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Ecomafie: business senza crisi

Sara Laruffa il . Dai territori

È stato presentato nella sede della Direzione Nazionale di Legambiente il 15° Rapporto annuale Ecomafia. I numeri e le storie della criminalità ambientale del 2007.

La mattinata ha visto la partecipazione di Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, Paolo Russo, presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, Ermete Realacci, Ministro dell’Ambiente del governo ombra del PD, e il capogabinetto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.   

Il bilancio del 2007 descritto nel Rapporto Ecomafia è di 83 reati al giorno contro l’ambiente: oltre tre reati l’ora. Dati preoccupanti che si uniscono al numero delle persone denunciate, degli illeciti accertati e de sequestri effettuati aumentati in media, rispetto al 2006, del 20%. Tra le diverse tipologie di reato, aumentano in particolare gli incendi boschivi, gli illeciti nello smaltimento e gestione dei rifiuti e gli illeciti in agricoltura, dove è stato stimato che un agricoltore su tre subirebbe gli effetti dell’illegalità. Diminuiscono invece i reati dell’archeomafia, con un riduzione dei furti del 10,5%.e resta stabile il mercato del traffico di animali. Inoltre, per quanto riguarda la dimensione globale dell’ecomafia, a cui è dedicata un’ampia sezione del Rapporto, dall’Italia escono rifiuti verso Hong Kong, la Tunisia, il Pakistan, il Senegal, la Cina, ed entrano rifiuti dalla Croazia, dalla Serbia e dall’Albania.

L’unico dato positivo è quello che vede il  fatturato dei clan diminuire di più di 4 miliardi di euro, calo dovuto, secondo Legambiente, ad una più incisiva azione delle forze dell’ordine. Certo non è un dato che ci avvicina ad una soluzione, visto che il fatturato resta comunque sopra i 18 miliardi di euro e che complessivamente vale 1/5 del  fatturato totale annuo delle mafie. Preoccupante è la situazione della Campania, che primeggia sia nel traffico illecito dei rifiuti, in cui insieme alla Calabria concentra il 30% degli illeciti nazionali, che nell’illegalità ambientale in generale e  nel ciclo del cemento.

Un importante dato è quello che inserisce nei “territori a rischio” molte regioni del nord, in primis la Liguria e il Veneto. In ogni caso l’incidenza nei territori a presenza mafiosa raggiunge il 36% del totale nazionale dei reati ambientali accertati dalle forze dell’ordine. E si intravede sempre più una netta riposizione dei boss, disposti adesso ad inquinare i terreni propri e quelli vicini, come ha dimostrato l’operazione Gobos dei Carabinieri contro i casalesi, che risulta essere la “mafia” più attiva e “multifunzionale” per quanto riguarda i reati ambientali.

Durante la presentazione si è discusso dei dati, e tutti i presenti hanno auspicato un iniziativa legislativa che porti ad un inasprimento delle pene per i reati legati al traffico dei rifiuti, all’introduzione nel codice penale del reato ambientale, da anni proposto da Legambiente, la ricostituzione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sui rifiuti e la costituzione di un fondo per la distruzione degli ecomostri.

Secondo Realacci l’emergenza in Campania non può che rendere più semplici le procedure, nel senso che la società civile, e non solo, ha aperto gli occhi e si stia creando una nuova e più forte “corrente ambientalista”. Che sia vero si vedrà “restiamo comunque in attesa di legislazioni più efficaci e risposte più risolutive da questo governo” ha concluso Dezza. 

Ascolta l’intervista di Libera Radio ad Antonio Pergolizzi

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