Quando la mafia non esiste
C’è
una Basilicata che mai nessun libro potrebbe contenere per quanto è
grande: è quella della tantissima gente che onestamente e in silenzio
si spezza la schiena dalla mattina alla sera, è quella dei tanti uomini
e delle tante donne che pur di non perdere la propria dignità, negli
anni hanno preferito fare le valige e oltrepassare i confini per portare
un pezzo di pane a casa; è quella contadina che negli anni Cinquanta
ha difeso con i denti il diritto alla terra, è quella ferita che risorge
con dignità dalle macerie del terremoto dell’80, quella vigile che
vuole evitare altre macerie, ancor più catastrofiche, marciando in
100.000 a Scanzano, quella operaia della Fiat di Melfi che nel 2004
lotta perché il lavoro, ogni tipo di lavoro sia sempre al servizio
dell’uomo e mai la sua condanna.
Ed è quella
che chiede conto della Basilicata raccontata in questo libro, che non
si rassegna al silenzio della prepotenza, quella che cerca verità,
che chiede giustizia, che vuole trasparenza.
Ma
c’è anche la Basilicata di cui si parla in questo libro – un piccolo
pezzo, a dire la verità –, ma è un pezzo scomodo, un pezzo che non
è mai piacevole raccontare e che ti fa soffrire quando lo denunci.
La sua è una storia controversa. Ai più sconosciuta. Una storia di
morti ammazzati e di mafiosi, non tanti, ma sempre troppi per una regione
da sempre vista come isola felice. Una storia di affari, ma anche di
complotti; e di magistrati che diventano “incompatibili” appena
smettono di archiviare, o di condannare semplici delinquenti, e iniziano
a mettere testa in certi affari scottanti.
Questo
libro nasce, prima di tutto, dalla voglia di sapere e di capirne di
più, si alimenta poi al sacro fuoco dell’indignazione non solo per
le tante storie spezzate ma soprattutto quando la negazione diventa
sistema, e si offre infine come semplice e umile strumento a servizio
della gente, perché tutti sappiano, e perché nel futuro, che è già
iniziato, non si facciano più gli stessi sbagli.
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