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Maroni: “si” all’agenzia per beni confiscati

Di Norma Ferrara il . Altre regioni, Calabria, Dai territori

Chiuso a doppia mandata il portone della commissione antimafia, ormai fuori anche dagli scranni del parlamento, l’ex presidente Francesco Forgione, picchia ancora duro sui temi che hanno accompagnato e caratterizzato questi due anni di lavoro della XV Commissione parlamentare antimafia, primo fra tutti l’istituzione di una agenzia per la gestione dei beni confiscati ai mafiosi, ottenendo ieri persino un via libera dal  neoministro in carica Maroni che ha dichiarato: “il Governo darà parere favorevole all’istituzione di questa agenzia, e ove ve ne fossero, anche ad altri emendamenti che mirano rafforzare la lotta alle mafie”.  

 

L’occasione del dibatto è offerta dalla presentazione nella biblioteca del Senato della Repubblica del libro sulla ‘ndrangheta, frutto della relazione della commissione parlamentare antimafia pubblicata alcuni mesi fa.

Presenti alla prima uscita pubblica di ‘Ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia  più potente del mondo,   il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il ministro dell’ interno Roberto Maroni, Marco Minniti (Pd) , il direttore di Rai news 24 Corradino Mineo e l’autore Francesco Forgione. In sala,  fra gli altri, l’ex vicepresidente della Commissione Angela Napoli, il parlamentare Giuseppe Lumia e lo storico Enzo Ciconte.

 

La dettagliata fotografia di quella che sempre più assomiglia ad una holding internazionale del crimine organizzato (da qualche giorno inclusa nell’elenco stilato dagli Usa sulle più pericolose organizzazioni criminali internazionali) si è trasformata dunque in un  progetto editoriale che è riuscito a tradurre in narratio un documento istituzionale. I ricavati delle vendita del libro edito dalla casa editrice Baldini Castoldi Dalai, andranno alle cooperative che lavorano sui terreni confiscati alle mafie.  Un libro che è il risultato di un lavoro che non sarebbe stato possibile – commenta Forgione – senza il lavoro quotidiano delle forze dell’ordine, della Dia, della Guardia di finanza. Un libro – prosegue l’ex presidente   che è stato scritto da tutti coloro i quali hanno preso parte alla relazione sulla ‘ndrangheta e  che hanno lavorato giorno e notte e anche molti week end, senza sosta. Un libro, infine,  che nasce anche per colmare un vuoto sul livello di analisi, presa di coscienza, sul livello di pervasività e di forza, della mafia calabrese.

 

Sconosciuta e ancestrale eppure nettamente inserita nella società del terzo millennio, la ‘ndrangheta, oggi più di ieri, controlla gran parte del mercato internazionale con un fatturato che l’ultimo rapporto Eurispes ha stimato intorno ai 44 miliardi di euro annui. Molecole criminali che schizzano, si diffondono da San Luca a Duisburg, dalla Colombia al porto di Gioia Tauro attraversando  tutto il mondo. Una mafia liquida, che si infiltra dappertutto, riproducendo, in luoghi lontanissimi da quelli in cui è nata, il medesimo antico, elementare ed efficace modello organizzativo. E’ tutto racchiuso nella tensione fra un qui remoto, rurale e arcaico e un altrove globalizzato, postmoderno e tecnologico, il segreto che ha consentito una accelerazione degli affari delle ‘ndrine calabresi nel mondo nel giro di pochissimi anni.

 

 Lo sottolinea il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso:  “la Calabria ha pagato anni di sottovalutazione nella lotta al crimine organizzato.  C’è un dato da sottolineare per capire la difficoltà di questo percorso: dopo gli anni ’80 e ’90 in Sicilia il grosso del traffico di droga si è spostato nelle mani delle cosche calabresi, di questo flusso però si è riusciti a disegnare il percorso delle sostanze stupefacenti, l’ andata, ma c’è moltissima difficoltà a ricostruire quello di ritorno: il denaro. Questa mancanza ha consentito negli anni il salto di qualità, per cosi dire, della ‘ndrangheta che mentre sino a qualche anno fa era uno degli attori della triade del mercato dei narcotrafficanti, oggi è centro di smistamento della droga proveniente dal resto del continente anche per Cosa nostra e Camorra. Di contro si registra –  continua Grasso – una predilezione ad investire fuori dal territorio di origine, in regioni d’Italia sin ora lontane dalle infiltrazioni delle mafie e soprattutto all’ estero. La  ‘ndrangheta – chiosa Grasso – può usufruire di una rete internazionale di cittadini calabresi che sebbene non interni al clan, forniscono basi operative, covi caldi, per sicure operazioni della mafia all’estero. Assistiamo insomma ad un fenomeno coeso ed organico a livello internazionale e locale.  C’è bisogno di una riforma morale, politica e sociale in questo senso”.

 

E di società civile e di un sud che necessità di segnali di intervento culturale e economico parla anche il ministro dell’interno del governo ombra  Marco Minniti, che definisce la ‘ndrangheta il nuovo player mondiale nel traffico di stupefacenti ma contestualmente ancora una scatola chiusa, impenetrabile tanto che mentre la cattura di un latitante o di un capo dentro Cosa nostra provoca a catena il pentimento di altri uomini del mandamento, l’arresto di Condello (una sorta di Provenzano calabrese, ndr) non ha mosso una foglia. Per sua stessa natura i legami di sangue che caratterizzano le cosche lasciano ancora irrisorio il numero di collaboratori di giustizia e dunque rende arduo lo smembramento e la conoscenza dell’organizzazione sebbene abbia subito importanti arresti e confische di beni negli ultimi anni. Ma oltre al lato repressivo dello Stato c’è bisogno che in quei comuni permeati dalle mafie le istituzioni sappiano offrire altro, investire e migliorare quelle realtà.

 

Politiche per il Sud e non tagli sulle risorse è l’appello che Marco Minniti rivolge al Governo. Il ministro leghista Roberto Maroni incassa ma di contro annuncia che si stanno valutando interventi sul porto di Gioia Tauro (attraverso utilizzo di risorse del Pon sicurezza) per rendere più efficaci i controlli sui traffici che da li passano, ricorda gli articoli in materia di criminalità organizzata contenute nel dl del pacchetto sicurezza e apre ad emendamenti sulla base delle proposte uscite anche dal lavoro di analisi e ricerca dell’ ultima commissione antimafia.

 

 Proposte contenute anche in questo libro nato perché – conclude Forgione –  non si possa dire, “non sapevamo”. Perché non possano dirlo i cittadini e soprattutto la politica.

 

 

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