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1. L’accoglienza, l’ascolto e il confronto. A San Luca la rinascita parte dalle donne

Di Francesca Chirico il . Calabria

Nel paese di Corrado Alvaro dov’è la casa di Rosa lo sanno tutti e te lo indicano volentieri. Di più. Ti ci accompagnano. Bassa e tinteggiata di fresco, con la statuina della Madonna di Polsi a protezione dell’ingresso, la sede del movimento delle donne di San Luca sbuca tra i vicoli ad un angolo della piazza dedicata al brigadiere Carmine Tripodi, ucciso 20 anni fa. I fiori vicino al monumento sono stati piantati da poco.

La faccia “rosa” di San Luca, che della Calabria ha sempre evocato il “nero”, spunta da un corridoio e poche stanze in affitto, pensate come il luogo di un’accoglienza senza etichette e sponsor, che non dà lezioni ma ascolta. “Le porte sono aperte a tutti, soprattutto agli ultimi, perché sono in tanti a San Luca a non avere valvole di sfogo e un grande disagio da esprimere”. La reggina Rosa Canale, 36 anni e un numero imprecisato di sigarette al giorno, lo ha percepito per la prima volta entrando nelle aule della scuola media del paese dove, per tre mesi, ha condotto un progetto  con un gruppo di artisti di Baghdad . “Hanno detto che in Iraq si stava meglio. Le finestre erano bucherellate dai fori dei pallettoni e i bambini erano costretti ad avere quell’immagine di violenza costantemente sotto gli occhi. Come se non bastassero i traumi che molti vivevano in famiglia senza ricevere nessun supporto psicologico. Le caramelle, i sorrisi e le carezze di quelle settimane hanno segnato per loro un’autentica novità”.  Il resto lo ha fatto l’incontro con un gruppo di madri incuriosite da un’umanità evidentemente inedita da queste parti, dove “il destino ti sembra inchiodato addosso dalla nascita come una condanna”.  Un marchio di incorreggibile devianza stampato sulle “case addossate una all’altra come una mandria” che il sanlucoto Alvaro ricordava da Roma con nostalgia. Oggi il paese cresce lungo la provinciale e verso lo Ionio a colpi di palazzetti a tre piani e prova a far dire altro di sé.

“Abbiamo parlato del lavoro che non c’è. Della mancanza di luoghi di aggregazione. Dei bambini con un’espressione già vissuta negli occhi che hanno solo le strade per crescere. Sono arrivate alcune idee e la decisione di coinvolgere tutte le donne di San Luca, senza preclusioni”. Il 25 gennaio in piazza sono in quattrocento ad ascoltare e sancire la nascita di “Rosa”. L’apertura della sede del movimento, rimessa a nuovo dalle attiviste e dai loro mariti, inaugura di lì a poco l’elenco dei fatti e inchioda nuovamente Rosa Canale alla sua Calabria. Alla stessa terra che tre anni prima, in una via del centro di Reggio, aveva punito a calci e pugni la sua scelta di non sporcare di droga il locale in cui aveva investito soldi e passione.  Il ricordo del “Malaluna” – chiuso dopo l’aggressione con gli 11 dipendenti e i 5 addetti alla sicurezza  mandati a casa – è perennemente stampato sulla gamba destra, imbottita di titanio (“è bionica” ), che le dà un’andatura ondeggiante: “Cammino come Marylin”.  Dopo la scelta di trasferirsi con la figlia a Roma, Rosa riparte da San Luca, dunque: “E’ un modo per dimostrare che sono ancora qui, che non mi hanno sconfitto”. E San Luca riparte dal “rosa”.

Prima tappa, l’apertura della ludoteca immaginata come “un posto in cui i bambini imparano e le mamme lavorano”. Un doppio obiettivo che sarà perseguito, interamente a spese del movimento, all’interno dei locali messi a disposizione dal Comune. L’idea è semplice semplice: “Strappi i piccoli dalle strade e gli offri corsi di pittura, canto, computer, individuando e orientando talenti. E poi fai uscire le donne dalle case, affidando loro la responsabilità dell’insegnamento in uno spazio di socializzazione”. Certo, a fine mese le insegnanti riceveranno poco più di un simbolico rimborso spese. A  San Luca, però, i simboli pesano non solo nel male. (PRIMA PARTE)

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