A Bruxelles “Contro tutte le mafie”
C’è un’Europa giovane, idealista, ma anche pratica e senza preconcetti che vuole dare battaglia contro la “mala pianta” delle mafie. Oltre 300 persone di 30 paesi, soprattutto giovani si sono ritrovate nelle aule del Parlamento di Bruxelles, e continueranno fino a martedì 10 giugno, per discutere dei pericoli dele tante mafie nazionali, di come contrastare la piovra della criminalità organizzata, che in molti paesi europei e della riva mediterranea ormai hanno contaminato la vita politica e sociale.
Organizzata da Libera di Don Ciotti questa “tre giorni” serve a lanciare la rete di “sopravvivenza e lotta civile” che è stata ribattezzata FLARE, ovvero: Freedom, Legacy and Rights in Europe, cioè libertà, legalità e diritti in Europa. Rappresentanti di associazioni della società civile che da anni si battono contro i crimini delle tante mafie nei 27 paesi dell’Unione Europea, ma anche della Russia, Giordania, Turchia, Egitto e Libano. Tanti ragazzi delle università, oltre a rappresentanti di associazioni dei familiari delle vittime, magistrati in prima linea nella dura lotta alle mafie, parlamentari europei e nazionali, studiosi del fenomeno, per un summit che trova il sostegno di personalità come il presidente del Parlamento Poettering (“sostengo il vostro impegno a nome della nostra assemblea contro gli ecocrimini, la tratta degli esseri umani e le nuove mafie mondiali”), e del ministro degli esteri italiani, Frattini (“il mio è un sostegno convinto ad una iniziativa che vuole dare una risposta transnazionale contro questa minaccia”).
Ne abbiamo parlato con Don Ciotti, animatore di questo incontro internazionale.
D. Cosa vi aspettate dall’Europa con questo vertice internazionale?
R. “Bruxelles alimenta la speranza, dimostrandosi una grande nemica della mafia e dell’illegalità, perché tutte le forme di illegalità sono nemiche del cambiamento, inquinano i comportamenti della gente, i processi dello sviluppo economico e civile. Certo, il nostro è un percorso lungo, che abbiamo iniziato 10 anni fa proprio qui a Bruxelles. Da una parte ci troviamo di fronte alla globalizzazione delle mafie economiche e dall’altra dobbiamo opporre la globalizzazione dell’impegno della gente, di una società e di tante persone che vogliono sentirsi responsabili. Occorreva, quindi, creare una rete europea con l’obiettivo internazionale, come FLARE, perché le mafie hanno le loro interconnessioni: ad esempio la ‘ndrangheta calabrese gestisce il traffico della cocaina nel Nord Europa, mentre quella russa è arrivata persino dentro la finanza della City di Londra. Ci vuole, insomma, una consapevolezza internazionale, quantomeno europea”.
D. In apertura dei lavori, lei ha ricordato anche le ultime vittime di mafia e camorra.
R. “Ho voluto rendere onore all’imprenditore assassinato dalla camorra, al bambino ferito gravemente, in fin di vita, durante un conflitto a fuoco della ‘ndrangheta per un regolamento di conti, e al giovane tenente dei carabinieri ucciso da una banda di malviventi a Pagani, venerdì scorso. Io lo conoscevo Marco Pittoni, che operava in un contesto difficilissimo. Avevo parlato con lui ed oggi avrei tanto voluto essere vicino alla sua famiglia, durante i funerali nel Sulcis, in Sardegna. Ma credo che anche questo essere qui sia un modo concreto di mostrare la nostra vicinanza ai servitori dello stato e alle vittime delle mafie, come i tanti morti, disperati che cercano di emigrare clandestinamente verso il nostro paese”.
D. A proposito di emigrazione clandestina, si parla tanto di emergenza criminalità e il governo vorrebbe contrastarla con leggi severe, al limite della legalità, secondo l’Associazione nazionale magistrati.
R. “Tutte le proposte contro l’emergenza criminalità non devono colpire gli anelli più deboli, fragili, le vittime. Occorre colpire la tratta delle prostitute e non le donne che si prostituiscono, così come bisogna combattere che gestisce e chi copre il traffico della droga. Dobbiamo sradicare il grande traffico di questi atti criminali e combattere chi tiene le fila delle grandi organizzazioni. Ma se si vuole colpire essenzialmente i clandestini, allora questa non è la strada giusta. Dobbiamo, insomma saper vivere le nostre libertà, la sicurezza in relazione agli altri, non a scapito degli altri. In nome della sicurezza, invece, si rischia di far pagare così i più deboli”.
D. Ci sono molti ragazzi in questa aula del Parlamento europeo, che cercano di stringere rapporti con i loro coetanei per difendere anche i loro diritti civili in paesi come la Russia o in quelli arabi, dove è persino difficili esprimere le proprie opinioni diverse dai governi.
R. “E’ bello vedere tanti giovani che riflettono, studiano e approfondiscono questi temi e cercano di conoscersi. Su di loro si basa la speranza di creare una nuova forza generatrice. Dobbiamo essere capaci di vivere le nostre libertà, di difendere i diritti in nome degli altri, mentre si cerca di criminalizzare clandestini e donne sfruttate, in nome di’ipotetica emergenza.
Bisogna invece resistere e resistere! Questa è una parola attiva, che significa stare insieme, essere presenti, superare la tentazione di dire basta! Bisogna camminare insieme sui sentieri di giustizia, diritti e libertà di tutti.
La speranza ha bisogno di noi!”.
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