Terra di camorra. I morti sono semplici numeri per la statistica
0pt”> L’assassinio di Domenico Orsi a Casal di Principe ed il ferimento di Francesca Carrino, nipote della collaboratrice Anna, avvenuto a Villaricca, un piccolo centro del napoletano, in poco più di trentasei ore hanno distolto l’attenzione dell’opinione pubblica che, seppure con un distaccato interesse, avrebbe voluto conoscere i risvolti di una manifestazione avvenuta sabato scorso a Castel Volturno ed organizzata dal mondo dell’associazionismo, della scuola e da un’esigua rappresentanza politica.
Diciamolo subito, però, nel serpentone di circa mille persone che ha attraversato il centro storico del paese fino a raggiungere la località di Baia Verde mancavano all’appello proprio gli abitanti di Castel Volturno che, anche dopo la morte, hanno preferito non sostenere Domenico Noviello, lo ricordiamo, assassinato perché alcuni anni fa decise di denunciare, facendoli arrestare, i propri estorsori. Ancora una volta, così come è avvenuto a S.Maria CapuaVetere la settimana scorsa si è preferito far compiere la prima mossa agli studenti che in questi territori, però, non crescono sposando un vero e proprio credo politico. Il folklore che ha accompagnato anche quest’iniziativa, quindi, nulla aggiunge a quel vuoto che di solito contraddistingue eventi di questo tipo visto che sembrano svolgersi nella più totale indifferenza di chi dovrebbe dare, già l’indomani, risposte concrete a quella parte di cittadinanza che pure ci prova ad alzare la testa, che pure vorrebbe opporsi al pizzo e denunciare chi glielo chiede nonostante sia chiaro che , in questo territorio, la legalità non paga. C’è da aggiungere, però, che anche esigui cortei di questo tipo, fino ad un lustro or sono, non erano ipotizzabili, quindi bisogna accogliere queste piccole gocce, in un mare così desolante, come un rinnovato segno di speranza, auspicarlo non costa nulla.
Ci sembra giusto, però, chiedere al Primo cittadino di Castel Volturno, Francesco Nuzzo, di rendersi protagonista anche di azioni concrete e non soltanto simboliche come l’innesto di un albero di ulivo “per ricordare perennemente” Domenico Noviello. A Castel Volturno si concentra il 2% dei beni confiscati alla criminalità organizzata dell’intera nazione, un rispettabile 26% di quelli sottratti nell’intera provincia di Caserta. Questo piccolo centro del casertano, che occupa il decimo posto nella classifica dei comuni italiani per numero di beni confiscati, a fronte di 63 beni suddivisi tra ville, appartamenti, box e terreni ne ha definitivamente assegnati solo quattro di cui solamente tre risultano utilizzati come centro sociale per minori e casa famiglia. Se solo il Comune provvedesse, già da domani, ad assegnare così come prevede la legge nr. 109 del ’96 questi beni avviandoli ad un riutilizzo sociale in favore della comunità, il sacrificio di Domenico Noviello non risulterebbe vano e non andrebbe ad aggiungersi ai tanti che sino ad oggi si sono susseguiti, spesso, inutilmente. Ci troveremo dinanzi, quindi, ad una chiara e precisa volontà di costruire, veramente, comunità alternative alla camorra.
Una volontà che fino ad oggi è purtroppo mancata, assenza che non possiamo giustificare nemmeno evidenziando quelle difficoltà ambientali che, da queste parti, si devono affrontare quando si prova a legiferare. In sintesi, un comportamento da deplorare con ogni mezzo. Piantare un albero non serve a nulla se poi i beni sottratti alla criminalità organizzata rimangono da oltre un decennio inutilizzati, o in alcuni casi, ancora illegittimamente occupati. Il sindaco Nuzzo e la sua Giunta non possono continuare ad omettere l’inserimento di questo problema da ogni ordine del giorno. Siamo giunti ad un punto di non ritorno dove l’antimafia delle parole non occorre più, essa, oramai sempre più ingombrante, deve essere sostituita celermente con fatti concreti.
A questa marcia, così come ha sottolineato Lorenzo Diana, ex parlamentare della Commissione Antimafia, hanno preferito non partecipare i parlamentari nazionali e regionali. L’ennesima conferma che la camorra non è materia di indignazione se non quando deve essere strumentalmente accomunata a qualsiasi forma di protesta che nasce dal basso, dalla cittadinanza attiva che vorrebbe, invece, provare ad interagire con i propri governanti.
Domenico Noviello, un imprenditore che aveva deciso di non piegarsi agli emissari del racket, è stato assassinato ma, a quanto pare, il suo sacrificio non ha scosso la coscienza di alcun avventore degli scanni di Montecitorio. I morti in terra di camorra non rappresentano altro che semplici numeri con i quali si fa statistica.
Trackback dal tuo sito.