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L’informazione non si fermi di fronte ai silenzi, ai ritardi, ai compromessi

Di Roberto Morrione il . Campania, Dai territori

    La feroce “campagna di Primavera” lanciata dai clan di Casal di
Principe contro i pentiti, con l’assassinio di Michele Orsi dimostra al
di là di ogni ragionevole dubbio quanto sia stato miope e
strategicamente sbagliato, da parte del governo riunito a Napoli per
l’emergenza rifiuti, l’avere ignorato nell’allarme e nelle conseguenti
decisioni la centralità della camorra in quel perverso circuito. In
quei giorni a Napoli, come nella successiva visita del premier
Berlusconi e del sottosegretario Bertolaso, non è stata detta una
parola sui clan e sul ruolo che giocano nelle proteste sociali e nelle
rivolte particolaristiche in atto in tante zone di Napoli e del
casertano. A partire dai roghi nei campi nomadi a Ponticelli.

Suona
così ancora una volta professionalmente grave il silenzio o la
sottovalutazione di questo inspiegabile vuoto programmatico da parte
della grande stampa nazionale e del circuito mediatico televisivo,
intenti con pochissime eccezioni solo a descrivere il piano di
sicurezza per fronteggiare la gravissima situazione, ma incapaci di
cogliere nessi, coincidenze, presenze operative della camorra nelle
piazze per mantenere intatto il grande business perpetuato negli anni
con le corrotte complicità, le incompetenze, le viltà di tanti politici
e amministratori.
Michele Orsi aveva già collaborato con la
giustizia, come imprenditore legato al riciclaggio dei rifiuti,
uomo-chiave nei rapporti fra i clan casalesi, le imprese, ambienti di
amministrazioni direttamente investite.

Aveva già parlato in precedenti
procedimenti giudiziari, a partire dai numerosi filoni del processo
Spartacus, che sta per concludersi in appello al tribunale di S.Maria
Capua Vetere e stava per deporre nel processo per lo scandalo della
società Eco 4, consorzio per lo smaltimento dei rifiuti a Mondragone di
cui era contitolare. Questo procedimento giudiziario, fra l’altro,
chiama in causa assunzioni truccate e irregolarità negli appalti, che
coinvolgerebbero secondo le accuse amministratori e politici, fra i
quali spicca come coimputato Mario Landolfi, ex presidente della
Commissione di Vigilanza Rai e coordinatore di AN in Campania.
L’assassinio di Orsi, che era privo di protezione, si aggiunge a una
lunga catena di omicidi e attentati “ammonitori”, tutti rivolti a
colpire “chi ha deciso di parlare” o ha già parlato in passato. Come i
familiari di pentiti, comprese due donne imparentate con Anna Carrino,
che ha denunciato i crimini e gli affari del clan Bidognetti e
l’imprenditore Domenico Noviello, che si era ribellato al racket nel
2001.

Pericolosi killer a piede libero, i capiclan Michele Zagaria e
Antonio Iovine da anni latitanti, ma ben presenti nei processi anche
attraverso i proclami e le minacce indirette rivolte in aula attraverso
i propri legali a magistrati, giornalisti, scrittori impegnati in
prima linea, come Roberto Saviano e Rosaria Capacchione della redazione
del “Mattino”. Un salto di strategia, è stato detto da più parti, dopo
i duri colpi subiti da parte di magistrati coraggiosi e di un capace
apparato investigativo, ma al quale non ha finora corrisposto né
l’attenzione progettuale da parte del governo, né l’analisi del mondo
politico, né tanto meno una campagna d’informazione intelligente,
autonoma, capace di cogliere e attribuire responsabilità, di affondare
con l’arma dell’inchiesta e della denuncia nei bubboni delle complicità
che costituiscono l’humus degli interessi criminali.
Non c’è ancora una
mobilitazione professionale ed etica, per non lasciare cronisti
generosi soli o in balia di interessi editoriali connessi con i tanti
“comitati d’affari” che dominano gran parte dei territori a intensità
mafiosa, in Campania come in Calabria e in Sicilia. Ma ancor prima una
risposta dell’informazione nazionale al dovere primario di incalzare il
potere, di far conoscere ai cittadini il dilagare delle mafie in
tutt’Italia e in Europa, con i nuovi, incombenti rischi di guerre
lastricate di sporchi interessi e di morti ammazzati.
La solidarietà
degli organismi rappresentativi della stampa nei confronti dei colleghi
minacciati e di cui lo stesso Articolo 21 si è fatto attivo portatore
attorno a Rosaria Capacchione, non basta più: la “protezione mediatica”
è essenziale e deve rafforzarsi, ma va accompagnata da un ritrovato
dovere dei giornali e delle televisioni, a partire dal ruolo essenziale
del servizio pubblico Rai, di non fermarsi di fronte ai silenzi, ai
ritardi, ai compromessi del potere politico e di potenti interessi,
spesso distanti dai principi fondanti della libertà di stampa e dei
diritti dei cittadini, che muovono le scelte editoriali.
Immediatamente, non quando sarebbe troppo tardi.

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