra regione.

(da Strill.it)

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