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Libera Terra: la “normalità” di un sogno

Di Umberto di Maggio il . Dai territori, Sicilia

Il progetto Libera Terra è figlio di quella straordinaria petizione popolare che nel 1996 vide Libera, insieme alla rete di associazioni che la compongono, farsi promotrice della nascita di uno strumento legislativo utile a rendere immediatamente produttivi quei beni che un tempo appartenevano a Cosa Nostra, alla Camorra, alla ‘Ndrangheta, alla Sacra Corona Unita.

Per certi versi un’idea rivoluzionaria che si è concretizzata nella nascita per bando pubblico della cooperativa “Placido Rizzotto”, nell’inserimento della “Lavoro e non solo” e nel successivo coinvolgimento di altre realtà più giovani come la “Pio La Torre”. Di strada ne è stata fatta, di passi avanti ne sono stati compiuti anche in Calabria, Puglia e Campania.

I nostri prodotti agricoli, frutto del generoso lavoro dei tanti soci che coltivano in regime biologico le terre che un tempo erano di Riina o Provenzano, cominciano a circolare con sempre maggiore capillarità nei negozi della grande distribuzione, e iniziano a ricevere i primi importanti riconoscimenti. Tanto per citarne qualcuno: la speciale menzione del Gambero Rosso al “Centopassi Bianco” o la grande affluenza allo stand della nostra cantina al recente VinItaly di Verona. Prodotti in regime biologico con un marchio di legalità dall’alto valore simbolico. Prodotti che sono il frutto del sudore e della rabbia di quanti vogliono scrollarsi di dosso il peso di un’ignominia che non può più appartenerci.

Ricordiamo tutti i primi momenti di queste splendide esperienze cooperative. Ricordiamo le difficoltà, i timori, le diffidenze. Ma rammentiamo anche i piccoli successi. In questi anni, tanto per fare un esempio, si è diffusa l’idea che le cooperative che gestiscono beni confiscati alle mafie sono delle cooperative “normali”.

“Normali” perché consentono ai propri dipendenti e collaboratori di ricevere la giusta remunerazione, di percepire i contributi previdenziali, di godere delle assicurazioni necessarie.

“Normali” perché nei nostri contesti queste condizioni minime di lavoro non sono affatto garantite.

“Normali” perché nei nostri territori prevale ancora il bieco e meschino assoggettamento mafioso che impedisce ai lavoratori di poter godere delle minime assicurazioni e che assolda illegalmente le proprie maestranze.

La sfida per il futuro è che queste “normali” condizioni siano valide per tutti. Che questa “normalità”, in Sicilia come in Calabria, in Campania come in Puglia diventi sistemica, strutturata e valida universalmente.

Il risultato da raggiungere è che ciascun produttore della zona, ciascun imprenditore di Corleone, di San Giuseppe Jato, di Monreale, impari a far propri i valori della legalità, della giustizia sociale e magari anche dell’economia solidale.

La rete di Libera Terra, in questo senso, potrebbe crescere e costituirsi anche da altri soggetti imprenditoriali sani e responsabili che possano esprimere il proprio supporto a questo progetto e creare, come nel caso di altre importanti esperienze, forme di consumo critico e di diversa imprenditoria. Un’imprenditoria che passi attraverso i valori del civismo, dell’etica della responsabilità e che favorisca anche la coesione sociale in contrasto alle tendenze anomiche e disgreganti delle mafie.

Negli ultimi anni questa rete si è parzialmente costruita tant’è che gli attori di questa importante innovazione stanno programmando la creazione di un soggetto imprenditoriale unico, che incorpori le cooperative già esistenti, quelle da costituire, e non ultime quelle forme di impresa che possono essere da supporto e da stimolo per le esperienze di riutilizzo di beni confiscati. E’ una strada che parte dall’idea che le mafie vivono dell’egoismo, del particolarismo e dell’individualismo. Qualora si riuscisse a creare un grande movimento imprenditoriale e se si riuscissero a ripetere le meritorie iniziative che nella nostra terra hanno avuto antichi ed importanti esempi la strada sarebbe meno irta e meno piena di insidie.

Le recenti esperienze di contrasto alle criminalità organizzate ci dicono che la promozione della cultura della legalità, il contrasto al racket e alle estorsioni, la promozione delle forme di riutilizzo sociale dei beni confiscati sono delle vie concrete dall’alto valore contaminante. Queste forme di contrasto consentono di immaginare i nostri territori vocati tradizionalmente al consenso mafioso in veri luoghi di rinascita e di emancipazione. Non ci resta che guardare davanti con fiducia, con il dovere dell’ottimismo che ogni buon siciliano dovrebbe avere. Coscienti del fatto che solo “insieme” è possibile cambiare.

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