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Anche Trapani ricorda Falcone

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Sedici anni dopo l’amarezza è duplice: avere perduto gli uomini più importanti della lotta alla mafia, i magistrati Giovanni Falcone, esattamente il 23 maggio del 1992, e Paolo Borsellino, cui toccò la stessa sorte e lo stesso attentato il 19 luglio del 1992, essere costretti a dare ragione a ciò che Falcone diceva e cioè che era la «normalizzazione» il nemico vero da battere. Oggi per molti la lotta alla mafia deve essere solo cattura dei latitanti, tutto il resto, ancora per tanti, le infiltrazioni, gli inquinamenti di politica ed economia, la cosidetta «mafia sommersa» non debbono essere il filo conduttore di questa battaglia, e, per esempio, quando si parla di togliere alle Procure i poteri di disporre le intercettazioni, quando si sostiene che un processo non possa essere raccontato dai giornalisti «in diretta», ma che bisogna attendere le condanne definitive, si capisce che le leggi non danno certo aiuto a chi vuole rivoltarsi contro boss e i loro complici.
In questo clima Trapani ricorda Falcone, il magistrato ucciso a Capaci dalla mafia 16 anni addietro assieme a Francesca Morvillo, sua moglie e sorella del prossimo procuratore di Marsala Alfredo Morvillo, e gli agenti della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. La prefettura da una parte e l’associazione Libera dall’altra e poi ancora il Comune di Pantelleria, sono promotori di una serie di incontri.
Qual’è il dato che oggi si può trarre a proposito di lotta alla mafia? Come diceva l’ex capo della Procura di Palermo, Gian Carlo Caselli, «l’antimafia della repressione non s’intreccia ancora con l’antimafia delle opportunità e dei diritti. In provincia di Trapani restano normali le cose che tali non dovrebbero essere: Cosa Nostra che riscuote le quote di adesione che sono altra cosa rispetto al racket, chi serve le istituzioni è costretto a vivere blindato, l’antiracket non raccoglie adesioni perchè la mafia domina ancora parte dei territori, i politici che dovrebbero essere espulsi dalla politica, fanno invece eleggere sindaci e deputati e scelgono candidati, e l’ex deputato Pino Giammarinaro, ex sorvegliato speciale, che fu capo della corrente andreottiana dentro la Dc, imprenditore diventato esperto di sanità, gaurda caso,  oggi è diventato un indiscusso maggiorente dell’Udc, bene accolto come se mai siano emerse sue combutte con soggetti mafiosi. L’ultima sua conquista il critico d’arte Vittorio Sgarbi che su suo invito, pare, così si è letto in alcune agenzie di stampa, si è ritrovato candidato sindaco dell’Udc a Salemi, il paese dei noti esattori Salvo, all’ombra dei quali Giammarinaro cominciò a muoversi, come imprenditore e come politico. negli anni ’80 ci vollero gli atti giudiziari per fare dire a qualcuno che la politica siciliana doveva vergognarsi di avere tra i suoi maggiorenti un uomo politico che si chiamava Vito Ciancimino. Per Giammarinaro non vale nemmeno questa regola. Nessuno si scandalizza per gli atti giudiziari che riguardano il politico. D’altra parte la realtà in provincia di Trapani è questa (in sintesi): in molti casi, e lo ha scritto il capo della procura di Trapani Giacomo Bodero Maccabeo, «l’antimafia è spesso un impegno di facciata», i fatti sono un’altra cosa.

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