Paceco: prima raccolta di grano sui terreni confiscati al boss Virga
Sono in tutto
Lo avevamo visto da lontano che guardava incuriosito i nostri movimenti, alla fine ci raggiunge, ci chiede chi siamo e cosa stiamo facendo. Il poliziotto a quel punto mostra le chiavi del casolare, e dice “siamo i proprietari”. Come i proprietari? Non siete Virga? E no “ziu meo” siamo i nuovi proprietari, siamo lo Stato è proprietario adesso qui. Il terreno don Vincenzo Virga lo aveva comprato anche con il denaro ottenuto per il sangue versato dai morti ammazzati, non potendoci riprendere quelle vite, ci riprendiamo questo maltolto. Il boss è in carcere, condannato all’ ergastolo per una serie di delitti dei quali è stato mandante, la strage di Pizzolungo, la faida del Belice, l’uccisione dell’agente di custodia Giuseppe Montalto, è indagato per avere ordinato l’ assassinio di Mauro Rostagno, è sotto inchiesta per i suoi connubi con la politica e l’imprenditoria, sedeva al tavolino dove si spartivano gli appalti prima che la mafia stessa diventasse, sempre sotto la sua direzione, impresa.
Ricercato dal 1994, la squadra Mobile di Trapani diretta dal vice questore Giuseppe Linares lo ha arrestato nel febbraio del 2001, lui davanti agli agenti più di un “mah” non ha saputo dire, in Tribunale poi avrebbe anche dichiarato che “la mafia fa schifo”, nel frattempo aveva anche inguaiato i suoi figli, Franco e Pietro finiti anche loro in carcere. Ufficialmente piccolo imprenditore, pensionato, pensione che l’ Inps gli ha pagato mentre era anche latitante, Virga si è scoperto che possedeva un portafoglio societario dal valore di 7 miliardi di vecchie lire, buona parte confiscato. Tra queste la famosa Calcestruzzi Ericina e anche questo terreno, località Giancheria di Paceco, centro agricolo a pochi chilometri da Trapani. Dalla confisca all’assegnazione è trascorso più di qualche anno, perché l’intenzione degli “eredi” di Virga era di rendere improduttivi questi terreni, e far fare allo Stato una magra figura, invece c’è stata l’assegnazione alla cooperativa Placido Rizzotto di Corleone, e in questi giorni c’è stata la prima raccolta di grano.
Nell’ hinterland trapanese la cosa non ha precedenti e rappresenta un altro traguardo raggiunto. Impensabile fino a qualche anno addietro, quando qui si negava l’esistenza della mafia. Adesso invece si è fatta la mietitura. Vera festa vera contro quei boss che si camuffavano da imprenditori mentre ordinavano i delitti più cruenti. È trascorso tempo per arrivare a questo traguardo anche rispetto a quando, prendendo coscienza della presenza del fenomeno mafioso, si è cominciato a sentire ripetere in maniera positivamente ossessiva la necessità da parte della società onesta di riprendersi il maltolto, togliendo i patrimoni ai mafiosi. Si è cominciato ad allungare il numero delle confische ma spesso è successo che di fatto erano ancora i mafiosi ed i loro familiari a restare proprietari di quei beni.
Le più recenti indagini hanno anche consegnato un altro aspetto della realtà: i boss che addirittura volevano riprendersi i beni che pure una assegnazione ed un affidamento li avevano avuti, tentativo sconfitto dall’azione investigativa della magistratura e della squadra Mobile e da un coraggioso prefetto, Fulvio Sodano. Alla fine i mafiosi sono stati cacciati via dai beni che continuavano a controllare. Le mire dei mafiosi erano soprattutto per
Oggi tocca a Paceco, il maltolto che qui ci si è ripresi ha la forma e i colori del grano, 35 quintali di frumento raccolti per ognuno dei
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