Crimini e pene, i beni confiscati visti da Oltremanica
“Crimini e pene”. Il Financial Times, il prestigioso quotidiano londinese di economia e finanza, titola così l’articolo del 31 maggio scorso, dedicato all’Italia. Questa volta, però non sono le solite note dolenti, tutt’altro. La giornalista Madeleine Johnson, infatti, descrive il programma italiano di confisca dei beni, predisposto dalla legge 109/’96 e non tralascia di sottolineare il lavoro positivo svolto, in questo ambito, da tante associazioni no-profit. Tra le prime, ovviamente, Libera.
Più di 8.000 le proprietà confiscate, per un patrimonio di ben 40 miliardi di euro, dal 1992. Ricchezze che appartenevano, ovviamente a Cosa Nostra, alla ‘ndrangheta, alla Camorra o ancora alla Sacra Corona Unita o a qualche gang straniera. Nel 2006, emerge che per il 50% dei casi si tratta di residenze, ville e appartamenti. La criminalità organizzata, infatti, necessita di strutture. E quest’ultime sono certamente più controllabili e visibili dei traffici finanziari, intangibili e fluttuanti. Dal programma di confisca, inoltre, emergono chiari segnali sull’assetto delle criminalità organizzate sul territorio italiano. I dati della ricerca del governo, diretta dall’economista Marco Amone, segnalano che il 46% delle confische sono in Sicilia, il 15% in Campania e Calabria, il 7% in Lombardi e Puglia. Il sistema mafioso penetra dunque anche al nord.
Ciò che sottolinea la giornalista del Financial Times, però, è soprattutto il valore sociale che questo programma assume nella lotta alla criminalità organizzata. Dopo la confisca, infatti, le proprietà vengono trasferite all’agenzia dello stato, l’Agenzia del Demanio, che le riconverte ad uso sociale. In collaborazione con organizzazioni no-profit, come Libera, o altri enti statali, città o province, il governo decide a quale utilizzo sociale saranno riconvertite le ville, gli appartamenti, le aziende i le terre confiscate. A supporto dell’importanza di togliere territorio alla criminalità organizzata Madeleine Johnson cita le parole dell’amministratore giudiziario di Palermo e consulente della direzione distrettuale antimafia, Elio Collovà, “La prigione è solo un incoveniente. Un boss può avere potere anche in prigione, ma non senza territorio”.
Libera, un organizzazione antimafia fondata dal prete cattolico Don Luigi Ciotti nel 1995, è il soggetto più attivo nella fase finale del sopracitato programma. Impegnata nella sensibilizzazione della società civile, il suo motto è infatti “Nomi e numeri contro la mafia”, Libera ha una funzione fondamentale nella riconversione del patrimonio confiscato. L’attività di questa organizzazione è fondamentale nel sollecitare una presa di consapevolezza collettiva e un maggior attivismo sociale nella lotta alla criminalità organizzata.
La giornalista continua poi citando il noto caso della Casa del Jazz romana. Istituita grazie al sindaco Walter Veltroni in una proprietà confiscata nel 2001 alla Banda della Magliana. Un esempio di come si possa indebolire la criminalità e rafforzare il senso civico nella lotta ad essa, utilizzando il mezzo accattivante dell’arte.
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