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In terra di camorra combattiamo per la libertà di stampa

Di Pietro Nardiello il . Campania, Dai territori

L’associazione “Articolo
21” ha consegnato un premio alla giornalista Rosaria Capacchione esprimendo
solidarietà a lei e a chi, quotidianamente, descrive le vicende di
Terra di Lavoro

Caserta. In terra di
camorra i morti ammazzati rappresentano eventi di normale routine quotidiana,
numeri senza volti né nomi che algebrigamente vanno ad aggiungersi
a quelli precedenti. Riassumendo, numeri per la statistica.

In terra di camorra l’abitudine
al delitto, all’azione violenta, al degrado diventa una scorza callosa
necessaria per la sopravvivenza. Qui tutto assume i connotati
della cronaca spicciola e, ancora oggi, diventa necessario fare attenzione
se e quando utilizzare la parola camorra perché si corre il rischio
di essere isolati. Una cattiva abitudine praticata dalla politica del
posto, anche in occasioni di uscite pubbliche con le quali si
esprime solidarietà a vittime del racket e della Chiesa con la quasi
unanimità dei propri uomini i quali, a ben quattordici anni dall’assassinio
di Don Peppe Diana”, preferiscono “parlare con prudenza”. In questo
territorio, dunque, dove non si registrano “scalate azionarie” e
dove la compromissione dell’intellighentia, e in questo caso non si
intende quella culturale, è quasi totale e non solo per compromessi
con “il fare criminale”, ci si rende conto di quanto sia difficile,
se non utopico discutere di libertà di pensiero o addirittura di libertà
di stampa.

Sicuramente ora, grazie anche
al battage mediatico gomorroide, sono in tanti a conoscenza dell’esistenza
dei clan di queste zone o delle ultimissime minacce proferite con una
lettera affidata alla voce di un avvocato difensore in un aula del tribunale
napoletano, durante un’udienza del processo Spartacus, alla giornalista
de Il Mattino Rosaria Capacchione, al Pm Cantone e allo scrittore Roberto
Saviano.

Ma se per Cantone e Saviano
“l’allontamento” a Roma, per motivi diversi, può rappresentare
un’arma in più a difesa della propria persona, per la cronista Capacchione
la presenza quotidiana sul territorio diventa un elemento di preoccupazione
maggiore. Per fare scudo, quindi, intorno
a Rosaria e agli altri inviati che narrano le vicende di terra di Lavoro,
Lorenzo Diana ha chiesto all’Associazione “Articolo
21” di attivare una “scorta mediatica” che “accenda i
riflettori dei media nazionali innalzando così l’attenzione su quanto
avviene sull’intero territorio”. Una proposta accettata immediatamente
da “Articolo 21” che con una propria delegazione ed organismi nazionali
della categoria ha voluto far sentire la propria vicinanza a Rosaria
e a chi come lei opera silenziosamente facendo, semplicemente, il proprio
lavoro.

Alla cronista de Il Mattino
è stato consegnato un premio simbolico, un quadro di Livio Orazio Valentini,
superstite del campo nazista di Buchenwald, perché, si legge nella
motivazione, “svolge il suo mestiere con onestà e rigore e facendo
memoria perché racconta ciòà che accade”.

Si sono poi annotati i vari
interventi succedutisi nelle anguste stanze della redazione casertana
a partire da quello di Roberto Natale, pres. della FNSI, che
ha definito questo momento “anche un’occasione di aggiornamento
professionale che aiuti tutti i giornalisti a ricordarsi di quale sia
la vera gerarchia delle notizie e di come bisogna seglierle”.

Giuseppe Giulietti,
portavoce di “Articolo 21, ha poi ribadito il concetto di “scorta
mediatica” “perché”, ha sottolineato, “è impossibile che
si sappia tutto di delitti come quello di Cogne o di Erba e Perugia
e nulla, o quasi, di quello di un imprenditore, Domenico Noviello, che
aveva deciso di ribellarsi a chi voleva imporgli il pizzo”.

Alberto Spampinato,
invece, capo servizio presso la redazione politico parlamentare dell’agenzia
Ansa, fratello di Giovanni, giornalista del glorioso giornale palermitano
“L’Ora” assassinato dalla mafia, ha concluso sottolineando
come si sia “da troppo tempo dimenticato la vera funzione del cronista
che deve raccontare la verità senza omissioni e che”, ha poi concluso
“è necessario accendere i riflettori su una zona geografica sicuramente
non conosciuta da tanti italiani”.

Il silenzio sicuramente è
un’arma in più che si consegna alla sopraffazione camorristica, un
mezzo di cui quel potere trasversale che abilmente dispensa prebende,
dispone a suo piacimento di ogni cosa preferisce avere dalla propria
parte. Un comportamento che non si può più accettare del quale, definitivamente,
bisogna liberarsi affinchè uomini e donne di questo territorio possano
finalmente raggiungere quell’emancipazione socio, politico e culturale.

E’ terra di camorra, ma combattiamo
per la libertà di stampa.

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